A breve organizzeremo un piccolo convegno (con annessa riflessione enogastronomica) su questo argomento: Il sardismo dopo Solinas.
Che ci sia per il sardismo latamente inteso, un prima e un dopo delimitato da questa esperienza di governo, mi pare indiscutibile.
Solinas ha abbandonato tutte le questioni storiche del sardismo moderato, quello autonomista, cui lui si iscrisse.
Ha fallito sulla continuità territoriale aerea e marittima.
È stato ed è inesistente sulle servitù militari (in questi giorni nel Cagliaritano a momenti non si può uscire col gommone).
Non è neanche censito come esistente in vita nella questione fiscale.
Ha tradito sulla questione energetica, facendo diventare la Sardegna il backstage della Sicilia (in questo, ben supportato dalla sottosegretaria Todde, della quale si sono accorti alcuni paeselli della provincia di Nuoro per qualche contributino ma soprattutto l’Enel, la cui proprietà e il cui vantaggio per il possesso della centrale idroelettrica sul Taloro si sono enormemente rafforzati).
Solinas non sa che cosa sia la Nazione Sarda (se lo abbia chiarito nella sua tesi di laurea non è dato saperlo, per la sottrazione alla consultazione che viene ancora garantita dalle autorità (?) accademiche turritane a questo delicato libello). Invero, non lo sa neanche il Pd ed è bene ricordare che questo tema sta sul tavolo dall’ultima competizione elettorale. Noi, con pazienza, attendiamo chiarimenti e discussioni, ma non spallucce.
Ha trasformato la questione della lingua nella questione dei contributi per le associazioni che se ne occupano. E da qui vorrei partire, perché questa è la vera cifra del buon Christian.
Christian (lo dico io che sono stato suo compagno di banco in Consiglio regionale e gli ho creduto, ahimé, nelle fasi preparatorie della campagna elettorale del 2019) è un ottimo orecchiante culturale, assimila il meglio di ciò che ascolta perché questo gli risparmia la fatica del lavoro, politico e culturale, che non sembra amare.
Orecchiando ha imparato un’arte che a me sfugge: saper vellicare il peggio di ogni persona e usarlo per governarla.
Tra le debolezze umane, l’anelito per il denaro è per molti (non per tutti) irresistibile, e Christian lo sa.
E quindi il neo-sardismo di Solinas, orientato a tenere tutto nella placida quiete delle acque morte, che cosa ha messo in campo per evitare che la naturale propensione dell’animo umano alla libertà potesse illuminare la radicale assenza di idee della sua politica e i danni, gravi, che ne derivano?
Christian ha inventato l’omnibus.
L’omnibus è il figlio illegittimo dei collegati alla Finanziaria, a suo tempo teorizzati per impedire che le leggi Finanziarie della Regione Sardegna si trasformassero da leggi di sistema (di cui c’è tanto bisogno) in sistemi di elemosina a privilegiati con relazioni esclusive con i consiglieri regionali, ma lentamente trasformati in contenitori di cortesie a pioggia (con buona pace della magistratura che ogni tanto alza il ditino e scopre che il tal emendamento era ad personam, ohibò!). È parente dell’omnibus l’incarico sotto soglia, vero assegno circolare di questa legislatura.
L’omnibus è l’elemosina del re e dei suoi cortigiani.
L’omnibus è il nuovo manifesto sardista: non il riscatto di una nazione, ma la concretezza personale di una rendita, di una pensione.
E qui mi fermo, ricordando uno dei miei autori preferiti, l’azionista Ennio Flaiano, mal sopportato dall’establishment einaudiano del secolo scorso. Flaiano, dinanzi all’ipotesi di una Roma irrimediabilemnte corrotta, scrisse (prima sul Mondo e poi ne La solitudine del satiro): «Roma città corrotta? Non credo: troppi impiegati. Sarebbe una corruzione fondata sull’anticipo degli arretrati, su una ferma richiesta di aumenti e sull’anticipo della liquidazione. Ed è mai possibile».
Per Cagliari è possibile. Basta un omnibus.
Il problema è che nessuno dice che queste rendite non possono essere garantite a tutti, ma solo ad alcuni, e che la maggioranza delle persone ne resta priva e viene condananta a vivere precariamente e in miseria. Ma come riuscire a spiegarlo al ceto dirigente di certi partiti di Sinistra che vive di rendite di Stato da troppo tempo? Christian conosce questo angolo occulto dei suoi oppositori e lo usa sapientemente. Per questo servirebbe innovare le rappresentanze istituzionali legate a lunghe carriere: bisogna evitare il detto sardo crobu cun crobu non s’inde oga s’ogru. Bisogna mandare esseri umani a fare le leggi, non pennuti abituati a essere pasciuti dal capo del pollaio.
Quello che Solinas rappresenta e mette in atto, a mio modo parere, non è neo-sardismo bensì non-sardismo. Il fare e non fare di Solinas ha marcate similitudini con le vicende di cui ha scritto Leonardo Facco nel libro intitolato “Umberto Magno”.
Ma perché i consiglieri di “opposizione” e i consiglieri di “maggioranza e di buona volontà” non prendono finalmente una decisione netta contro Solinas e la sua giunta che mattina pomeriggio e sera lavorano a distruggere il poco di tessuto (sardo?) rimasto?. Ognuno di voi – secondo proprie conoscenze e sensibilità – troverà sicuramente riscontri. Cosa c’e sotto? E se non ora quando? Quanto ancora possiamo rimanere imbelli davanti a tanta devastazione?
Senza tanti giri di parole, una fotografia nitida e chiara di una legislatura disastrosa per il futuro della Sardegna.
E c’è anche qualcuno dell’opposizione (?) che riesce ad affermare pubblicamente: “Solinas è capace, sono gli assessori incapaci…”
Dichiarazione che fuga qualunque dubbio sul concetto di buona politica di una parte del nostro attuale ceto politico.
La sensazione di scivolare inesorabilmente verso una serie B sociale, culturale ed economica, non è solo metafora calcistica.