Mentre in Consiglio regionale, dopo l’annunciata rivoluzione tecnologica promessa da Comandini, ancora ieri era impossibile comunicare col centralino e non funzionava un solo telefono fisso (pare che sia efficientissimo il sistema di votazione e sia migliorata la tecnologia per lo streaming, ma che contemporaneamente si sia spento tutto il resto), continua imperterrita la comunicazione sfacciata e indifferente delle istituzioni sarde a guida grillina.
Oggi La Nuova Sardegna divulga l’avvenuta approvazione definitiva della delibera sui Bonus sanitari, cioè il più grande finanziamento indiretto alle strutture private convenzionate realizzato attraverso un doppio binario amministrativo, di dubbia legittimità, per i soli indigenti. Il bello è che la delibera non è cliccabile e non si capisce come siano stati superati i rilievi mossi dalla Commissione consiliare, ma è pur vero che la Giunta poteva impipparsi del parere. Se n’è impippata? Sarebbe un dato politico. Oppure: la commissione si è rimangiata tutto? Sarebbe un altro dato politico. Resta un fatto: trasparenza zero, propaganda dieci.
Oggi, sempre La Nuova Sardegna (il giornale dell’ing. De Pascal, che, ad ogni buon conto, nel caso si svolgano imminenti elezioni, ha il suo candidato anche a Destra, che è il sindaco di Olbia Settimo Nizzi, il quale si sta preparando bene all’eventualità, abbandonando i toni minacciosi e aggressivi e affidandosi alla sola comunicazione “del fare”) scopre che il Tribunale di Cagliari ha di fatto negato la sospensiva al ricorso presentato dai legali della presidente Todde.
Ma mentre in Consiglio c’è già chi si preoccupa di rinegoziare i mutui contratti immaginando quinquennale il compenso consiliare, ieri il senatore Licheri, vero responsabile dei gravi problemi politico-giudiziari della presidente Todde, ha rilasciato una dichiarazione in cui afferma che sarebbe in atto «un vile attacco politico, un misero tentativo di sovvertire il voto popolare da parte di chi ha lasciato la Regione in macerie. Quelli che oggi urlano allo scandalo sono gli stessi che per anni hanno chiuso gli occhi davanti al malaffare».
Non ho mai capito se Licheri ci è o ci fa, e francamente non voglio perdere tempo a capirlo, però non mi piacciono le accuse generiche di ‘malaffare’.
Tuttavia, pensandoci, mi sono chiesto: è censurabile, per Licheri, colei che nomina il proprio socio capo di gabinetto e si fa sostituire nella società dal proprio cognato, e poi solleva, nel suo ricorso, una presunta incompatibilità di un giudice perché sorella di un uomo che ha fatto politica? Me lo sono chiesto, perché una parte cospicua del ricorso della Todde è dedicata alle presunte incompatibilità di due membri del Collegio di Garanzia, illustrate con un tono più da giornalismo scandalista che da ricorso amministrativo, e così sono andato, nei giorni scorsi, da un collega docente universitario a chiedergli lumi sulla presunta incompatibilità sollevata a carico della dott.ssa Cucca e del dott. Conti.
Questa la risposta giuntami via mail:
«Caro Paolo,
il conflitto di interessi presuppone che colui che verte in tale situazione abbia il potere di decidere esercitando la discrezionalità amministrativa ovvero che faccia parte di un collegio che, parimenti, abbia tale potestà decisoria.
Non si applica quindi quando l’attività non implica esercizio di discrezionalità amministrativa, cioè quando il soggetto o l’organo si limiti a verificare la sussistenza di condizioni previste dalla legge per l’adozione dell’atto (cd attività vincolata. Cons. Stato, Sez. V, 16 maggio 2016, n. 1968; TAR Campania – Napoli 1564/2016: Con disposizione dell’art. 6-bis l. n. 241/1990, il legislatore ha coniato un canone di generale applicazione che postula ineludibili esigenze di imparzialità, trasparenza e parità di trattamento; l’alveo applicativo di tale principio va ricondotto alle determinazioni dal contenuto discrezionale, che implicano valutazioni di stampo soggettivo che ben possono, anche solo in astratto, essere condizionati dal fatto che chi concorre all’adozione dell’atto versa nella vicenda un interesse personale).
Nel caso che ti interessa la legge prevedeva che tutti i candidati per le elezioni del consiglio regionale, quindi, anche tutti i potenziali eletti alla carica di Presidente della Giunta, dovessero nominare un mandatario e depositare il rendiconto sottoscritto anche da questo.
Il Collegio di garanzia non aveva alcuna potestà discrezionale, dovendosi limitare ad accertare la sussistenza di fatti materiali – la nomina del mandatario e il deposito del rendiconto sottoscritto anche da questo – e trarre le conseguenze imposte dalla legge nel caso in cui gli adempimenti non fossero stati eseguiti.
Inoltre è pacifico che le cause di astensione siano solo quelle tassativamente previste dall’art. 51 del c.p.c., che adeguate al caso di specie, consisterebbero:
1) nell’interesse concreto alla decadenza della Todde, perché ad es. verrebbe eletto);
2) nell’avere un legame derivante da vincoli di affiliazione, ovvero l’essere convivente o commensale abituale di un soggetto che avrebbe concreto interesse alla dichiarazione di decadenza della Todde perché subentrerebbe ad essa ovvero verrebbe dichiarato eletto alla carica di Presidente della Giunta o a quella di consigliere regionale;
3) avere ha causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o debito con la Todde.
4) Quando sussistono gravi ragioni di convenienza.
Le ragioni di convenienza devono essere qualificate come gravi, cioè tali da minare l’imparzialità.
Fermo restando che la dichiarazione di decadenza è conseguenza imposta dalla legge a causa della mancata esecuzione di attività materiale, è difficile immaginare che il mantenimento della carica di componente della Commissione di garanzia fosse gravemente sconveniente in ragione di un legame di parentela con un segretario regionale di un partito che, un anno prima, aveva partecipato alle elezioni regionali in una coalizione diversa da quella della Todde. Forse, ma solo forse, sarebbe stato diverso se il parente fosse stato candidato e non eletto, quindi avente il potenziale (ma non concreto) interesse allo scioglimento del consiglio per ricandidarsi».