(Pubblicato il 6 dicembre a p. 41 dell’Unione Sarda) La risposta data ieri dal Procuratore della Repubblica di Oristano («Non ho tempo») alle domande dell’Unione Sarda, che hanno preso spunto da un mio intervento, merita un breve commento.
È vero: un procuratore non dovrebbe avere tempo per il dibattito pubblico. Egli agisce e parla in giudizio.
Peccato che sia stato lo stesso Procuratore a scegliere di rivolgersi all’opinione pubblica con una clamorosa conferenza stampa il 3 ottobre scorso rispetto a sue specifiche indagini.
È curioso non avere tempo per le domande pubbliche e averlo trovato per le accuse pubbliche.
Il tema generale, però, al di là delle scelte individuali, è quello del rapporto tra giustizia e informazione.
Non è materia non regolata, anzi.
Il Consiglio Superiore della Magistratura ha varato l’11 luglio del 2018 le sue Linee-guida per l’organizzazione degli uffici giudiziari ai fini di una corretta comunicazione istituzionale cui tutte le Procure dovrebbero attenersi.
Vi si legge che le conferenze stampa devono svolgersi in modo che sia «assicurato il rispetto della presunzione di non colpevolezza; va dunque evitata, tanto più quando i fatti sono di particolare complessità o la loro ricostruzione è affidata ad un ragionamento indiziario, ogni rappresentazione delle indagini idonea a determinare nel pubblico la convinzione della colpevolezza delle persone indagate».
Può onestamente affermare il Procuratore di Oristano che la sua comunicazione pubblica non abbia determinato nel pubblico la convinzione della colpevolezza delle persone indagate?
Si può obiettare che l’ordinamento consente a chi ritenga che quanto disposto dal CSM sia stato violato di rivolgersi al Procuratore Generale presso la Corte di Cassazione, ma cosa può fare una persona normale quando pressoché tutti gli avvocati sconsigliano di farlo per evitare di dare la sensazione che si voglia intralciare le indagini e venire così arrestati?
Occorre dunque aspettare, subire la gogna, mettere da parte le carte per le future cause per danni, ma nel frattempo subire.
Ecco, il tempo: che fare quando si rileva che l’ordinanza di custodia cautelare illustrata in conferenza stampa mostra che le indagini sono cominciate tra dicembre 2016 e gennaio 2017 (pagine 10 e 14 dell’Ordinanza) e tre anni dopo hanno determinato degli arresti? Quanto si immagina che dureranno le indagini preliminari, che già hanno accumulato tre anni? Altri due?
E dunque, ciò che viene platealmente affermato è il tempo infinito dell’accusa, pubblica, e il tempo procrastinato e compresso della difesa, in giudizio. C’è chi di fronte a tutto questo tace per paura.
Tanti, tantissimi. Chi invece combatte. Trovi il tempo, il Procuratore, se non per parlare, per rifletterci.