972 milioni di euro di fondi europei destinati alla Sardegna nel periodo 2014-2020 sono una buona base sulla quale cercare di stimolare il sistema economico? C’è chi tira un sospiro di sollievo perché poteva anche andare peggio: Confindustria parla di risultato positivo in virtù di un sostanziale mantenimento delle risorse rispetto al sessennio 2007-2013. La realtà è che si tratta di briciole rispetto alla torta di quasi 23 miliardi di euro che si spartiranno le regioni meno sviluppate: Calabria, Campania, Puglia e Sicilia. Ma non si fa parte di quel gruppo. L’isola è privilegiata perché da tempo fuori dall’Obiettivo 1, le pecore nere della Ue. La Sardegna è una delle aree chiamate “in transizione” (teoricamente verso lo sviluppo, praticamente verso il baratro) e quindi, visto da Bruxelles, è giusto aiutare ma solo un pochetto. Ma se è vero che sono solo briciole rispetto ai più deboli del Mezzogiorno, la Sardegna è come un piccione messo a dieta, non in grado di mangiarsele tutte. Lo dicono i documenti sullo stato di attuazione della spesa aggiornato al 31 ottobre relativamente al Programma operativo FESR (Fondo europeo di sviluppo regionale) 2007-2013. Per raggiungere gli obiettivi stabiliti per il 2013 bisogna ancora utilizzare 128 milioni, per metà europei. Se rimangono fermi scatterà il disimpegno automatico, ovvero verranno tolti al piccione.
Ma emerge pure che quanto viene messo a disposizione difficilmente fa prevedere risultati confortanti. La spesa certificata è di poco superiore ai 624 milioni (350 di fondi europei): di questi però 343 milioni sono stati affidati alla gestione della Sfirs per i cosiddetti fondi di ingegneria finanziaria e 149 sono stati utilizzati per progetti finanziati con fondi Fas. Restano 139 milioni. Divisi per i sei anni del periodo di programmazione fanno 28 milioni all’anno (sempre per metà europei). Ok, con 28 milioni all’anno che si può fare? Tzia Peppedda direbbe: i soldi non sono molti per fare tante cose; allora facciamone una ma bene.
E infatti il Programma Fesr prevede 7 assi o priorità d’intervento, a loro volta frammentati in 162 misure e, ancora, in 1585 progetti. Ovvero tanti rigagnoli che non fanno un vero fiume. Colpa delle procedure troppo burocratizzate, si dice ogni anno. Già nel programma, nella versione aggiornata a fine 2012, si poteva leggere: “Ancora oggi, infatti, vi sono 4 misure su 51 e, soprattutto, 62 azioni su 160 che non sono partite. Questo non può non avere serie implicazioni tanto sull’avanzamento finanziario che sull’efficacia della strategia nel suo complesso”.
Anche se a dieta il piccione lascia sempre traccia del suo passaggio.
La verità è che la nostra regione è piena di burocrati che sanno bene come si bloccano le pratiche e non sanno affatto bene come si istruiscono.
questo porta al disimpegno automatico all’anno n+2
Ora aspettiamo gennaio e vedrà il bagno di sangue sui fondi Gal.
Questi signori che hanno impiegato tre anni ad istruire le pratiche, dovrebberò essere mandati a casa e invecce li foraggiamo con lauti compensi.
è una Vergogna!!!
e i fondi tornano a Bruxelles