Un tempo si diceva che chi troppo si vantava “faceva gazzosa (o gassosa, a seconda delle latitudini)”. Era un modo per dire che la boria è come una bevanda che dura poco, che sgasa in fretta e ha poco sapore (infatti, in alcuni terribili zilleri, veniva usata per allungare il vino e poterne bere di più, come raccomandavano i latini con orrore dei barbari).
Ho sempre sostenuto che l’insularità in Costituzione sia stata una grande gazzosata voluta da chi aveva capito che la realtà sarda evolveva ed evolve verso il porsi del tema dei poteri della Sardegna e non più delle sole sue rivendicazioni, una dialettica che impone di guardare in faccia il tema politico rilevante del contrasto degli interessi legittimi dell’Italia e della Sardegna. Quale migliore diversivo che l’enfatizzazione del fattore geografico, con corredo di rivendicazioni economiche, a copertura e dissuasione dal tema politico? E così è stato.
Ora accade però che gli stessi promotori confessino la gazzosata e dicano, un giorno sì e l’altro pure, che adesso occorre riempire di contenuti l’insularità, confermando così che in origine era e resta una gazzosa ad alto tasso di evaporazione.
Poiché sotto Natale il fallimento totale della Giunta Solinas sui trasporti è più evidente, perché viaggiano soprattutto i sardi e gli emigrati, e le tariffe stanno facendo male a tutti coloro che sono costretti a viaggiare, l’inutilità dell’insularità in Costituzione rispetto ai problemi storici è risaltata in modo plastico, canoviano. Ed ecco che, magicabù, viene presentato alla Camera e approvato in Commissione bilancio un emendamento, udite udite, che stanzia, in un fondo istituito presso il Ministero delle Infrastrutture, per la continuità territoriale aerea della Sicilia e della Sardegna, 5 milioni per il 2023 e 15 per il 2024.
Posto che è altamente probabile che le risorse vadano tutte alla Sicilia, visto che il presidente Soru firmò con Prodi l’infausto (per la continuità territoriale) accordo per il quale in cambio dell’IVA prodotta (e non di quella riscossa, come era in precedenza) la Sardegna si è interamente accollata sanità e continuità territoriale (fummo in pochissimi, additati come cani rognosi, a dire che addebitare la continuità territoriale ai Sardi era un’ignominia), c’è da indignarsi per il giubilo degli insularisti, giubilanti per due soldi.
Il 19 u.s. l’Unione Sarda ha pubblicato questa bella tabellina dalla quale si evince che lo Stato spagnolo (lo Stato, non la regione delle Baleari) stanzia per la continuità aerea delle Baleari 212 milioni per una popolazione inferiore di molto a quella sarda, e che lo Stato francese stanzia per i 300.000 corsi residenti 74 milioni di euro.
Si capisce bene, credo, che stanziamenti di 20 milioni in due anni sono a dir poco ridicoli, ma questo è il minimo. Il dato rilevante è che i fatti stanno dimostrando come sui diritti sostanziali dei sardi, l’affermazione in costituzione che la Sardegna è un’isola non ha spostato di un millimetro il problema politico dei rapporti tra lo Stato italiano e la Sardegna, che sono rimasti gli stessi di sempre, che sono rapporti equivoci perché nascondono il naturale contrasto degli interessi legittimi delle parti.
I fatti stanno dimostrando ciò che hanno sperimentato gli autonomisti per decenni e cioè che o la Sardegna pone il proprio problema politico (più poteri, più libertà, più giustizia) o dovrà sempre elemosinare le sue rivendicazioni da una posizione di debolezza.
Per aprire un negoziato (si possono fare mille commissioni parlamentari per allungare il brodo, posto che i costi dell’insularità sono già stati calcolati dal Crenos, ma alla fine si tratta di arrivare a un negoziato) occorre avere una posizione.
Per avere una posizione, occorre avere una forza, cioè capacità offensiva e difensiva.
Il tema è la forza politica della Sardegna nel negoziato con lo Stato italiano, non, come purtroppo si è fatto, la specialità del bisogno sardo. Dichiararsi specialmente bisognosi è un errore politico; dichiararsi attenti ai propri diritti, alla propria libertà, pronti a esercitare la propria responsabilità, capaci di mobilitazione politica per affermare il diritto all’autogoverno (termine, si badi, non degli indipendentisti, ma degli autonomisti più veraci di area cattolica e socialista), questo sarebbe precostituire una solida posizione negoziale. Altro che geografia, tè, gentiluomini (si fa per dire) e damine.
«insularità in Costituzione», cosa de politici de Minculpop (incurtzadura de “minc.cul.pop.”), “prezzolati” a manu issoro si no bastant sas anzenas, medidos no mancu a prammos, ma a moneda, “moneta corrente”, chi curret, fossis ca fintzas a deris (cioè, ad oggi) fint “lunàdigos”, che istaiant in sa Luna e si in cue in artu che fint pessade sas balentias chi ant fatu pro prozetare a fàghere bucos in s’abba no prus cun su pódhighe pitzinnu ma a trivella, aina prus de efficiente. Gai intelizentes chi séculos de colonialismu e dipendhéntzia no lis at nadu mai nudha, Sardigna e Sardos logu e bucu mannu.
It’est sa dignidade de sos diritos e doveres personales e colletivos, de sa libbertade e responsabilidade depet èssere cosa de carabbineris ifatu, de caccia grossa, no de su èssere zente normale chi zughet cherbedhos.
Ma su peus est chi nois, “la massa”, sos Sardos a bama de bàtoro milliones e mesu, nois agguantamus totu, donzi ispudu e menisprésiu, balentes solu “in pectore”, a barra posta e a bàntidu puru, semus comente si narat (chie lu narat, si ancora lu narat) semus malos a cazare, fossis ca iscazados in totu sos termovalorizadores (altrimenti detti, iscallatórios tricolores) e fintzas evaporados, cun s’anima béndhida o imprendhada prima de imprendhare e bèndhere manos e pes, coltivados a ignoràntzia in d-un’iscola assurda e infame, a mischinidades e pedulianésimu de pedidores da aiutare, autostrada de totu sos miracularzos de totu sos colores chi che corbos benint in Sardigna in tempos de votaziones “politiche” o in passizada (no bastat totu s’àteru iscallamentu ordinàriu e istitutzionale die cun die) a nos nàrrere bellas peràulas, ovvie e ovviamente che cosa de nàrrere a chie no cumprendhet una bótziga, pro sa cuntentesa de sos minculpopados e minculpopadores.
Mi dimandho si tenimus idea de ite cheret nàrrere a èssere zente, o si totu su fàghere nostru est cussu de “nazione fallita” (definitzione de politici famosi) chentza pessare chi sos fallidos fint sos “definitori” e semus nois sos definidos e bell’e finidos puru.
Sa Sardigna est sa terra de miserabbília?