E dunque ieri Siniscola è finita sott’acqua. Qui il video.
Ricordo ancora quando in quel comune diversi cittadini importanti – mai i sindaci, a onor del vero – mi chiesero di revocare vincoli e prescrizioni rispetto a un pericolosissimo canale tombato sul quale sono stati costruiti diversi edifici. Mi sono ben guardato dal farlo. Andrebbero invece demoliti gli edifici e scoperchiato il canale, per stare sicuri, ma non lo si farà mai.
Siniscola non era la sola a manifestare fastidi sui vincoli, unici presidi per la salvaguardia delle vite umane, dopo che una politica attiva per un trentennio aveva autorizzato il cemento negli alvei. Ricordo pressioni per esempio da Uta, da Uras, da Bosa (dove ancora non è stato realizzato un banalissimo canale scolmatore).
Il problema è la strategia da memoria cortissima che caratterizza il sistema dell’informazione in Sardegna e di conseguenza il dibattito politico.
Ho letto che il candidato sindaco di Olbia Nizzi ha presentato al pubblico in questi giorni la sua proposta di modifica al Piano di Assetto Idrogeologico, la sua proposta di modifica del Piano Mancini. Benissimo, potremmo dare anche il benvenuto a questo studio che attende adesso di superare tutte le analisi tecniche che la legge prescrive, ma la domanda è: quando il sindaco revocò la richiesta di Via del Piano Mancini, su quali basi tecniche lo fece, posto che il primo studio tecnico di cui dispone viene presentato oggi, cinque anni circa dopo la revoca? Al momento della revoca Nizzi era forte delle sole sue convinzioni politiche e non aveva alcun supporto tecnico? Benissimo. Ed è giusto che una convinzione politica che trova solo dopo cinque anni un primo supporto tecnico in valutazione, blocchi una procedura? Non lo so e francamente non me ne importa un fico secco, il problema non è Nizzi, è chi vota questo decisionismo prevaricatore che si erge sopra tutto e a tutti comanda.
Ognuno si tenga il suo condottiero senza macchia e costruttore da sé delle sue regole.
Ognuno ammiri questo ossequio al senso della vita affidato ai soldi, al successo e al far parte del ‘sistema’. Io mi sono ritirato da sempre dai soldi, da moltissimo dal successo e sono contro le logiche di sistema.
Ognuno faccia finta di non vedere il nodo che tutto tiene a Olbia, tra Cipnes (che fra un po’ apre anche gelaterie), discariche trogloditiche, depuratori ancestrali, debiti, aree edificabili e non allagabili, canali tombati, alberghi costruiti sopra i canali, ponticelli non rimossi. Ognun si tenga questo inferno colorato di rosa.
Intanto l’acqua scende e quando scenderà bene, con certezza non dovranno venire a cercare me.
Cerchino il ‘sistema’.
Mentre l’acqua comincia a scendere (lo dico anche a Capoterra, mio incubo da assessore, per la quale riuscii ad allargare la foce del fiume, ma non riuscii a far fare al Consorzio di Bonifica il canale scolmatore, né a mettere in sicurezza i ponti per il muro di gomma di Anas – di cui Pigliaru non capì una cipolla – e l’opposizione della popolazione, secondo le vicende per le quali è stato pagato Sgarbi per il recente comizietto senza contraddittorio, come se l’altezza e la larghezza dei ponti la stabilissi io….) abbiamo anche il festival della balle.
L’assessore dei Trasporti, di cui non ricordo il nome, incurante del disastro in atto nei cieli e nei mari (ho dovuto prenotare dei biglietti per partecipare a un convegno nella penisola e ho dovuto affrontare un’odissea), un uomo di governo che dovrebbe avere il pudore di sottrarsi ai riflettori per aver permesso al Presidente della Regione di sfasciare quel poco di continuità territoriale conquistata nei decenni precedenti, questo assessore è andato in televisione a accampare merito per la classificazione da parte del governo Draghi, con Decreto legge, del porto di Arbatax, dicendo pure che è esclusivo merito suo. Sappiamo tutti dei pranzi di Giorgetti in Ogliastra. lo sappiamo e ci vantiamo di non essere tra i commensali di Giorgetti né a Tortolì e dintorni né a Budoni. La baronia leghista di Sardegna annovera tra i suoi confinanti gente che non piega il ginocchio per nessuno perché vive del proprio e tiene alla propria libertà.
Nei prossimi giorni pubblicherò le lettere con cui Pigliaru avviò tutta la procedura per la classificazione del porto di Arbatax, su sollecitazione di Franco Sabatini e con la cura amministrativa di Gianluca Serra allora Capo di Gabinetto della Presidenza.
L’iter arrivò fino al punto della decretazione governativa, ma poi il ministero delle infrastrutture argomentò sulla necessità di un intervento legislativo che alla fine è arrivato. Un assessore col senso della modestia avrebbe detto di aver concluso un iter avviato da altri, non si sarebbe messo la medaglia della classificazione come attività propria. Ma anche in questo caso il problema non è l’assessore, è il 59% dei sardi che ha dato la Sardegna in mano a queste figure di sicuro esibizionismo. Per cui la Sardegna patisce gli effetti di ciò che sceglie, la mediocrità, che nel gioco lobbistico del ‘tu parli di me io parlo di te’ (gioco che piace molto anche a scrittori, cantanti, pittori, studiosi, e intanto il livello si abbassa sempre più) cui si assiste su tv e giornali, può anche apparire eccellenza, ma è e resterà sempre e solo mediocrità parassitaria e gruppettara.
Vi è una speranza in me, ora debole debole, che un giorno la Sardegna sia un modello di buongoverno e civiltà, anche poggiando i piedi su ciò che sappiamo e scimmiottando gli altri abbiamo scordato. Una delle cose che sapevamo era rispettare la natura, le sue leggi e forza.
In questi giorni mi scuote ancora l’ignoranza di alcuni che vorrebbero abbattere gli alberi dove ci sono per … proteggerci dal fuoco. Pari a chi ha ingabbiato i ruscelli …
59 % – 59 % – 59 % …..questo numero ha in se qualcosa di inquietante…e oltre al fatto che poi dei sardi si dica che sono testardi , silenziosi , orgogliosi etc. etc….ma kando…il primo fascio-minchion-leghista che si presenta da Olbia in giù e tutti a plebiscitarlo…pocos , locos y mal unidos…
E se ci abituassimo a chiamarli tutele?
Le recenti esternazioni ministeriali in tema di ambiente spalancano innumerevoli finestre di riflessione nel merito.
Paolo Maninchedda, da altra prospettiva, ragiona e induce i lettori a ragionamenti sempre nel tema della sostenibilità, parola chiave del ventunesimo secolo.
Oggi la sensibilità ambientale non è più appannaggio esclusivo di gruppi elitari. Essa deve essere assimilata all’educazione complessiva dell’individuo. Similmente, nel campo dell’alimentazione, l’approccio corretto verso il cibo, ossia l’educazione alimentare, non è più scissa dall’educazione ed intelligenza proprie dell’individuo.
Cosa pensare quindi nel momento in cui tali atteggiamenti non sostenibili verso l’ambiente (urbano, spazio rurale coltivato o naturale) e verso l’esistenza degli abitanti dello stesso territorio, fossero palesati da amministratori pubblici ai quali gli elettori hanno affidato compiti di governo, compreso ovviamente quello del territorio?
Fa ben sperare il fatto che già negli anni novanta una certa cultura “verde” si è diffusa oltre le élite. E’ innegabile che si mostrano – con evidenza – notevoli passi avanti nell’approccio degli esseri umani verso l’ambiente nel suo complesso.
E allora riemerge spontanea la questione precedente: cosa pensare riguardo le azioni di coloro i quali, per tornaconto personale, attentano alle risorse locali e verso l’esistenza degli abitanti dello stesso operando una gestione complessivamente non sostenibile?
Tra le operazioni di gestione va naturalmente compresa la pianificazione urbanistica considerata nel suo complesso come gestione degli spazi urbani e dell’agro. Gestione e pianificazione che in Sardegna risultano spesso concepite e finanziate da soggetti extra isolani, con evidente mortificazione del naturale processo evolutivo del genius loci.
Da anni assistiamo e viviamo supinamente il brutale assalto alle nostre campagne costituito ad esmpio dalla possibilità edificatoria residenziale su fondi rurali della superficie di un ettaro. Non sono stati rilevati o non sono emersi dibattiti, convegni o interventi sulla stampa da parte degli Ordini professionali in genere riguardo questa autentica “piaga”.
Di contro, per contestare l’istituzione di un soggetto Pubblico che assumesse le funzioni svolte in Sardegna da Anas, un importante ordine professionale regionale acquistò un’intera pagina del quotidiano più venduto nell’Isola ove pubblicò una serie di commenti inesatti sul provvedimento e fece firmare questo manifesto ad un cospicuo numero di iscritti. Ebbi modo di leggere il nome di un amico e lo contattai nel merito. Mi disse senza problemi che aveva firmato il manifesto senza conoscere l’argomento trattato.
E’ quindi evidente che si cada sempre sullo stesso argomento: la necessita per l’Isola di strumenti educativi e di un’autentica presa di coscienza sulla tutela dell’Isola da violente speculazioni.
Nel tema ampio del rapporto con l’ambiente tali strumenti educativi/informativi dovrebbero sempre accompagnare le norme dopo la loro promulgazione.
Divulgare l’importanza dell’applicazione di esse. L’importanza dell’applicazione delle norme di Tutela del territorio. Riuscire a spiegare a tutti i livelli sociali il danno – anche economico – arrecato alla collettività da un esiguo numero di speculatori con relativi cortigiani.
Tutela. Il primo passo può essere costituito sostituendo nel linguaggio corrente il termine vincolo che assume nell’immaginario collettivo un’accezione negativa per il senso di obbligo che suscita.
Il Prof. Maninchedda sicuramente analizzerebbe dei due termini etimologia e altro, in maniera più professionale, approfondita e compiuta.
Tutela, come termine in grado di evocare senso di protezione.
Personalmente, ritengo che le norme di Tutela dei territori urbani o rurali comportino l’applicazione di vincoli alla realizzazione di iniziative per le loro caratteristiche non compatibili con gli strumenti di sviluppo locali.
Tutele, la cui applicazione vincoli cittadini o imprese o enti al rispetto di prescrizioni precise e, lo auspichiamo sempre, di fronte alle quali non ci si ponga come spesso accade con atteggiamento aggirabile.
Dovremmo iniziare a concepire le norme di salvaguardia ambientale – nella loro genericità – non come obblighi iniqui ma come un’ampia protezione e salvaguardia dei beni comuni.
Non sono vincoli, sono Tutele.
Cordialmente
John Clayton III
Che sconforto, dopo che si è letta un’analisi come questa, dover passare il resto della giornata a leggere, e ascoltare, questa volta solenni minchiate.
Lo scandalo è che un iter quasi concluso (quello avviato dalla giunta Pigliaru per l’annessione in AdSP del Porto di Arbatax) si sia concluso dopo metà legislatura Solinas. Se l’iter fosse stato avviato da questa legislatura non credo che avrebbero portato a casa il risultato che oggi si attribuiscono in toto. Purtroppo, la politica non possiede la virtù del riconoscimento dei meriti altrui. La stampa, in questo caso, spesso non aiuta, perché ha forti problemi di memoria a medio breve termine; per questo si limita soprattutto al ruolo di megafono del potere di turno.
Purtroppo, il nostro diritto di voto è sempre più condizionato dal buono o cattivo esito delle commedie recitate dalle parti politiche durante le legislature, non dal valore dei risultati e dai reali meriti di chi li ha conseguiti.
A proposito di continuità territoriale (marittima e non), chi glielo spiega al giornalista dell’Unione Mauro Pili che se nei bandi di gara non si prevede il possesso dei requisiti necessari per il trasporto di merci pericolose poi ci impicchiamo all’imbarco di diversi prodotti?