Si legge oggi sui giornali di posizioni differenziate tra consiglieri regionali del Pd sulla legge regionale sulle province. Il caso vorrebbe che a difenderla siano due onorevoli i cui collegi elettorali stiamo all’interno di una provincia nella quale il commissario che la amministra, voluto da questa amministrazione regionale di Destra, sia del Pd.
Sommessamente, vorrei dire ai consiglieri regionali di opposizione che il cinturamento difensivo delle poche poltrone rimaste in capo al Pd è dannoso, quando anche possa apparire vantaggioso.
Il tema politico è: che cosa è oggi il Pd?
La risposta è: un partito senza dottrina, cioè senza visione della politica, dello Stato, della persona.
La sua identità è data per simmetria: il Pd non è la Lega.
Ma attenzione, il Pd è un partito nazionalista, lentamente, soprattutto sotto Napolitano, è diventato la vestale dell’attuale struttura dello Stato, è diventato il custode dei suoi simboli, aprendo così la strada (esattamente come accadde un secolo fa) a quel gruppo di esaltati di destra che Fini aveva confinato nelle sezioni di An di Colle Oppio a Roma, ma che oggi guida Fratelli d’Italia. Il nazionalismo conservatore, un po’ giolittiano, del Pd, sta al nazionalismo popolare degli stadi di Fratelli d’Italia, come Giolitti stava a Mussolini. Sappiamo come andò a finire: il primo era notevolmente più capace del secondo, ma la sua presunzione e il suo funanbolismo, rese il secondo incomparabilmente più forte di lui.
Altro tema politico è: che cosa è oggi Massimo Zedda?
Anche qui contano i fatti.
Non è il leader dell’opposizione, perché questo ruolo gli è negato da tutte le forze politiche diverse dalla sua.
Zedda non ha una visione, un progetto, una cultura da proporre.
Tenta di rappresentare, anche lui, un’identità di posizione, cioè il luogo nel quale dovrebbero confluire tutti quelli che sentendosi progressisti non si riconoscono nel Pd.
Ma questa ambizione ha almeno altri due concorrenti: Liberi e Uguali, che con Zedda non ha proprio rapporti idilliaci, e, soprattutto, il Movimento Cinque Stelle, che per quanto acciaccato e confuso, non vuole farsi digerire dall’ex sindaco di Cagliari.
Il Pd non ha rapporti con il mondo indipendentista, post autonomista e federalista che oggi in Sardegna, per quanto disperso fino alle dimensioni molecolari, potrebbe fare la differenza alle prossime elezioni o alleandosi a Sinistra o andando avanti da solo.
In questo quadro disperato e tale per cui se Solinas fosse quello che non è, cioè un uomo coraggioso, cioè andasse a elezioni anticipate, rischierebbe di rivincerle per stato confusionale degli avversari, l’idea di salvarsi con le piccole cose, soprattutto gli impieghi e gli incarichi, le promozioni e i lavori a 39.999 euro che possono dare le cosiddette province è veramente da pazzi o da disperati. Io capisco che ci siano persone che senza l’assegno dell’attività politica non riuscirebbero a sbarcare il lunario; capisco che la politica ha un tratto di ferocia che cambia i connotati a tante brave persone e fa crescere loro i canini anche quando ne sono sguarnite dalla nascita, ma pensare che con i piccoli favori e i piccoli impieghi ci si salvi è veramente folle.
Guardate la sanità di Oristano.
La magistratura, abboccando a un teorema della Polizia giudiziaria, che a sua volta ha inghiottito l’esca della maldicenza e si è fatta riempire di pettegolezzi (molto spesso ben cucinati in templi massonici) piuttosto che di prove, ha distrutto una riforma strutturale della sanità oristanese fatta dalla gestione Meloni e Porcu.
Le caratteristiche principali di questa gestione riformista erano: l’emancipazione della condizione ancillare della sanità pubblica da quella privata (adesso invece il rapporto è nuovamente a favore della privata); la difesa dell’autonomia gestionale dalle interferenze politiche (cosa che invece è negata dall’inchiesta Ippocrate per affermare esattamente il contrario).
Il disegno di allora era costruire un pezzo di Stato (sardo) efficiente, non una macchina degli impieghi. Tutte le rilevazioni indipendenti confermarono che ci si era riusciti.
Distrutto il processo riformatore e triturate le persone che avevano concorso a difenderlo e costruirlo, si è tornati alla politica del presidio millimetrico degli impieghi. Risultato? Distrutta la sanità oristanese.
Allo stesso modo se il Pd non si emancipa da queste piccole politiche del controllo dei microbi provinciali purché siano microbi suoi, sfascerà ciò che rimane di buono dello Stato (sardo), preparando la strada non ai leghisti, che al potere ci sono già e stanno mostrando in Sardegna quanto siano inadeguati e incompetenti, ma a Fratelli d’Italia, cioè ai prepotenti incravattati, a quelli che studiano come si passò un secolo fa dal manganello allla cravatta e al cappello e come si può passare oggi dalla piazza al controllo di Carabinieri, esercito, finanza, infrastrutture. Chiaro il quadro?
Se infine serve capire come rimettere insieme i cocci, allora il Pd deve accettare di rivedere quella folle posizione di negazione della Nazione Sarda che espresse durante l’ultima campagna elettorale. Occorre riaprire il cantiere delle grandi opere culturali, non chiudere le buche dei cantieri provinciali.
Magistrale Paolo
La descrizione dell’attuale situazione politica italiana è lucida e condivisibile. Se spostiamo il fuoco dalla sinistra alla destra la situazione è peggiore. Questa è la ragione per cui è essenziale che un PD che non riesce più a proporre uguaglianza sociale, diritti civili, progresso nel rispetto di natura e uomini, è meglio di chi si lascia guidare dai sondaggi e prova slogan senza contenuti.
Nella mia pochezza, penso che i movimenti indipendentisti sardi hanno perso allo stesso modo i loro principi e valori. C’ è un nostro spazio nella storia che possiamo e dobbiamo difendere dentro il grande movimento globale. È uno spazio culturale che ci potrebbe rendere esempio. Non lo si conquista con il piccolo cabotaggio, ma con l’essere indipendenti di giudizio.
Una luce si è accesa sul futuro.
Non siate ciechi.
Sos “PD” (ca chistione solu personalística est!) ndhe depent essire de sa gàbbia “PD”, si no bi sunt pro afariedhos e contos de segamigasu personales (issoro e de àtere) in númene de… (de ite?!) e garrigare in prenu diritu e dovere de libbertade e responsabbilidade personale e colletiva de sa natzione sarda in s’Europa e in su mundhu de oe, sinono prus de unu “PSd’Az” partidu sardu regionalista italianu no podent èssere, a parte sa craresa de su èssere partidu nazionalista italianu in autostrada e a locomotiva prus forte.
Est sa fune de s’impicu sa chi depent segare!