Ieri, mentre i nostri amici catalani stavano nelle galere spagnole come i peggiori dei delinquenti comuni, nell’indifferenza dei democratici da salotto italiani e sardi, il Partito dei Sardi ha indirizzato una lettera aperta al Primo ministro della Repubblica italiana e non ha partecipato al vertice di maggioranza convocato dal Governatore sardo, in vista dell’incontro previsto per oggi tra appunto il Presidente Pigliaru e il premier italiano Gentiloni. Il motivo della nostra assenza è stato ben spiegato dal capogruppo Gianfranco Congiu: noi volevamo e vogliamo che la posizione della Sardegna fosse e sia una posizione istituzionale, non di maggioranza. Di fronte al Governo italiano si sta con la forza dell’unità, non si sta come d’autunno sugli alberi le foglie.
Proprio su questa debolezza programmatica, nascosta per quelli di casa, ma tragicamente chiara per i nostri avversari, voglio citare Antonio Pigliaru:
«Così mi pare che (…) occorra, innanzi tutto, fare o cercare di fare i conti con quella specie di fascismo “sociologico” che è tipico della borghesia sarda: dunque porre in ipotesi la natura spontaneamente fascista di larga parte delle dirigenze sarde, urbane e rurali (…); borghesia subalterna e dunque incapace di reali posizioni egemoniche (…) le cui posizioni di potere, cioè, non sono che il risultato esterno di quel processo di autostrumentalizzazione che ne definisce la posizione storica più significativa e rilevante. (…) In una regione nella quale anche la disorganicità dei rapporti esistenti tra leaders e masse (tra intellettuali e masse) ha costituito e costituisce un terribile deficit in bilancio: in una regione “così”, dicevo, la cultura “ufficiale” della borghesia localmente al potere è quella stessa di una classe solo apparentemente egemonica , di una classe che, nei rapporti reali, è invece essa stessa priva di potere e di autonomia» (luglio 1964).
Chi si siede oggi di fronte a Gentiloni, la Sardegna dei subalterni finti-forti o una Sardegna nuova, più consapevole di sé? Noi continuiamo a dire che di fronte allo Stato italiano deve sedersi una coscienza nazionale della Sardegna che rappresenti le istituzioni e continuiamo a dire che la coscienza nazionale della Sardegna deve crescere nella società e nelle istituzioni, in primis nel Parlamento della Sardegna..