La Giunta giuliva
Ieri la Giunta non ha proceduto a nominare il successore di Moriano.
L’Ats è senza rappresentante legale: non è cosa da poco. Le Aree socio-sanitarie di Sassari e di Olbia non hanno neanche il direttore, ma la Giunta giuliva sorvola. Ci sono troppi dirigenti regionali pagati senza fare nulla, a quattro mesi dalle elezioni regionali. Ma la Giunta ci deve pensare.
Perché questa omissione di responsabilità istituzionale così platealmente superficiale a fronte, invece, della millimetrica sollecitudine per il Mater Olbia?
Adesso proviamo a spiegarlo.
Come è noto, al Mater Olbia è stato concesso un tetto di prestazioni ospedaliere e ambulatoriali pari a 60,6 milioni di euro.
In base a quali leggi si arriva a questa notevole autorizzazione finanziaria?
Bisogna capirlo con attenzione, perché viviamo in tempi nei quali si confonde la mole delle informazioni con la trasparenza. No, la trasparenza è l’accessibilità ordinata che rende visibili non solo i contenuti, ma anche le relazioni.
Il Mater Olbia è un caso, sotto il profilo della strategia della comunicazione, nel quale si sono moltiplicate le informazioni sui contenuti, ma rese incomprensibili ai più le relazioni.
In particolare, l’architettura delle norme usate per arrivare a quella soglia di finanziamento e la loro interpretazione sono un pugno nell’occhio all’imparzialità dello Stato, ma lo capisce solo chi ha la pazienza di scendere in un inferno normativo.
Proviamoci.
Venti per cento in più
33,1 Milioni di euro vengono pagati dai Sardi ma calcolati secondo la legge di bilancio dello Stato 2019 n. 145, che al comma 145 autorizza la Regione Sardegna ad incrementare la spesa per la sanità privata (ospedaliera e ambulatoriale) del 20% rispetto a quanto stabilito dal DL 95 del 6 luglio 2012 (comma 14 dell’art 15). Da notare che la ratio della norma del 2012 era esattamente opposta all’obiettivo del privilegio concesso al Mater nel 2019, cioè era riduzione dei tetti di spesa per l’acquisto di prestazioni sanitarie per l’assistenza specialistica ambulatoriale e per l’assistenza ospedaliera da privati. Quindi, all’italiana, si è usata una legge pensata per ridurre i costi dell’acquisto da privato per incrementarlo del 20% solo in Sardegna e solo a vantaggio di un determinato soggetto.
Ma come si calcola la base da incrementare del 20%? Come appunto dice la legge italiana citata: sommando i tetti della spesa privata ospedaliera con quelli della spesa ambulatoriale, che valgono circa 160 milioni di euro. Ecco spiegati i circa 32 milioni giustificati con la legge 145/2019. Tuttavia, quando si ha a che fare con italiani standard, bisogna approfondire.
Sin dal principio il Mater Olbia ha immaginato di aprire un ospedale, con i suoi laboratori, e di considerare questi ultimi anche una piattaforma di servizi ambulatoriali per il territorio. Più o meno fanno così anche le altre cliniche private accreditate. Ma si è provato a dividere il tetto concesso per i posti accreditati per vedere se il quoziente che si ottiene è uguale per tutti? Forse non si è provato a farlo. Perché? Perché le cliniche private sarde non hanno la dimensione politica del Mater Olbia. Noi lo abbiamo fatto. Possiamo aver sbagliato e siamo pronti a correggere, ma il dato è il seguente: un posto letto dei privati sardi è remunerato 115.989,00 euro (che deriva dalla divisione 99.286.800:856), un posto letto del Mater è remunerato 299.801,00 (60.560.000:202).
La tela del ragno della legalità italiana incardina queste costruzioni barocche del privilegio su un voto del Parlamento italiano e così le rende talmente grandi da non essere né comprensibili né comprese, ma soprattutto le legalizza. Il senso morale è: se vuoi un privilegio esclusivo in Sardegna, fattelo votare a Roma e fallo pagare ai sardi.
Il raddoppio
19 milioni vengono dalla legge di bilancio n. 208 del 2015, comma 574, che permette di aumentare il tetto di spesa della sanità privata alle Regioni con mobilità attiva sulle alte specialità, per poter far fronte alle aumentate richieste di prestazioni sanitarie di altre Regioni che abbiano firmato accordi di mobilità interregionale.
È una norma a saldo zero per il bilancio complessivo della sanità italiana: le Regioni che mandano propri cittadini residenti a curarsi in importanti istituti di ricerca e cura (pensate al Bambin Gesù) devono pagare il sistema sanitario regionale dove queste strutture sono allocate. Da dove devono tirare fuori i soldi? Da una proporzionale riduzione della spesa per l’acquisto di prestazioni ospedaliere della loro sanità privata. Di contro, le Regioni che ospitano i grandi centri di ricerca e cura, devono poter incrementare la loro spesa per poter servire al meglio i pazienti provenienti dalle altre regioni.
Per questo la legge prevede che tutto avvenga in invarianza finanziaria.
E in Sardegna? Come si arriva a calcolare i 19 milioni?
Semplice: la mobilità attiva della Sardegna (cioè ciò che le altre Regioni versano alla Sardegna per la gente che viene qui da noi, audacemente, a farsi curare) vale 19 milioni. È una mobilità attiva ridicola rispetto al valore (100 milioni circa) della nostra mobilità passiva (cioè quanto paghiamo noi alle altre regioni per tutti i sardi che vanno fuori a curarsi).
La legge autorizza incrementi di questa spesa e che cosa fanno i magnifici amministratori sardi? Assegnano a un privato, il Mater, come tetto di prestazioni l’intero valore della mobilità attiva, cioè 19 milioni.
Fino ad oggi il Mater Olbia non ha prodotto ancora un solo centesimo di mobilità attiva, ma le si è assegnato un tetto che porta il valore della mobilità attiva della Sardegna a raddoppiare, cioè a incrementare del 100%. È come se la Lombardia, che ha una mobilità attiva pari a 1,2 miliardi di euro, attribuisse lo stesso importo come tetto a un privato, giustificandolo con l’ipotesi di un incremento della mobilità attiva del 100% riservato a una singola azienda.
Domanda: ma perché gli stessi mostruosi incrementi non sono stati garantiti a coloro che già oggi producono la mobilità attiva della Sardegna? Mistero. Mistero sardo-arabo-italiano. Ma è un mistero troppo grande perché la piccola tela di ragno dell’accertamento legale italiano, abituata a perseguitare i moscerini e a tutelare i calabroni, possa intercettarla e capirla.
Il finanziamento a saldo
8,5 milioni di euro vengono invece calcolati e concessi con l’art. 8 sexies del Decreto Legislativo 502 del 1992.
Qui siamo alla fantasia al potere.
Cosa dice l’articolo di legge evocato a giustificazione degli 8,5 milioni che chiudono il cerchio dei 60,6?
Lo trovate qui.
In sostanza è un vecchio articolo di una vecchia legge, modificato per le finalità di contenimento della spesa, che nel momento in cui si passava dalle Usl alle Asl, chiudeva la strada al pagamento a pie’ di lista delle Usl e vincolava le Asl a stare all’interno di definiti accordi contrattuali.
Chiaro come è stato interpretato?
Se no, lo spiego.
Dopo aver accreditato il Mater, in quanto parte del Sistema sanitario regionale, si è inteso che esso può essere remunerato fino all’ammontare dell’accordo contrattuale definito.
Quindi, da ora in poi, prima si deve andare in Regione (meglio, a Palazzo Chigi, la Regione ha solo la funzione di assumersi i costi e di liquidarli) a negoziare il tetto, poi si devono piegare le leggi all’interesse definito, magari votandone qualcuna in Parlamento, poi, se manca qualcosa, si usa questo escamotage che obbliga la Regione a finanziare, in aumento, tutto in aumento della spesa, la differenza tra il pattuito e il raccattato nelle pieghe delle leggi.
È l’aumento che è decisivo: mentre le due norme dello Stato che ho citato prima nei primi due paragrafi (per i 32 e i 19 milioni) parlano esplicitamente di aumenti della spesa, sebbene vengano piegate nell’interpretazione alla volontà di favorire un soggetto accreditato e non tutti i soggetti accreditati e accreditabili, questa non è una norma che consente aumenti, ma solo disciplina la modalità della remunerazione.
Con gli 8,5 milioni in più erogati con questa fantasiosa copertura normativa, l’aumento della spesa per il Mater Olbia è superiore alle disposizioni di legge, ma il boccone è troppo grosso perché la sua corsa verso l’intestino politico di una Regione servile (dove la Sinistra ha fatto la Destra e la Destra sta facendo la Destra) possa fermarsi.