Nella vulgata scientifica è conosciuta come l’unica cronaca medievale sarda. Così non è, ma certamente è la più antica.
Il Libellus judicum turritanorum racconta la storia dei giudici di Torres, dalla fondazione del giudicato alla morte di Adelasia, col suo testamento nuncupativo (da nuncupare = proclamare solennemente) posto nell’ultima carta a chiudere una successione di eventi scandita da matrimoni e lotte politiche e dinastiche. Non tutto ciò che vi è scritto è vero, ma questo vale per moltissime fonti storiche.
Nel mezzo sta la storia di Gonario, il giudice poi fattosi monaco cistercense, l’unico di cui si abbia notizia che si sia recato in Terrasanta (ma sui pellegrini e sui crociati sardi c’è ancora molto da scrivere), figlio del giudice Costantino, osteggiato, con la solita accusa di essere un ‘bastardo’ dagli Aten / Athen (Attene, Atzeni di oggi) di Pozzomaggiore, salvato da su lieru Ithoccor Gambella (i lieros erano gli eredi dell’aristocrazia guerriera bizantina, dotati di un corredo cavalleresco che, alla fine del Trecento, veniva spesso sottratto alle loro vedove, in nome di un frainteso ius spolii), allevato dai Pisani e poi rientrato in patria, con inevitabile vendetta contro gli Athen consumata, ovviamente, dietro un altare.
Ci è pervenuta attraverso due copie tarde, una cinquecentesca e parziale, conservata a Madrid, l’altra settecentesca conservata a Torino. In realtà, entrambe sono rielaborazioni diverse di un testo più antico andato perduto, ragionevolmente della seconda metà del Duecento. La copia madrilena presenta una spia lessicale (la parola ‘guvernu’) che collocherebbe il suo antigrafo ai primi del Trecento.
È in questi giorni in libreria la nuova edizione critica del testo curata da Patrizia Serra, ordinaria di Filologia romanza dell’Università di Cagliari, che ha al suo attivo, oltre che gli studi sul romanzo cavalleresco francese, lavori sullo stile formulare dei primi documenti in sardo che hanno aperto oggettivamente nuove prospettive di studio e hanno confermato ciò che prima erano solo intuizioni o tracce, e cioè il solido legame della Sardegna giudicale con l’Italia meridionale bizantina dei secoli intorno al Mille. Il testo è pubblicato dal Centro di Studi Filologici Sardi e dalla casa editrice Della Torre di Salvatore Fozzi.
Si tratta di un lavoro completo, minuzioso nello studio della tradizione e della lingua, che offre il testo di entrambi i testimoni, un glossario utilissimo e completo, un’introduzione di 108 pagine. Si tratta del livello di indagine più avanzato su questo testo, dopo i vecchi, ma rispettati e rispettabili, lavori di Alberto Boscolo e Antonio Sanna, quest’ultimo indimenticato filologo, originario di Bonorva, protagonista con Giovanni Lilliu di tante battaglie per la Sardegna e per il sardo, condotte facendo prevalere la sapienza sulla militanza (cosa oggi un po’ trascurata).
La ringrazio per la segnalazione, professore.
Inutile dire che questa nuova edizione permetterà a tutti noi studiosi di lavorare con ancor più consapevolezza sulla complessità di questa fonte, centrale per il corretto inquadramento del Medioevo sardo tardo giudicale.
Sono curioso di leggere qualcosa sulla committenza del testo
Buongiorno! Grazie prof. ! I suoi inviti alla lettura sempre interessanti.
Grazie anche per le riflessioni di ogni giorno…mi aiutano a “pensare” .
Buona domenica!
Caro Prof.
grazie per la preziosa segnalazione
Grazie Paolo