di Paolo Maninchedda
Oggi L’Unione Sarda, oltre a mischiare le mele con le pere e gli gnocchi coi biscotti, come da consolidata tradizione, pubblica un articolo sulle amministrative di Oristano che sembra scritto da un dirigente (intelligente) del Pd anziché da una giornalista.
Secondo questa cronaca a fumetti, noi del Partito dei Sardi avremmo proposto al Pd di azzerare le candidature dei candidati alla carica di sindaco e il Pd avrebbe respinto l’offerta.
I fatti, invece, sono andati diversamente.
Il segretario del Pd, Giuseppe Luigi Cucca, mio amico personale, non ha chiamato me, ma ha chiamato il Presidente della Regione, chiedendogli di verificare a quali condizioni sarebbe stata possibile una ricomposizione di un’alleanza vasta a Oristano che comprendesse anche il Pd.
Il Presidente della Regione mi ha convocato e io ho trasferito il messaggio ai compagni di partito di Oristano, i quali mi hanno subito ricordato il punto di rottura col Pd: l’indisponibilità sia alle primarie che alla valutazione del nome da noi proposto su quel tavolo alla carica di sindaco. Per cui, qualora il Pd revocasse le forzature precedenti, tutti i partiti alleati avrebbero valutato positivamente lo sforzo per un candidato di sintesi di un’alleanza indipendentista e di centrosinistra.
Dopo due giorni il Pd ha comunicato che l’accordo poteva avvenire solo sul nome della loro candidata. Fine delle trasmissioni. Per sapere queste cose, sarebbe bastata una piccola telefonata di verifica, come accadeva un tempo.
Noi del Partito dei Sardi da sempre, da quando ci siamo costituiti, abbiamo cercato di creare fattori di aggregazione su una visione diversa della Sardegna, incardinata sul concetto dell’aumento della sovranità e della libertà della Sardegna. Sin dall’inizio abbiamo lavorato a creare un’alleanza che usasse queste categorie e non quelle italiane di progressisti, moderati e centristi, tipiche della stantia politica italiana.
Se c’è una cosa da fare a Oristano è rompere la muffa delle categorie sociali comuni e abusate.
Se c’è un’altra cosa da fare in tutta la Sardegna è abituarsi a non usare parole ultimative tra le persone, parole che determinino chiusure definitive e precludano la possibilità di comprendersi. In politica si parla di azioni, di obiettivi, di diritti e di doveri. Noi stiamo fermi alla strategia programmatica fondata, a Oristano, su rinnovamento, aumento della sovranità, aumento della responsabilità, federalismo istituzionale e sociale, solidarismo e legalità.