di Paolo Maninchedda
La Sardegna sta nel Mediterraneo e sta nella Nato e noi siamo favorevoli a questa collocazione nell’Alleanza atlantica. Però ci sono mille però.
La Nato è governata dagli Stati Uniti e, in subordine, da Inghilterra e Francia .
Già ai tempi della crisi libica, di fatto gli americani avevano fatto capire che queste crisi di quadrante dovevano essere risolte da potenze di secondo livello e infatti il mitico Sarkozy si affrettò a bombardare la Libia in un quadro assolutamente poco chiaro, come gli eventi successivi hanno dimostrato. In buona sostanza, però, il quadrante in cui siamo noi Sardi, per gli americani, è più un quadrante francese che italiano.
Dopo la strage di Parigi, Francia e Usa hanno deciso di collaborare per colpire l’Isis direttamente in Siria, lasciando al ‘dopo’ il Mediterraneo occidentale. Ma un dopo ci sarà, è chiaro, e riguarderà la Tunisia, ma soprattutto la Libia, cioè l’Eni.
Siccome le guerre sono sempre state le occasioni per individuare le gerarchie di rango e di forza tra le potenze, la domanda è se la Sardegna rimarrà realmente nell’ombrello difensivo europeo o se, de facto, verrà collocata in una sorta di semiprotettorato bellico francese. Ovviamente, noi tifiamo per una difesa europea non organizzata per aree di influenza.
Perché non esiste una difesa europea, ma esistono le difese di Inghilterra, Francia e Germania (e solo in secondo piano Italia e Spagna)? Certamente per ragioni storiche (la Seconda Guerra Mondiale non è stata un caso) ma anche perché dopo la caduta del muro di Berlino gli Usa hanno lavorato a impedire una forte integrazione europea della Russia. Gli Usa, sbagliando (come hanno sbagliato ad armare Saddam Hussein contro gli Iraniani per poi dover fare due guerre – di cui una fondata su una menzogna – contro di lui; come hanno sbagliato addestrando i Mujaheddin contro i Russi in Afghanistan per poi trovarseli di fronte nelle ore terribili delle Torri Gemelle; come hanno sbagliato a non capire che la cosiddetta Primavera Araba iniziata nel 2010 non era una rivolta filo-occidentale, ma una rivoluzione culturale e politica di matrice islamica; come hanno sbagliato a interpretare la crisi siriana come se si trattasse della sola crisi del regime di Assad ecc. ecc.), hanno usato l’Ucraina e la sua crisi per impedire l’integrazione europea della Russia (la pretesa di mettere i missili in Ucraina andrebbe valutata da noi occidentali considerando quale sarebbe la nostra reazione se la Russia mettesse i missili in Albania). Le pagine scritte dai gesuiti sull’Ucraina non hanno avuto diffusione in Italia, ma erano molto eloquenti, anche dell’uso strumentale del grave problema dei diritti umani, che o sono – come io credo debbano essere – sempre presenti, o vengono vilipesi da chi ne fa un uso strumentale (il tema dei diritti civili è una vergogna in Russia, ma lo è anche, e molto, in Turchia). I servizi segreti militari italiani sanno benissimo (basta leggere gli articoli dei loro analisti) che la politica della separazione della Russia dall’Europa ha un costo militare e infatti suggeriscono a Renzi di fare l’equilibrista, come sempre (e, se si può dire, grazie a Dio, perché preferisco un Primo Ministro con poche simpatie all’estetica della guerra a un Primo Ministro che indulga alla retorica militare, come sempre più spesso fa la patetica Pinotti).
È in questo quadro che va collocato il terribile incidente bellico che ha portato all’abbattimento dell’aereo russo al confine siriano. Il miglior articolo che ho potuto leggere sulla vicenda è questo e la dice lunga sulla politica estera americana nelle aree orientali dei confini europei.