Da una parte i problemi, dall’altra il solito problema: chi comanda?
I problemi dell’agricoltura in Sardegna sono noti e anche le soluzioni: tutelare la biodiversità; dare i soldi solo a chi lavora e non a chi solo possiede la terra; avere il nostro organismo pagatore e pagare per tempo; orientare e organizzare le produzioni (importiamo fave, grano, orzo, carne e una valanga di ortofrutta, anche se negli ultimi cinque anni abbiamo aumentato le nostre produzioni); programmare l’offerta; non buttare e trasformare diversificando ogni goccia di latte; usare tutti gli studi che le università sarde hanno prodotto nel corso degli anni; razionalizzare l’uso dell’acqua; ecc. ecc.
A fronte di questo c’è uno scontro di potere in atto tra chi da sempre esercita la rappresentanza politica del mondo agricolo, la Coldiretti, e i movimenti spontanei dei produttori. In realtà, la gran parte degli agricoltori e degli allevatori non si fa rappresentare né dagli uni né dagli altri: vive di cultura e di mezzi propri.
Ogni volta che si attraversa un momento di difficoltà, chi vuole esercitare il controllo politico del settore, si scontra sul piano del consenso nelle campagne e cerca di tirare il governo regionale dalla sua parte o di metterlo in mezzo in modo da celare le proprie responsabilità.
Questo è il ciclo perverso che porta alla ciclità delle manifestazioni e delle riunioni regionali.
Dietro tante polemiche c’è la guerra tra la Coldiretti e il Movimento Pastori, guerra di egemonia politica piuttosto che di governo del settore.
Nel frattempo la Banca d’Italia ha chiesto di chiudere gli uffici italiani della Banca d’Affari Bsi incaricata dalla Sfirs nel 2016 di fare l’advisor per i Pecorino bond. L’ansia di integrazione nella modernità e nei salottini vellutati della finanza porta chi non è educato allo spirito critico a dare a Dracula le riserve di sangue. Personalmente non ho mai nascosto il crollo di efficienza della Sfirs dopo il rinnovo dei suoi vertici; oggi affidare compiti alla Sfirs equivale a inserirli in un meccanismo infernale iperburocratizzato e inconcludente. Ma come spesso accade, il sospetto e la paura conducono spesso gli ingenui in bocca proprio al temutissimo nemico, ed ecco che l’operazione più pubblicizzata sul mercato nazionale italiano del 2016, la nascita dei pecorino bond (un’ottima idea finita poi nelle volute cerebrali della Sfirs e quindi divenuta un capolavoro della cui efficacia parleranno gli annali di politica economica), va a incagliarsi nell’autorità di vigilanza italiana, la Banca d’Italia, che niente meno chiude gli uffici in Italia dell’advisor scelto dalla Sfirs. Questo l’articolo del Sole 24 ore che ne dà notizia. Una lezione memorabile di subordinazione esterofila finita nelle nebbie dell’oscuro mondo della finanza, non praticabile da ingenui che pensino che tutto ciò che non è sardo è buono e efficiente.