Qualche giorno fa, la trasmissione televisiva Presa diretta ha mandato in onda una durissima inchiesta sul mercato delle armi e sull’industria delle armi in Italia. Non è questa al sede per valutare né l’equilibrio né la profondità critica della trasmissione.
Qui conta salvare dalla dimenticanza di comodo la breve intervista di Gian Piero Scanu, parlamentare sardo, ex deputato del Pd (fino al 2018), capogruppo del partito in Commissione difesa, presidente della Commissione sui danni provocati dall’amianto, primo firmatario della legge storica che ha imposto il voto parlamentare sull’acquisto delle armi da parte della Repubblica italiana.
La denuncia di Scanu è chiara: non è stato ricandidato, è stato messo da parte, è stato calunniato sottilmente come “folle” perché ha “toccato in un certo modo l’industria delle armi” e le sue connessioni col mondo della politica.
Le frasi di Scanu sono un durissimo atto di accusa verso il Pd (durante i governi Renzi e Gentiloni era ministro della difesa Roberta Pinotti, la stessa che d’estate volteggiava in elicottero in Sardegna per un sopralluogo dall’alto che fu motivo di uno dei tanti scazzi affidati ai silenzi e ai musi lunghi tra me e Pigliaru):
«La selezione della classe politica avviene, quando la classe politica è debole, in funzione anche della non ostilità verso certi settori. Fa impressione l’omertà, la distrazione che non è casuale, non è un tic nervoso, è una precisa scelta».
E ancora su chi si oppone al grande apparato politico-armaiolo (che è cosa diversa dai militari impegnati sul campo):
«Chi si oppone viene definito folle, viene isolato e in certi casi viene lasciato a casa».
Sono sicuro che ci sarà chi mi dirà che invece Scanu doveva non essere ricandidato per cumulo di legislature, ma costui mi permetterà di non crederci, perché tutti i grandi partiti hanno sempre salvato i parlamentari impegnati in battaglie di grande respiro, soprattutto quando hanno la sventura di un eccesso di pesci lessi assurti ai posti di maggiore responsabilità per straordinario colpo di natica (me ne viene in mente uno di feluca europea).
Sembra di essere dentro uno dei romanzi di Sciascia, immersi in uno di quelli dove la mafia sceglie un punto debole della mentalità comune (l’adulterio, il vino, il sesso, la follia, il rinnovamento a tutti i costi) per nascondersi meglio e nascondere i suoi alleati.
sicuramente la figura di Scanu, dall’inchiesta, esce enormemente (e giustamente, conoscendo il soggetto) rivalutata sia dal punto di vista politico che morale