Oggi la Chiesa ricorda nei suoi riti la crocifissione di Gesù.
Chi ha sfidato le nebbie del pregiudizio che avvolgono i Vangeli e si è dedicato a leggerli come semplici documenti culturali sa perfettamente che proprio le fasi della loro elaborazione dimostrano che sono stati scritti alla luce di due eventi: l’orrore di una morte inutilmente e sadicamente crudele e lo stupore di un evento straordinario inatteso e incompreso come può essere stato la resurrezione. L’ipotesi di testi costruiti a tavolino su una menzogna non regge filologicamente. Chi studia i Vangeli sa che l’ipotesi più probabile è che sia risorto.
Oggi, però, si ricorda che è stato picchiato, fustigato, flagellato, costretto a portare agonizzante una parte della croce, inchiodato e infine trafitto e ucciso.
Qui si pone una questione per noi scandalosa: Dio, quello che occidentali e orientali si ostinano a rappresentare con gli attributi umani di re, sovrano, forza onnipotente e onnisciente, un giorno atarassico e un giorno militante per se stesso, cioè come un sovrano assoluto e insopportabile con le sue predilezioni, i suoi tic e le sue indifferenze aristocratiche, smentisce, secondo Gesù, questo profilo e sceglie di patire, da uomo senza potere, gli effetti più devastanti del peggior potere e della peggiore esperienza storica, quelli della violenza e dell’umiliazione. Il dio dei cristiani è così: vince la storia su un terreno misterioso che non è storico; nella storia, i cristiani autentici, perdono, perdono di fronte al male, al dolore, alla malattia (questo nemico che sta nell’ombra di tutti e ti attacca quando sei più felice) e questo è veramente difficile da accettare. Sembriamo condannati, come criceti in gabbia, a subire gli eventi per osservare come reagiamo. C’è da ribellarsi.
Quale conforto? Ieri il Papa ha celebrato, senza telecamere, la messa in carcere e ha lavato i piedi ad alcuni detenuti, come da tempo fanno i papi. Ieri ha pronunciato queste parole: “Il cuore di Gesù, che al traditore dice: “Amico” e anche lo aspetta, fino alla fine: perdona tutto”. Questo, aggiunge Francesco, “vorrei metterlo oggi nel cuore di tutti noi, anche nel mio: Dio perdona tutto e Dio perdona sempre! Siamo noi che ci stanchiamo di chiedere perdono”.
È evidente che molti diranno che non abbiamo niente di cui chiedere perdono, che il cattolicesimo insegna ad allevare il senso di colpa per dare ruolo e potere ai preti. Possibile che sia anche così, chi può negarlo? Però io ho visto con i miei occhi che cosa accade in un uomo a sentirsi apprezzato per ciò che è e non per ciò che ha fatto; io ho visto rifiuti umani rinascere perché qualcuno ha avuto il coraggio di amarli.
Il perdono è il vero contrario del male.
Il dio dei cristiani mi strugge perché ha come sua giustizia il perdono, cioè un’accoglienza che disarma e che consente di guardarsi allo specchio senza alibi e senza paura. Così si diventa felicemente indifferenti alle sconfitte della storia, certe, sicure e ripetute, eppure sicuramente non definitive. C’è un Altrove senza gerarchie, senza poteri, senza malattie, senza competizioni; c’è un Altrove cui si accede per la cruna di un ago che vista da vicino è un enorme porta spalancata sull’infinito. C’è un Altrove diverso dal Qui e Ora. L’unica razionalità, alla fine, è recarsi là.
Per chi ha avuto il dono della fede immagino che siano parole semplici e persino logiche quelle che ci parlano di resurrezione e di infinito. Per tutti gli altri ci ha pensato Collodi che con il linguaggio semplice dei bambini ha spiegato come si possa smettere di essere burattini e ritrovare quella umanità che già è in noi. Come Pinocchio abbiamo molte tentazioni e spesso ci facciamo fregare dal male. Ma lungo la nostra strada tante persone ci aiuteranno e ci perdoneranno e ci sarà sempre Geppetto ad accoglierci.
Eja, bi at unu «Inoghe Como» chi paret, prus chi no est, unu “totu inimigos”, de ‘frades canes’, unu contr’a s’àteru, pro che lu colare, bínchere, aterrare, dominare gàrrigos de armamentos chi mancu su dimóniu tiat pessare. PARET, ca, chentza èssere ne pessimista e ne otimista, cun totu cussu in su mundhu bi at prus zente faghindhe bene chi no faghindhe male, sinono s’Umanidade no fit istada a como a si che dispèrdere!
PARET. E perunu giornalista iscríet una pàzine de giornale ca duos si sunt basados e afranzados, o ca una mama o un’àtera pessone at collidu una criadura, comente invetze faghet unu giornalista (e cantas bortas) ca a unu li ant dadu unu corpu de balla e bogadu dae su mundhu.
Ca solu su male tra pessones est iscàndhalu, dortidúdine, disamistade, assurdu, criminale, ódiu, gherra, distrutzione, morte. Ma CHIE e COMENTE, faghindhe ITE, sunt sos cadhos de punta de custu «Inoghe Como»? E comente e cantu semus, chie de prus e chie de mancu, cun custos “cadhos”, a s’animalina meda peus de sos cadhos?
Su fàghere bene est sa normalidade, su èssere ‘normales’. Ite iscàndhalu podet fàghere? E sos giornalistas iscrient e faedhant solu si a unu li ant nadu “eroe”. Ma sos giornalistas puru depent bèndhere.
Eja, bi at unu «Aterue» de TOTU FRADES Fratelli tutti, fintzas solu umanos, ca su cristianésimu de Cristos est s’umanésimu cumpridu, e no est mancu atesu: est acurtzu meda a su coro de donzunu e bastat a li abbèrrere su coro e sa mente, abbia a s’infinidu.
Benénnidu, Segnore, a domo mia! Ti ses dignadu Tue, Eternu Amore: as tentu dolu de su pecadore, as tentu dolu de su male meu! No tenzo incensu e mirra e no tenz’oro, ma intra, beni e lèadi su coro, chi siat regnu tou su coro meu: de Amore prenas Tue s’ànima mia!
la tua riflessione pone interrogativi pesanti e ineluttabili per esseri pensanti e razionali quali siamo: Dio perdona tutto, ma quale perdono per chi coltiva il male consapevolmente? per chi offende l’innocenza dei bambini con gli stupri o le stragi, per esemplificare il peggio del peggio?
sbagliamo noi che ci ergiamo a giudici al posto del Creatore, e Gli indichiamo qual’è il metro del giudizio? oppure fraintendiamo (il perdono di Dio è solo per chi lo chiede)?
oppure è più opportuno (e comodo) ricorrere alla fede che ci aiuta in qualche modo a svicolare da queste domande scandalose (della serie: sono questioni che riguardano Dio).
Gesù perdona i suo carnefici, i quali non sapevano chi realmente fosse.
Chi stupra e ammazza l’innocenza sapendo di farlo, che ruolo ha nella nostra coscienza si cristiani, e come si concilia tutto questo con la parola perdono?
questo è il grande scandalo. questa è la risposta che non riusciremo mai dare.
di qua
È un periodo in cui è rivoluzionario dirsi credenti in un mondo di atei. Cristo in croce parla a tutti coloro che non hanno pregiudizi. Oggi molti ne sono imbarazzati perché si sta dalla parte di chi vince.