Scrivo da malaticcio e quindi scrivo male. Me ne scuso con i miei pochi lettori. Ma oggi è urgente scrivere.
Si può leggere sui giornali di ieri e di oggi una certa enfasi nell’annuncio della costituzione del gruppo di Sinistra italiana-Verdi in Consiglio regionale, realizzato dalla fusione tra i provenienti da Leu e tre consiglieri eletti nelle liste dei Progressisti, la formazione della sinistra sarda che fa capo a Massimo Zedda, Francesco Agus e Luciano Uras.
Non intendo parlare delle scelte dei consiglieri regionali, ma dell’enfasi dei mezzi di comunicazione su questa scelta.
In sostanza, il nuovo gruppo si costituisce, a detta dei fondatori, sull’esigenza di ‘stare dentro un partito nazionale’ italiano. Viceversa, i Progressisti sarebbero un’esperienza politica tutta sarda.
Posto che se c’è una cosa sinistrata in questo momento è proprio la sinistra italiana, smascherata dai recenti fatti di cronaca nella sua superficialità e mondanità nello scegliere i candidati con intenti da specchietti per le allodole, come pure nell’autoassolversi rispetto all’uso spregiudicato delle proprie relazioni e influenze, non si può non registrare, a livello italiano, una certa tendenza a riconoscersi nella sinistra italiana da parte di quelli che, come si diceva un tempo, hanno il portafoglio a destra e il cuore a sinistra.
E dunque, perché i giornali hanno così enfatizzato un banale episodio di iscrizione di sardi a un partito italiano un po’ male in arnese? La risposta è semplice: perché i giornali sardi sono intimamente sabaudi, sono insularisti e folkloristi quando si tratta della Sardegna e nazionalisti quando si tratta dell’Italia.
A me corre l’obbligo morale di difendere l’esperienza dei Progressisti e, con loro , l’esperienza di tutti i sardi che non si arrendono ai durissimi processi di omologazione in atto.
Dietro i Progressisti ci sono due storie. La prima è quella che affonda le proprie radici nell’autonomismo spinto di Luigi Cogodi e di Luciano Uras, una radice che portò questa componente della sinistra sarda ad essere co-fondatrice di Federazione Democratica, un simbolo che bisognerebbe far rinascere, cioè il luogo tutto sardo dove socialisti, cattolici democratici e post comunisti non stalinisti si rifugiarono dopo la crisi degli anni Novanta.
Quell’esperienza aveva un pensiero e una strategia.
Il pensiero era socialista, liberal-democratico, sardista, azionista e federalista.
La strategia era creare un soggetto politico sardo inclusivo, cioè intimamente plurale, capace di dare un luogo a quanti convergevano politicamente sui diritti-doveri della Nazione Sarda (concepita in modo aperto, euromediterraneo) e venivano invece divisi dai confini della geopolitica italiana.
Oggi manca un luogo della sinistra azionista in Sardegna, diversa da quella post marxista e post cattolica. Manca un luogo per i federalisti, per i liberali progressisti. Manca questa casella, non quella dei centristi di sinistra che è occupata dal Pd.
Il cuore di questo luogo è la Nazione Sarda, il luogo tradito dal Psd’az di Solinas.
La seconda è l’esperienza politica e amministrativa di Massimo Zedda che, da sindaco della città capoluogo, è stato capace di spostare su posizioni più avanzate parte significativa della borghesia cagliaritana, indebolendo così il nucleo conservatore e antisardista più forte che operi in Sardegna. Dai tempi di Angioy questo non era più accaduto. È una novità che va coltivata, perché se Cagliari diventa meno nera, la Sardegna respira.
Nel 2019 queste storie si impegnano sulla candidatura alla Presidenza di Zedda e su questa sacrificano, facendo a mio avviso un errore per se stessi e un favore a una parte retriva del Pd di allora, ogni attenzione verso i poteri e i diritti della Sardegna, connotando interamente la competizione sarda come semplice articolazione locale dello scontro italiano tra Destra e Sinistra.
Concluse le elezioni, le radici culturali sono riemerse e i Progressisti sono rimasti l’unica forza politica sarda che faccia politica nella società, con sedi aperte e popolarmente frequentate, con riunioni, con relazioni sui problemi. Non solo. Pur corteggiati da tutti, sono rimasti distanti, definiti da un loro nome e aperti a collaborare sui programmi con le forze democratiche e progressiste. Sono una forza sarda. Hanno riaperto il dialogo sulla Nazione Sarda, cosa che ancora il Pd non fa.
Noi non sappiamo dove porterà il confronto sulla Nazione Sarda, ma almeno è un cantiere aperto.
In Sardegna si sente la necessità di preparare una lista di liberi, con mille diverse provenienze, che vogliano impegnarsi per restituire dignità alla Sardegna. Vedremo se si riuscirà a farla, ma una cosa è certa: ciò che la rende allettante non è la bandiera della sinistra, ma quella della Nazione Sarda, cioè la capacità di stare insieme, da diversi, sotto un comune interesse nazionale sardo.
A questo cantiere, che se solo la crisi del Pd si evolvesse verso qualcosa che va oltre il Pd, diverrebbe un qualcosa di entusiasmante e mai vista prima, i giornali non dedicano interesse. All’ennesima adesione di consiglieri regionali a un partito italiano, viceversa, si riservano onori. Questo è il punto. L’informazione in Sardegna riconosce solo su connotu. Il nuovo non le interessa. Noi, invece, ne difendiamo il diritto all’esistenza.
In tema di fisica delle particelle, secondo il principio di indeterminazione di Heisenberg, se in questo momento volessi misurare con esattezza il valore dei politici di sinistra e la forza dei loro ideali, non riuscirei a determinarne l’onestà.
Profondamente arrabbiato e deluso
con l’augurio di una pronta guarigione,confido che scriva sull’argomento https://www.unionesarda.it/economia/sperpero-di-soldi-pubblici-per-bandire-il-concorso-forestas-protesta-a-cagliari-onesytqz
Stante la consapevolezza che … è sbagliato,
Proviamo a cambiare i termini della questione. C’ è una ampia fetta della popolazione che non ha rappresentanza politica. Esistono gruppi, partiti, persone, che dicono loro: ‘ è molto difficile. Versano in condizioni di difficoltà altri. Arriverà il vostro turno. Siete nei miei pensieri.’
Stante la consapevolezza che far languire molti per agevolare pochi, è sperabile che si formi una forza politica capace di assumere questo compito e di portarlo a termine. Le giravolte da un partito all’ altro, da destra a sinistra, poi di nuovo da sinistra verso destra, non faranno avere sodali, se non quelli di coloro che sono abituati ad avere vantaggio ora dagli uni o dagli altri al potere. In questo modo ci si legano mani e piedi. La politica necessaria e virtuosa non sarà possibile. Il re è nudo vanno gridando i bambini.
Sono stato colpito anch’io dall’enfasi comunicativa, che mi ha lasciato perplesso.
Dopo solo tanta tristezza
Est su “cantieri” de sa Natzione Sarda su chi tocat a abbèrrere e contivizare s’àrbure irraighinada de sos Arboreas, ancora birde ca serbit su birde de sa vida, de sa dignidade e de sa libbertade e responsabbilidade personale e colletiva!
E no pro fàghere sas balentias chi noche at cravadu in conca s’Itàlia cun sas gherras suas (e totu sas gherras!!!), no a sighire a contivizare termovalorizadores tricolores de iscallamentu e disunione maca ifatu de sos ‘casinos’ e casinistas puru, ma contivizare s’unione netzessària de sa parte assolutamente prus manna de sos Sardos foras de sa gàbbias chi nos faghent dannu e a birgonza, a dipendhéntzia fintzas in su chi podimus e depimus detzídere e fàghere nois etotu.
Sas ‘balentias’ de fàghere no sunt cussas de “Deus salvet su re” (mutatis mutandis) cun sos Sardos istérridos a tapeto e frundhidos in totu sas gherras, e mancu emigrados fuidos, de una terra fortunada e rica, peri su mundhu chirchendhe sa possibbilidade de una vida dignitosa, ma cussa de ndhe ndhe bogare sas capatzidades chi puru no nos mancant e a donzi modu depimus coltivare pro su chi nos serbit e faghindhe su chi nos serbit o podimus in logu nostru etotu.