di Paolo Maninchedda
La cosa più evidente è che l’Italia ha una politica estera diversa da quella del Papa, ma non per questo migliore.
Il Papa pensa che l’Europa non abbia capito una cipolla di quello che sta accadendo in Ucraina, ma l’Italia fa finta di non considerare questa perplessità come un’occasione per capire di più in una situazione esplosiva dove la guerra non è la soluzione per la guerra.
Per inciso, per coloro che pensano che alla Sardegna non può fregare di meno dell’Ucraina, certifico che se parte la guerra del gas quest’inverno, è certo che lo Stato italiano vedrà aumentare la sua bolletta energetica e finanziaria e che dunque molto probabilmente non corrisponderà alla Sardegna le entrate che le deve da tempo, né interamente ciò che le dovrà nel 2015.
L’Italia non può non seguire la Nato anche quando sbaglia, ma perché non provare a non farla sbagliare? Mistero.
Sergio Romano, che non può essere sospettato di essere un comunista, dice che è sbagliato tentare di fare entrare l’Ucraina nella Nato. Ma la Nato cerca di fare entrare la Nato in Ucraina.
Obama mesi fa pensava di bombardare Assad, ma il Papa pregò molto e risucì a impedire un errore clamoroso. Oggi tutti danno ragione al Papa, ma il Papa, come Woytila prima di lui, non crede alla guerra per mettere fine alla guerra. In fin dei conti chi ha foraggiato l’Is è la Turchia, grande avamposto della Nato nello scenario di guerra. L’Italia? Boh! La politica estera? Mah!
Perché parlo di queste cose? Perché a pochi chilometri da Cagliari, in Libia, è in corso una guerra terribile in cui è inevitabilmente coinvolta l’Eni. Perché dalla Tunisia, a pochi chilometri da Cagliari, partono molti profughi che stanno mettendo a dura prova la capacità di tenuta dello Stato italiano. Penso queste cose perché sento un clima sostanzialmente bellico, sia sociale che politico e io odio la guerra con tutte le mie forze.
Penso queste cose perché vivo in Sardegna e dentro uno Stato, quello italiano, con un ministro della Difesa che vuole sempre l’ultima parola come i primi della classe (mi aspettavo un tweet esplosivo su Capo Frasca, invece silenzio, silenzio e silenzio, la maestrina non sa che dire), che piuttosto che risolvere problemi non vuole bucce di banana sul percorso della sua carriera e che dunque è portata a dire, con Mastroianni, ‘Stanno sempre e comunque tutti bene’.
Penso queste cose perché queste cose ci sovrastano e incombono sulle nostre esistenze.
L’Italia? L’Italia è uno Stato frivolo.
Comments on “La cronica incapacità italiana di cambiare”
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L’abitudine a non prendere posizione è tutta italiana, quasi una forma di zelo. La guerra è vista nella diversione pacifista, per stabilire quegli equilibri militari di ‘non violenza’ che integrando i popoli, mirano a irrobustire i mercati. Noi sardi, militarizzati in casa, sottomessi da decenni all’agonia degli abusi militari, siamo stati scippati del diritto alla conservazione del territorio, e alle ragioni di sicurezza prevalgono tutt’oggi altre logiche oscure. Il presidente Pigliaru – forse scrivendo la migliore pagina politica dalla sua elezione ad oggi – ha invece lanciato un segnale forte al Governo, di enorme rilevanza etica e politica per la Sardegna, quando, nel mese di giugno, in audizione alla Commissione Difesa, gettò le premesse per un’equa trattativa con lo stato per la riduzione delle servitù militari https://www.regione.sardegna.it/j/v/25?s=257166&v=2&c=3696&t=1 Lecito chiedersi se esiste una qualche ‘relazione’ tra i tentativi falliti di istituire la zona franca e la militarizzazione dell’isola. Dalle basi militari alla guerra un po’ ce ne passa, ma è assolutamente vero che ciò che succede lontano ci riguarda eccome. Intanto le guerre moderne sono quasi tutte guerre per l’energia. Se i rapporti esteri degli stati sono oggi focalizzati sulla Russia, e quasi esclusivamente sulla sfera d’influenza Putin-resto del mondo, il binomio Ucraina-Russia vs Unione Europea, deve farci riflettere che l’Ucraina, metà del debito pubblico in valuta estera, ospita la base militare russa di Sebastopoli in Crimea fino al 2042. L’Ucraina non è per questo uno stato fallito come si dice. Ha la sfortuna (o la fortuna) di trovarsi in un crocevia commerciale, dopo il Kazakistan, nel corridoio più vicino sia alla Cina che all’Ue. Anche la Sardegna, come monade non disgiunta dall’Italia, si trova in una posizione strategica (oggi inerte) sulla rotta dei traffici commerciali tra i continenti. E’ stato segnalato di recente che il blocco preventivo da parte della Russia delle importazioni lattiero casearie, sta inginocchiando molte aziende sarde che avevano investito nell’export russo. La premialità russa sull’esportazione del grano ucraino sta invece allarmando gli Stati Uniti, i maggiori esportatori di grano dopo l’Ucraina. Quanto al conflitto libico e l’Eni, beh! Nessuno si chiede perché molte compagnie stiano aumentando l’approvvigionamento energetico da Norvegia, Siberia occidentale e Paesi del Mar Baltico? Forse dovremmo chiederci se vale di più l’affare pulito, magari a un prezzo non proprio basso ma in direzione della sicurezza degli investimenti stessi, o persistenti legami con paesi instabili ad altissimo potenziale bellico o in pieno conflitto. Vero è che la politica italiana fa vivere sulla pelle dei cittadini la competizione tra multinazionali, facendoci credere a strategie fondamentali e forniture alternative… e se la cacciata di Gheddafi non si è rivelata un grand affaire, in fatto di ritorno degli investimenti in tasca alle multinazionali, non va sottovalutato che metà delle città e porti petroliferi della Libia – gli spazi aerei quasi interamente interdetti al traffico aereo e uniche vie di fuga quelle terrestri – operano al di fuori del controllo del governo centrale, in guerra gli uni contro gli altri, spesso controllati dai rivali tra cui gli stessi russi. In tutto ciò dobbiamo esaminare pesantemente la questione dei diritti umani, in nome dei civili che ogni giorno muoiono in guerra, e farne un vessillo contro le decisioni astratte di attacchi bellici. Concedere alle questioni economiche e politiche il sopravvento sui diritti fondamentali dell’uomo, è ciò che di là porta alla morte, ma da noi favorisce le ingiustizie sociali, la corruzione endemica delle istituzioni, le disparità del reddito.
Associazione Perenne d’impresa……
Ero ancora ragazzino quando sentivo parlare della necessità da parte delle nazioni considerate Democratiche, di intervenire nei paesi dove vigeva la dittatura, si diceva per aiutare i popoli oppressi a liberarsi dell’aguzzino di turno. Con le buone (mai) o con le cattive (sempre), e per cattive intendo guerre…
Ancora oggi dopo circa 50 anni la musica non è cambiata….. I soliti noti e NATO…pronti a mettere il naso e soprattutto le armi dovunque ci sia sentore di guerra, dovunque ci sia un dittatore che si sta indebolendo o dove ci siano diatribe religiose o di territori reclamati.
Puntualmente quando il Dittatore si riesce a farlo fuori, nel paese non sboccia il fiore della democrazia ma, caso strano, l’anarchia totale, che porta chiaramente a sanguinose guerriglie interne diffuse….
A Roma direbbero: “E chi ce magna in mezzo a sti casini”?
Eccoli qua….
1)L’Industria bellica che deve dare sfogo agli avanzi di magazzino…
2)Le multinazionali delle ricostruzioni dopo le distruzioni…
3)Le lobby del petrolio…
Eccola qua la più grande Associazione Perenne D’Impresa….. E naturalmente di disoccupazione e cassa integrazione neanche l’ombra….Magra consolazione e a che prezzo….!!!
Giorgio Muggianu
Un signore che aveva capito tutto molti anni fa diceva…Ahi serva Italia,di dolore ostello,nave senza nocchiere in gran tempesta,non donna di province ma bordello!
Sardegna al pari di Estonia.
Una è utile all’Italia, l’altra alla Russia (e – se non facciamo rete con Irlanda, Malta, Scozia – presto Putin se la rimangerà in un boccone).