Il governo italiano trattiene qualcosa come 3 miliardi di euro di accantonamenti della Sardegna. La manovra del Governo della Lega e dei 5 Stelle appena varata, esattamente come i precedenti governi, non restituisce nulla di questo bottino, anzi, usa i soldi degli accantonamenti sardi per un gioco di prestigio sul condono fiscale.
La prepotenza La manovra appena varata non diminuisce in alcun modo il potere di prepotenza dell’Agenzia delle Entrate, che in Sardegna è più attivo e incidente che altrove. L’Agenzia delle Entrate non applica l’art. 41 della della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, intitolato “Diritto ad una buona amministrazione”, che recita: «Ogni persona ha diritto a che le questioni che la riguardano siano trattate in modo imparziale ed equo ed entro un termine ragionevole […]. Tale diritto comprende in particolare: a) il diritto di ogni persona di essere ascoltata prima che nei suoi confronti venga adottato un provvedimento individuale che le rechi pregiudizio …». In Sardegna il contribuente che dichiara è sospettato a prescindere.
I privilegiati L’Agenzia delle Entrate Italiana non nasconde un dato a dir poco incredibile: i suoi accertamenti sono rivolti a chi presenta la domanda dei redditi. Chi non la compila viene lasciato tranquillo. In questa Italia della retorica, delle chiacchiere dei prestigiatori, chi dichiara e paga le tasse è sospettato a prescindere di essere un evasore, chi è un evasore totale vive giorni più semplici. In questo quadro, i regimi fiscali agevolati per le partite iva che stanno sotto un fatturato di 60000 euro sembrano il vischio per gli uccellini.
La beffa Il condono, la celebre pace fiscale, ha un funzionamento da trabocchetto di secondo grado. Sentite questa: “Per ridurre il contenzioso, si potranno inoltre sanare le liti con il fisco pagando senza sanzioni o interessi il 20% del non dichiarato in 5 anni in caso di vittoria del contribuente in secondo grado (o il 50% in caso di vittoria in primo grado)” (Sole 24ore). E dunque, se io ho vinto in secondo grado, e quindi avevo ragione io rispetto a un accertamento dell’Agenzia delle Entrate, e cioè non avevo nascosto nulla, cioè non avevo ‘non dichiarato’, se non voglio ulteriori fastidi, pur avendo ragione, pago il 20%. Viceversa, se ho avuto ragione in primo grado, posso evitarmi il contenzioso ulteriore, pagando il 50% (cioè, pur avendo avuto ragione, pago la metà di ciò che mi ha contestato l’Agenzia delle Entrate). Questa è l’Italia che canta l’Inno di Mameli a petto in fuori.