di Paolo Maninchedda
Ieri la bocciatura a scrutinio segreto di tutti gli emendamenti per le quote rosa, mi hanno fatto rivivere una delle più tristi pagine del Consiglio regionale della scorsa legislatura. A scrutinio segreto, mentre si discuteva la peggiore legge elettorale mai realizzata dalla Sardegna (io e altri sei non l’abbiamo votata), venne bocciato (anche in quel caso a scrutinio segreto) l’emendamento per la preferenza di genere che è il vero istituto risolutivo, peraltro già vigente per l’elezione dei consigli comunali, del problema della presenza delle donne nelle istituzioni.
La preferenza di genere è lo strumento che si è rivelato più efficace (nei consigli comunali la presenza di donne è aumentata sensibilmente) e anche il più democratico (l’elettore sceglie l’uomo e la donna che più ritiene capaci e efficaci rispetto agli obiettivi politici presentati alla società dalle forze politiche). Eppure è anche il più temuto dalle grandi forze politiche. Perchè? Perché oggi si possono esprimere le preferenze per i consigli comunali e regionali e non per il Parlamento italiano?
Perché, si dice, le preferenze plurime favoriscono la nascita di partiti nei partiti, favoriscono le infiltrazioni mafiose, favoriscono il voto di scambio. Argomenti vecchi, triti e ritriti, ai quali, sin dai tempi delle crociate di Mario Segni, si era risposto in modo intelligente dicendo che il rimedio erano i collegi uninominali. Se si fosse scelto di riformare la legge elettorale dividendo l’Italia in tanti collegi uninominali (come avvenne per la prima applicazione del Mattarellum), allora avrebbe avuto un senso imporre ai partiti e alle coalizioni che le candidature dovessero essere dello stesso genere fino e non oltre il 50% dei candidati. Invece, non si tornerà ai collegi uninominali, ma a macro collegi con tre-quattro seggi a disposizione e quindi tre-quattro candidati. A questo punto giunti, la preferenza di genere ha veramente senso, ma ha un handicap: mette in discussione il potere di designazione-elezione dei partiti (in sostanza, mette in crisi i parlamentari nominati). In sostanza, non si vuole la preferenza di genere per evitare che i dirigenti politici si formino nel rapporto col popolo piuttosto che, come avviene oggi, col rapporto col capo.
Ma c’è di più. Con le donne c’è di più, non c’è solo un’importante questione politica e istituzionale. Io ho visto molti miei colleghi dissimulare l’incredulità dinanzi alle donne capaci, combattive, tenaci. È come se si trovassero dinanzi a qualcosa di inatteso e che, sostanzialmente, li impaurisce. La paura è alla base della guerra, dell’odio, del disordine. Spesso la paura è un sentimento senza contenuti, è un fantasma. Perso in queste riflessioni, mi sono ricordato di una bellissima lezione di un mio illustre collega filologo bolognese che, dinanzi a un pubblico tanto selezionato quanto sconcertato per le sue parole, dimostrò come dietro tanti simboli medievali, tanti personaggi ‘cortesi’, tanti luoghi magici, si celasse l’incubo primordiale del pozzo che ti inghiotte o del ventre che ti dà la vita. Per capire la politica, bisogna sempre ricordarsi che sotto una cravatta, sotto un eloquio forbito, come ci ha insegnato Freud, vive sempre un uomo coperto di pelli, con la clava, la paura, le paure, gli incubi.
Comments on “La preferenza di genere e le paure ancestrali”
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Stefano De Candia, se non le votano il popolo, vuol dire che non le votano le donne stesse… ma perché? Eppure sono il 51%!
Un certo tipo di donna “arrivista e carrierista” non è rappresentativa di tutte le donne, né della emancipazione di nessuno che è un fatto interiore e spirituale e non carrierismo travestito da propositi buonisti o peggio da verità unica. Certe carrieriste sono una vera minoranza amplificata solo dai media… La vita “reale” è altra cosa e infatti molte donne votano gli uomini… perché?
Negli anni Settanta quando frequentavo la scuola media, l’emancipazione femminile era, assieme al consumismo, un argomento molto in voga durante le lezioni. Dopo quaranta anni non è cambiato nulla, anzi…..
Dato che la società italiana non riesce ad evolversi verso un sistema moderno, purtroppo è necessario un aiuto legislativo, strumento questo che l’umanità ha sempre utilizzato per garantire una migliore convivenza, fin dai tempi di Mosè. Se consideriamo un valore la rappresentanza dei due generi nelle istituzioni politiche e di governo, allora regolarlo per legge e’ il male minore, una soluzione che può lasciare l’amaro in bocca ma pur sempre una soluzione.
Nell’antica Atene tutti gli uomini liberi erano chiamati a far parte del senato, proprio perché il governo fosse espressione delle diverse classi sociali, questa era la legge.
In Italia oggi i rappresentanti del popolo sono troppo spesso i soliti noti.
Intanto perché, se le liste sono fatte in gran parte di uomini e non di donne, questa debba essere nel 2014, considerata la normalità, pertanto tutto ciò che se ne discosta nel senso di rendere numericamente paritaria la possibilità di partecipare, diventa quota, riserva, l’aiuto, anzi l’aiutino.
È giusto che con le preferenze i cittadini scelgano, e la scelta non è obbligatoria, e qui sta la libertà che è a nostra disposizione, ma se si fanno liste di soli uomini, come si fa a votare le donne, e questo, per assurdo può capitare se non si riconosce che la società esiste perché è composta di uomini e di donne, altrimenti non sarebbe.
Acquisire questa consapevolezza cambia il punto di vista, anzi amplia le possibilità, quindi ci mette di fronte a scelte più rispondenti al mondo che ci circonda, fatto di squilibri, di differenze ingiustificate, d’altra parte la differenza dei numeri concorre a determinare la differenza nel potere, o no.
Ritengo nel merito “percorribile” il ragionamento esposto del Sig. De Candia, anche perchè sono convinto sostenitore della tesi per cui “la qualità della vita di una società, è direttamente proporzionale alla qualità degli amministratori che tale società si è data”, espressione con la quale difficilmente si può essere in disaccordo, per cui per logica conseguenza, una società che abbia a cuore i suoi interessi, sceglie chi meglio si dimostra capace di fornire soluzione ai problemi, ne più ne meno!
Detto questo in democrazia, le minoranze vanno sempre e comunque garantite, talora anche forzando per legge, una loro incapacità di autotutela, tanto vale per le minoranze politiche, tanto per quelle di genere o di altra espressione. Per ciò che riguarda la attuale “difficoltà” delle donne a trovare spazi più congrui, ritengo sia una situazione relativamente provvisoria e di tipo per così dire “antropologico”, ossia diretta conseguenza di una scarsa casistica storica, del genere femminile, ad occupare posti di “comando”, “difficoltà”, che le stesse, stanno, nonostante un ambiente effettivamente ostile, a grandi passi e con grandi meriti, superando.
Passerò per impopolare, sessista, maschilista ecc. ecc. ecc. ma sono sicuro di non dire quello che dirò per mantenermi il posto in parlamento o per non essere messo in lista… quindi almeno la buona fede dovrebbe essere assodata…
Io mi considero assolutamente a favore della parità tra uomo e donna ed è proprio per questo che sono contro la festa della donna e contro ogni forma di favore contro uno dei generi.
Già perché ci si dimentica che non stiamo parlando di esclusione per colpa del sesso ma dell’obbligo di inserire parità di uomini e donne e poi qualcuno mi dirà che devono essere almeno la metà degli eletti ecc. ecco questa cosa è assurda! incostituzionale e offensiva per le donne per di più.
Io in quanto cittadino, non importa se uomo o donna, ho il diritto di votare chi mi pare e piace senza vincoli o limitazioni sono i partiti che al loro interno possono, certamente non per obbligo, inserire anche solo donne e allora io voterò tra chi è in lista.
Le donne sono, è stato ricordato più e più volte…, oltre il 50% della popolazione e allora mi chiedo perché debbano avere regole di beneficio in materia di elezione o candidatura… hanno tutti i numeri per vincere senza forzare le regole! lo facciano dimostrino di essere un genere che merita ciò che chiedono imparino a farsi apprezzare dalle stesse donne invece di pretendere scorciatoie a danno della mia libertà di cittadino!
Uno non è bravo perché è uomo o perché è donna è bravo perché è bravo punto e basta non c’entra nulla il sesso!
Perché invece le donne non pretendono con altrettante veemenza l’approvazione di leggi a favore della maternità, del riconoscimento di diritti legati realmente al loro stato di donne che sono inscindibili col benessere della intera società umana in quanto esse sole possono generare vita ed esse sole sono indispensabili nei primi mesi di vita dei bambini!
Ecco si battano per avere tutele lavorative, economiche ecc. per questo e non per stare in comune, provincia, regione, parlamento, consigli di ammnistrazione ecc.
Se sono brave ci entreranno per merito non perché a me imprenditore qualcuno mi obbliga ad avere una dirigente donna solo perché donna.
Basta con la retorica pseudo paritaria… uomo e donna devono avere gli stessi diritti sempre e comunque quindi non è accettabile che ci siano delle corsie preferenziali in nessun senso se non per ciò che riguarda la maternità che, come già detto, può essere solo compito delle donne perché è la natura che ha deciso così e li certamente avendo un ruolo sociale imprescindibile non possono che essere tutelate ed agevolate.
Gradirei che se qualcuno/a ha da ridire, ovviamente non sono il verbo…, sulle mie parole non inizia con l’accusarmi di essere sessista o simili perché proprio non lo sono anzi credo di essere il più puro dei sostenitori della parità, quella vera però non quella che siamo uguali ma qualcuno lo è di più…