Oggi i giornali sardi si dedicano allo scontro cagliaritano, tra Comune e Regione, per il nuovo stadio e per i nuovi ospedali.
Un derby.
È come vivere eternamente nel gioco di ruolo della torre: chi butti giù? Perché alla fine sappiamo tutti che non si può far tutto e subito; sappiamo tutti che una delle più alte forme di intelligenza è capire quali cose, tra le necessarie e urgenti, vanno fatte prima e quali dopo.
Oggi, per chi è malato di tumore (o di un’altra malattia grave) non è importante lo stadio o il nuovo ospedale, è importante che le diagnosi vengano fatte bene e in fretta, che i laboratori di anatomia patologica funzionino bene e non sbaglino, che i protocolli siano applicati correttamente, che si sappiano affrontare le inevitabili complicanze.
Tutto ciò che altrove è normale e vitale, in Sardegna è opzionale, casuale, eccezionale.
Se si soffre di una grave malattia cardiaca, si può ricadere in quel 10% (dieci per cento……) di pazienti del reparto di cardiologia del Brotzu che sono destinati a morire perché il reparto non è in grado, malgrado i medici, di soddisfare i numeri delle patologie in atto nell’isola.
Se si è malati di patologie gravi alla prostata, si può scoprire che uno dei migliori specialisti d’Italia e d’Europa è sardo ed è dovuto scappare a esercitare all’Humanitas di Milano. Quindi? Quindi si va a Milano. Mica si protesta per farlo tornare! No, ci si rassegna e si va a Milano.
Se si ha la ventura di avere un malato psichiatrico in famiglia, si entra in un girone infernale.
Se si ha un genitore anziano bisognoso di cure e di attenzioni, bisogna essere ricchi per garantirgli assistenza H24 e essere pazienti con tutti i medici e gli infermieri che, quando li chiami, ti guardano come per dire: “Ma perché non lo lasci morire?”.
Mi fanno ridere quelli che dinanzi alla malattia e alla morte hanno l’atteggiamento di quanti se ne sentono immuni, come se riguardassero sempre gli altri: “Ah l’uomo che se ne va sicuro / agli altri ed a se stesso amico / e l’ombra sua non cura che la canicola / stampa sopra uno scalcinato muro!”.
I più sicuri di sé sono molti consiglieri regionali, i quali non si accorgono della loro fragilità (della loro ombra) se non quando un giorno si alzano e urinano sangue, allora cominciano a rientrare nei canoni della comune umanità. Fino ad allora, per loro è urgente ciò che fa consenso, non ciò che è giusto.
In questa gravissima situazione, ma si può pensare che sia una questione di vita o di morte lo stadio? Ma se ciascuno fosse messo a scegliere che cosa dichiarare più urgente tra la sua salute e uno stadio, quale sarebbe la risposta?
La mia posizione sugli stadi è nota.
Io non ci metterei un euro di finanza pubblica se non nelle strutture per le attività dilettantesche, quelle che concorrono davvero all’educazione e alla socialità. Lo stato dovrebbe investire nello sport come esperienza educativa, non nello sport come attività speculativa e manipolativa. Il calcio comprato dai petrodollari è la prospettiva del calcio delle televisioni. Ha ragione da vendere Zola.
Lo stadio sta alle masse come ci stavano i circhi massimi ai tempi dei romani. Oppio per il popolo. Oppio per oppio, ognuno si paghi il proprio.
Non conoscevo Massimo Cellino. Veniamo da mondi lontanissimi e diversissimi. Una cosa è certa: non inquinava. Apprezzavo la sua idea di ‘farsi’ uno stadio. Non chiedeva soldi, li metteva e ci guadagnava, come fanno gli imprenditori sani. Ricordo anche con quanto imbarazzo in Giunta regionale passasse ogni anno la delibera “Grandi eventi”, lo strumento giuridicamente collaudato per dare soldi alle squadre impegnate nei campionati superiori delle diverse discipline. Follie dello sperpero. Abbiamo i trasporti a pezzi, ma abbiamo le squadre in serie A! Tantissimi giovani e meno giovani non sanno fare nulla, non dicono e non leggono una parola di inglese, ma noi abbiamo le grandi feste, le sagre, la salsiccia, le danze e il vino. A noi il male fa un baffo!
Cellino non c’è più: è stato fulminato dal club dei fighetti dell’allora Palazzo di Giustizia.
Adesso c’è l’idea di dare area e milioni a un nuovo privato per un nuovo stadio, e intorno a questa questione si è acceso un interesse che occulta il dolore di quanti, in Sardegna, apprezzano andare allo stadio, ma prima vorrebbero che funzionassero i trasporti e le scuole, che funzionasse la sanità, che non si morisse come mosche, che non si vivesse senza speranza per l’errore tragico di aver promosso l’ignoranza al potere.
Mi capita sotto gli occhi, con ritardo colpevolissimo da parte mia, questo post. Credo di aver trascorso circa un quarto di secolo nella trincea informativa del famoso o famigerato, secondo le varie fasi, nuovo stadio del Cagliari. Ora che siamo arrivati al via libera definitivo – questione di poche settimane – ancora noto queste personali opinioni, lecite e rispettabili, mancanti però (sempre) di alcuni passaggi. Spero il titolare di cattedra mi perdonerà l’eventuale lungaggine.
1. Un progetto per un nuovo stadio, senza alcun intervento pubblico, è stato presentato fra il 2016 e il 2017. Prevedeva 23mila posti, con caratteristiche precise (in sintesi, ideale per le competizioni nazionali, insufficiente per quelle internazionali di primo livello), ed era autotostenuto con un centro commerciale (non alimentare). Il tutto secondo la legge dello stato numero 147 del 2013. Il costo dell’impianto, allora, era previsto in 80 milioni e tutti a carico del proponente.
2. A quel progetto, la società sportiva proponente (la stessa odierna) rinunciò su “esplicita richiesta delle istituzioni RAS e Comune di Cagliari” al fine di realizzare un altro progetto contenente strutture, soluzioni e normative in linea con le norme previste per la disputa delle competizioni internazionali di primo livello. Nello specifico, le gare del campionato europeo per nazioni del 2032 dato che le suddette istituzioni volevano candidare anche la città capitale della Sardegna. A fronte di tale cambio di programma l’impegno delle due istituzioni a compartecipare finanziariamente. Il progetto rifatto, che configurava 30mila posti e altre soluzioni come specificato, ha in un balzo toccato circa 120 di spesa. Con in più l’obbligo di ripartire da zero per quanto atteneva l’iter burocratico allora già avviato sul vecchio modello.
Ciò per chiarire una semplice considerazione. Se una istituzione fa una proposta del genere, parlare di finanziamento come se si trattasse di un semplice regalo è fuori dal contesto. Almeno da questo. Anche perché, pur non potendolo prevedere nessuno, due fattori successivi hanno fatto ulteriormente schizzare verso l’alto la cifra del prodotto finale, pandemia e guerra ucraina, causa la lievitazione incontrollata del costo dei materiali. E così si arriva a una previsione di spesa che tocca i 200 milioni. Per dire, oggi il proponente deve spendere 140 milioni di suo, quando ne avrebbe potuti spendere 80 in tutto, da solo.
A questo punto si possono fare delle valutazioni. Se si ritiene immorale o comunque ingiusto spendere dei soldi pubblici per uno stadio è legittimo farlo, posto che i fondi non arriverebbero dal capitolo della sanità e che se putacaso fossero risparmiati non andrebbero certo a sommarsi ai fondi per costruire ospedali. Ma questa è un’altra faccenda. Ciò che non può passare per normale, è che una istituzione (due in questo caso) impegni un privato a far qualcosa per addivenire a una sua richiesta, garantendo una quota di finanziamento, per poi sollevare obiezioni morali, di opportunità o altro. Tradotto: ci avrebbero dovuto pensare prima.
Concludo con un’ultima osservazione. Una simulazione fatta da un noto quotidiano economico, ha calcolato l’impatto nell’economia del posto e dell’hinterland laddove esiste uno stadio costruito con determinate modalità. Nel caso di Cagliari, un girone di Euro 2032 si stima porterà circa centomila persone in città, e calcolando soltanto quanto spenderanno fra ristorazione e alloggio, i comparti muoveranno un centinaio di milioni.
Ultimissima, e personale. Io me ne sarei cordialmente fregato di Euro 2032. Io ho sempre avuto come punto di riferimento l’idea degli impianti britannici (Londra è Londra, non Cagliari, ma di stadi ne conta quindici più Wembley e lo stadio Olimpico: non si tratta di impianti secondari) che costituiscono una “casa” del club, un luogo di incontro, un posto dove il sodalizio fa soldi commerciando, vendendo beni, servizi, oggetti. Il progetto che costa 50 milioni alla Ras e 10 al Comune di Cagliari, tutte queste cose le avrà ma in modo piuttosto diverso da come le avrebbe avute col primo progetto. Spero di aver dato, in ritardo e me ne scuso ancora, spunti di riflessione. Almeno, far capire che qui non si sta regalando niente a nessuno.
Caro Shaft, ma tu che hai paura di firmarti col tuo nome vorresti dare lezioni di correttezza di indagine? Io ho fatto un accesso agli atti sullo stadio. Lei? Lei su quali atti si basa? Mai inseguito i like, ma Lei non lo sa come tutti i rabbiosi convinti di sapere tutto. Servono o non servono cinquanta milioni di risorse pubbliche? Se non servissero, quale sarebbe il problema tra Truzzu e Solinas? Lei che si dichiara un anonimo e vigliacchissimo anonimo, conosce le carte e la storia del Sant’Elia? Io sì. Io lo avrei chiuso prima che si riuscisse a chiuderlo. Lei ha mai letto e analizzato quale era la proposta Cellino? Io sì. Quando vuole, in piazza però, in piazza, ci confrontiamo e vediamo chi è populista.
Alle volte essere sardi è veramente un limite, un peso, una disgrazia. Anzi, molto più che alle volte visto che cresci in un posto dove disfattismo, abulia, accidia sono talmente diffuse e insite nel DNA della regione che la prima cosa a cui pensi appena sei in grado di realizzarlo è scappare il più lontano possibile. Il sig. Manicchedda butta li una serie di luoghi comuni ad avvalorare la sua “tesi” che, solo per questo, andrebbe saltato a piè pari, ad iniziare dal mettere in contrapposizione la salute con il fare un’opera pubblica. Ehi Manicchedda, lo sai che la situazione da te ( non riesco a dare del Lei a uno che ragiona in si fatto modo) è tale nonostante NON CI SIA NESSUNO STADIO FATTO DALLA REGIONE? Non ti sei posto il problema che, forse, non è l’opera in se ma la normale gestione dei fondi pubblici sardi che è delittuosa? Tra l’altro la maggioranza dei fondi per la costruzione dell’opera sarebbe PRI VA TA!! Ma vogliamo raccoglierlo qualche like qua e la? E allora, populismo come se grandinasse e via
Le analisi possono essere legittimamente non condivisibili, tuttavia non mi pare di non sapere come stiano davverole cose.
C’è o non c’è una forte pressione perché la Regione conceda un contributo di diverse decine di milioni di euro? C’è. Punto.
L’analisi è lacunosa e non condivisibile, e pare orientarsi verso il mega progetto del PreS Reg.
Lo stadio finora è stato costruito Giulini.
Il progetto prevede un nuovo e più ampio stadio in luogo del vecchio Sant’ Elia, che è comunale , la cui Demolizione, smaltimento, etcetc ha un costo importante del quale si farebbe carico il Cagliari calcio o meglio la.società che si aggiudecherebbe l’appalto, da cui l’apporto della Regione, oggi negato.
Mi chiedo ma perché qualcuno dovrebbe spendere diverse decine di milioni di euro x il rudere di proprietà pubblica?
E poi lo stadio, significherebbe anche Co certi e Cagliari non ha un luogo estivo dove organizzare un evento sportivo di livello , che porta pubblico,turismo….ah già per quella materia c’è l’assessore!
Credo che il Signor Giorgioni stia facendo un po’ di confusione. La puntata di Report nella quale veniva intervistato Cellino, riguardava le plusvalenze fittizie. Altro discorso è la costruzione dello stadio a sue spese, cosa per la quale non si può non essere d’accordo con quanto scritto dal Signor Maninchedda
Caro Francesco Giorgioni, non so chi tu sia ma sicuramente si capisce che non sei di Cagliari in quanto ignori chi sia Cellino. Non credo che tu abbia mai fatto donazioni durante la Pandemia per respiratori per centinaia di migliaia di euro che hanno salvato vite umane. Inoltre,se ti basi solo su Report,beh, Cellino ha fatto audience anche con te😂. Mi dispiace ma prima di parlare ti devi documentare
Vero Francesco e hai fatto bene a ricordarlo. Non intendevo beatificare nessuno.
Ci sono priorità. Che non sono i soldi. La sanità è un bene comune, dilapidato. Solo un mutamento nel pensare e sentire di tutti imporrà il ripristino della sanità pubblica.
Vorrei sommessamente ricordare che Cellino, in una puntata di Report andata in onda un paio di mesi fa, ha raccontato di aver bruciato un numero imprecisato di faldoni trovati negli uffici della Lega calcio al suo insediamento da presidente del governo calcistico, essendo quei documenti rivelatori di una condizione di diffusa illegalità del calcio sul piano fiscale.. Lo stesso Cellino, tra grasse risate, ha aggiunto che il giorno dopo la sede venne visitata dalla Gdf che, testuale, “non trovò un cazzo”.
Mi si potrà far presente che questi fatti sono ormai coperti da prescrizione e nessuna magistratura può più intervenire sulla distruzione di quei documenti. E allora io rispondo che il fumo liberato da quei documenti avrebbe dovuto quantomeno sviluppare un minimo di indignazione e forse qualche approfondimento nella società civile sarda, di cui magari avrebbero dovuto farsi interpreti i quotidiani dell’Isola.
Invece, zero.
Cellino avrà certo tanti nemici, ma ha avuto anche tanti amici che gli hanno garantito un’impunità incredibile anche su misfatti che lui stesso ha confessato spontaneamente.
Esattamente così
… cosas de irbariados, furriados de cherbedhu, ‘naturales’ (salvu su pàrrere demogratzia o “dialettica” demogràtica) in d-unu manincómiu o in d-unu campu de cuncentramentu nazista chi poniant sos presoneris a s’iscavare sa fossa e fàghere triballos chentza sensu perunu (tipu su leare materiale de unu logu a s’àteru e torrare a ue fit prima e sighire goi), chentza sensu salvu cussu chi… chie cumandhat faghet leze e zughet su “malloppo” de su dinari in manos.
Tiant pòdere però cumprèndhere su bisonzu e lassare su machine.