Ieri il Sole 24 ore ha pubblicato un’indagine di Unioncamere sul commercio on line nelle province della Repubblica italiana. Leggetela.
Nelle prime 11 province ve ne sono due sarde: Cagliari all’8 posto e Nuoro all’11.
A Cagliari 47 persone su 100 comprano on line in tuti i settori, esclusi credito, giochi e turismo.
Sassari è al 99esimo posto su 106 e Oristano all’86esimo.
Sta accadendo la terza rivoluzione nel commercio che porterà alla crisi dei grandi centri commerciali e della Gdo (Grande Distribuzione Organizzata).
Negli Stati Uniti il commercio on line e le mutate abitudini dei consumatori (che spendono più in viaggi che in cibo, abbigliamento e arredamento), insieme al fatto che il ceto medio è diventato ceto povero e acquista negli Hard Discount accettando un prezzo più basso per una qualità sempre più scadente, stanno portando alla chiusura dei centri commerciali. Secondo Credit Suisse, «dall’inizio dell’anno al 6 aprile negli Usa sono stati chiusi 2880 negozi ed entro fine anno si arriverà a quota 8600» (Corriere della Sera, 22 giugno 2017).
Ci vorrà qualche anno ma anche in Sardegna la Gdo entrerà in crisi.
È questo il momento in cui in Sardegna bisogna ripensare il rapporto tra i produttori e i commercianti, oggi fortemente egemonizzato dalla Grande Distribuzione Organizzata. Come sempre, le trasformazioni possono essere o grandi minacce (si pensi ai posti di lavoro) o grandi opportunità (si pensi alla grande opportunità di ripristino dei mercati di prossimità con un’adeguata ripresa della produzione locale). L’importante è non subire il futuro.
Comments on “La terza rivoluzione nel commercio della Sardegna”
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Di fatto la rivoluzione del commercio è già in corso la distribuzione di tanti settori merceologici non è piu effettuata da soggetti economici sardi e sempre piu altre attività passano di mano a commercianti di altre nazionalità.La cura’? non esiste e sè la selezione dei prodotti da vendere sarà in capo a soggetti non sardi e fortemente probabile che le nostre produzioni vengano messe da parte e deprezzate.Di fatto potrebbe accadere il contrario , ovvero che dietro una perdita di attività commerciali locali con relativi occupati possa realizzarsi un successo economico occupazionale da parte dei produttorii di beni Sardi.
Il fenomeno di trasformazione del commercio, in Sardegna può, potrebbe, diventare uno strumento per la rivalutazione dell’attività dei produttori, non solo nei settori agroalimentare e zootecnico, compresi i “trasformatori” – penso ai caseari non “monopolizzati” – e potrebbe comportare anche una oportunità per nuove occasioni di lavoro per donne e giovani. Esiste la possibilità di orientare il fenomeno di trasformazione del commercio in modo da ottenere tale obiettivo? E se esiste, come deve operare la politica?