Ciò che sta accadendo tra Ottana, Silanus, Dualchi, Noragugume e Bortigali è una devastazione naturale pari, in ampiezza e profondità, all’incendio del Montiferru dell’estate scorsa.
Si sta assistendo non solo alla distruzione di circa 30.000 ettari di pascoli da parte delle cavallette, ma soprattutto alla costruzione del più grande incubatore di nuove cavallette per l’anno prossimo.
Ha ragione da vendere l’avvocato Rita Tolu a sottolineare che mentre i disastri naturali sono spesso imprevedibili (non sempre, posto che se arriva un’alluvione a Olbia, è più che prevedibile e ciò nonostante nessuno fa nulla, anzi, in pochi hanno distrutto l’unico piano di salvaguardia esistente), questo delle cavallette è un disastro dovuto all’incuria, all’ignoranza e alla superficialità, in una parola alla trinità degli asini.
Niente è stato fatto a partire da quattro anni fa quando si ebbero le prime avvisaglie, e niente si sta facendo ora per estirpare i nidi.
L’invasione delle cavallette è il più evidente testimonial della qualità degli amministratori portati al potere in Sardegna da Salvini nel 2019. Ma è anche il segnale dell’evoluzione del tradizionale individualismo dei sardi verso il cinismo rassegnato, verso l’abbandono di ogni impegno civico che riguardi il proprio prossimo, a favore di un’esclusiva applicazione del proprio impegno ai propri interessi.
Dinanzi a quanto sta accadendo nelle campagne, le popolazioni non solo sarebbero dovute scendere in piazza, ma avrebbero dovuto farlo con intelligenza e fermezza, chiedendo dimissioni e decisioni. Invece, tutto è avvolto in un torpore impenetrabile, quello dell’agonia inconsapevole.
Se ci si chiede il perché, la risposta è da affidare alla comprensione del momento storico.
Sono pochissimi, dati i bassi livelli di cultura, a saper distinguere ciò che è urgente da ciò che è importante.
Il sardo medio guarda la realtà e non la capisce, si affida alle proprie relazioni personali, non crede più nell’impegno politico e sociale e si rassegna, constatando di non poter fronteggiare da solo la crisi brutale e drammatica della sanità, dell’ambiente, del lavoro, dell’energia, dei redditi.
È talmente grave la situazione sarda che avrebbe dovuto portare a una sollevazione e invece, anche grazie a uomini politici collusi tra loro per piccole cosette, ci si trascina affidandosi al sapersi arrangiare.
Ma mentre se non ci si può curare in Sardegna, si può sempre andare fuori, con le cavallette è diverso: o si combatte o si muore. È inutile girarsi dall’altra parte.
Ci si è girati dall’altra parte dinanzi a cose gravi (per esempio la ripartenza dell’incendio del Montiferru dell’anno scorso; per esempio il fallimento della continuità territoriale aerea e marittima; per esempio dinanzi alla vergognosa crisi sanitaria, più acuta laddove la magistratura ha fatto la spiritosa e non ha capito nulla, per poi nascondersi dinanzi a eventi ben più gravi di quelli contestati; per esempio dinanzi all’abbassamento dei livelli di istruzione; per esempio di fronte alla precarizzazione selvaggia del lavoro e all’arroganza di taluni padroni, per esempio dinanzi al varo pubblico di un nuovo metodo per farsi prestare denaro attraverso acconti per immobili mai acquistati ecc. ecc.); ma dinanzi a questa non si può scappare.
Bisogna portare la Regione a occuparsene e bisogna chiedere la rimozione di tutta la filiera di comando che ha prodotto questo disastro. Non si possono correggere gli errori con le stesse persone che li hanno generati.
Il territorio del Marghine, oltre ad essere devastato dalla rapida distruzione delle politiche di sviluppo, dall’incapacità di valorizzare le risorse ambientali, dalla fuga dell’Arst da tutti gli impegni presi, da una gestione della Asl di Nuoro che non ha per nulla i segni dell’eccellenza di cui pretenderebbe di adornarsi (e d’altra parte in Friuli, un tempo, in molti tirarono un sospiro di sollievo per la dipartita della prosopopea inconcludente), da una gestione di Forestas che si approssima al minimo sindacale, da una politica aggressiva sul nulla dell’Agenzia delle Entrate, da una nuova vocazione delle forze dell’ordine a perseguire gli amministratori piuttosto che i delinquenti, dall’abbandono di ogni vocazione urbana per ripiombare in una sorta di inconsapevole provincialismo di periferia, questo territorio che ha dunque tanto bisogno di politica, oggi è stato aggredito da una forza naturale che non discute, non concede tregue, non apre dibattitti: mangia e si riproduce. E basta. E lo è stato per colpe ben precise di chi, pur dovendo vigilare, non lo ha fatto, e pur dovendo agire, non sa cosa fare, ma resta dov’è a non fare nulla.
So perfettamente che queste parole non hanno il potere di cambiare la realtà. E so anche che non muoveranno alcuna coscienza, perché le coscienze sono state uccise dai supermercati. Ma spero, spero vivamente, che sia ancora vero che la verità rende liberi.
È imperante non preoccuparsi degli altri. Ognuno per il proprio recinto. Ci aspettano tempi sempre più negativi e nessuna forza politica si mette il problema
Prof., per il suo pezzo, d’istinto mi viene di ricorrere ad una datata citazione : amministrare i sardi sarà cosa forse impossibile, certamente inutile!
Sono state citate due zone dell’oristanese, il marghine e il montiferru: l’una devasta dall’incendio dello scorso anno e l’altra oggi sottoschiaffo da una piaga biblica. É sentimento unanime , in entrambi i casi, che giunta regionale di solinas a trazione leghista non sia stata capace di far fronte ad entrambe le calamita, non più naturali ne imprevedibili.!!!!
Riflessione : il capoluogo dei due territori, Oristano è andato a elezione per il rinnovo della assise comunale, dopo che i partiti che l’hanno governata in questi cinque anni si sono trovati del parere che la gestione dell’ ,ing. Lutzu fosse stata fallimentare.
Bene hanno fatto i lagunari nel punirsi, premiando la coalizione uscente di centro destra ad amministrarli per altro lustro ancora, … e poi si vedrà.
Scusate lo spirito ma, venisse almeno l’idea di trasformare le cavallette in farine proteiche, dato che questo sarà il cibo del futuro! Vi prego, scusate!
Nel Montiferru che io sappia è arrivato come forma di aiuto, in seguito ai roghi devastanti di Luglio scorso, da parte della regione un bellissimo nulla di niente.
Un niente al quadrato!
…elevato due quindi;
oppure un niente x niente…
In parole povere un cazzo!
Con “LO SCIAME” , il nuovo film horror targato Solinas- Lampis- Belloi, temo che l’approccio sarà identico; (perché mai dovrebbe essere diverso?)
una volta che il disastro assume proporzioni bibliche, si fa una bella comparsata in doppiopetto con sguardo ieratico e mano pantocratica sulle TV, teletrasmessi bene inceronati e incofanati dalla sede operativa;
a fare cosa? direte
ad “operare facendo” come si diceva un tempo nelle prefetture!
Comunque ironia a parte;
sappiamo che le cavallette depongono le uova su terreni che se incolti (quindi privi di operazioni di fresatura) portano alla creazione esponenziale di sciami apocalittici;
quindi le cose, sono relativamente semplici se prese in tempo.
La fresatura (seppur costosa) è la più basilare e veloce.
Ma non vedrei nulla di strano nell’utilizzo del fuoco radente controllato; fatta per tempo è un arma che può esser presa considerazione.
Comunque…per ciò che vale la mia opinione (nulla) consiglio ai territori coinvolti in questo bordello di trovare il modo di combattere da soli.
Dalla regione, l’esperienza dice che non arriverà niente se non quando il disastro sarà incontrollabile,;
più di quello che già ora è.
È verissimo che le parole non cambieranno la realtà, ma è verissimo che il silenzio è in grado di nasconderla bene. Abbiamo investito i risparmi di una vita nel territorio del Marghine per cercare di creare un’azienda moderna ed in grado di dare nuova speranza a noi in primis, ma soprattutto per cercare di mettere in pratica i proseliti di tutta la politica sarda ed europea. Azienda moderna, prodotti di altissima qualità per mercati di nicchia. Bene, quello da te descritto è grosso modo il risultato da noi ottenuto dal punto di vista del sostegno dell’amministrazione sarda ed italiana: orde di cavallette che hanno completamente divorato 200 ettari di campi lavorati e seminati, circondati da altri campi abbandonati del pubblico demanio e della zona industriale di Ottana e Bolotana. È il quarto anno che succede e quando cerchiamo di interloquire con gli enti preposti ci viene risposto: ma abbiamo stanziato gli indennizzi! A me viene da sorridere perché dell’elemosina poco mi importa. Il mio obiettivo è essere un’azienda che vive di fatturato, non di indennizzi assistenziali.
Il silenzio è morte come sono morti gli amministratori locali e regionali che nulla stanno facendo. Come i sindacati, che trovano il tempo di partecipare alle
manifestazioni markettare (rally, fiere e trasmissioni tv), ma si limitano a qualche comunicato con uno stile neo realista sindacalista degli anni 70. Nessun esposto alla procura, nessuna richiesta di convocazione di commissioni, nessun pressing mediatico sull’argomento. Siamo soli nel nostro quotidiano, costretti ad arrangiarci per far rispettare i nostri diritti al fine di poter svolgere i nostri doveri nel migliore dei modi.
Ma l’agricoltura e l’allevamento oggi non è più fatto solo di persone che purtroppo non hanno tempo e mezzi per intervenire ad alto livello. Oggi è fatta anche di ingegneri, agronomi, avvocati, periti e persone che conoscono meglio le dinamiche della burocancrocrazia.
Sarà poco, forse niente, ma fate conoscere il problema a tutti i livelli e soprattutto fuori dall’isola firmando e facendo firmare la petizione del comitato spontaneo (https://chng.it/RdqzqRDd) formatosi per chiedere di debellare una vera calamità capace di provocare danni paragonabili a quella di guerre e pandemie. Purtroppo non esagero, purtroppo questa è la verità.
Paolo Musu, ingegnere casaro
Grazie per aver dedicato uno spazio a questo argomento di cui nemmeno la stampa vuole parlare per non rovinare l’immagine della Sardegna in svendita al turismo di massa.
Tra le cose giuste che ha detto ne manca una agghiacciante: gli stessi che hanno pianificato le misure di contenimento e contrasto all’infestazione, ora attribuiscono l’insuccesso delle medesime misure all’abbandono dei campi (nessuno dice che una parte importante di questi sono di proprietà pubblica) e al rifiuto degli agricoltori in regime biologico di non trattare con la deltametrina (ma non voleva una “Sardegna verde”?). Peccato però che entrambe le circostanze erano ben note agli addetti ai lavori in fase di pianificazione e studio delle strategie da adottare. Infatti è dal 1988, mica da ieri, che l’Unione Europea premia con contributi sino a 20 anni l’abbandono delle produzioni. E le politiche agricole sarde non sono da meno. Esempio eccellente di questo meccanismo è lo stesso bando Laore per gli indennizzi per i danni provocati dalle cavallette nel 2020. Per il pascolo magro è previsto per ettaro un indennizzo di 100 euro, per quello seminativo invece di 160 euro. Il primo non comporta alcun costo, il secondo è stato arato, seminato, curato e potenzialmente, visto il valore di mercato odierno, poteva produrre foraggio con valore di 1268 euro/ha.
In pratica il pascolo magro ci guadagna dall’infestazione di cavallette. Questo è il messaggio che si trasmette con provvedimenti di questo tipo.
Ma gli allevatori del Marghine sono più evoluti della classe politica che li amministra e non chiedono più indennizzi che alimentano sacche di assistenzialismo e che rendono eterne la piaghe, ma misure che risolvano definitivamente il problema cavallette in tempi brevi e certi e il risarcimento di tutti i danni subiti e non benevole compensazioni salva-coscienze. La differenza tra indennizzo e risarcimento del danno è il riconoscimento della dignità e del lavoro.
Da donna libera a uomo libero.
Cordiali saluti
Rita Tolu
Questa denuncia, nella sua tragica verità, è politica…POLITICA con le lettere maiuscole.
In Sardegna abbiamo bisogno di politici attenti, equilibrati, istruiti che prendano in mano le redini di un destino che pare segnato.
Lo dico senza piaggeria: Paolo Maninchedda è uno di questi…ma tant’è.