Finalmente, dopo tante premesse, dubbi e distorsioni temporali, si può cercare di fare luce sull’architettura istituzionale del disegno di legge “Norme urgenti per il rilancio delle attività di impulso, coordinamento ed attuazione degli interventi della Giunta regionale e di riorganizzazione della Presidenza della Regione. Modifiche e integrazioni alla legge regionale 7 gennaio 1977, n. 1, alla legge regionale 26 agosto 1988, n. 32 ed alla legge regionale 13 novembre 1998, n. 31”.
Ricordiamo, giusto per non dire che la memoria è un inutile orpello come si vorrebbe a Villa Devoto, che il Presidente Solinas, nelle sue dichiarazioni programmatiche rese davanti al Consiglio Regionale il giorno 8 maggio 2019 (giusto 43 giorni dopo la sua proclamazione a Presidente, caso mai uno avesse il dubbio che i ritardi riguardano solo le delibere e i disegni di legge…), in mezzo a tante citazioni, proclama: «Dobbiamo definire la forma di governo e riformare conseguentemente gli assetti organizzativi della Regione, sia per la direzione politica che per la struttura burocratica, partendo dal superamento della legge regionale numero 1 del 1977 e dalla legge regionale 31 del 1998».
Bene, direte voi, lo ha preannunciato solennemente nel suo programma di Governo e adesso lo mette in pratica con questa, travagliata, proposta di legge. Evviva!
Farà tabula rasa dell’odiatissima Legge regionale n. 1 del 1997 che da 43 anni ancora scolpisce nella pietra della legge, rigidamente, i compiti della Presidenza e degli assessorati. Capolavoro di frazionamento e ripartizione dei poteri gestionali in capo all’Amministrazione regionale: si narra che fu scritta seguendo, pedissequamente, un manuale Cencelli profumato al mirto di Sardegna, per ripartire capitoli di bilancio e capacità di spesa tra i diversi Assessorati, per accontentare un po’ tutti e non far prevalere nessuno.
Non c’è legislatura, almeno negli ultimi 25 anni, nella quale il Presidente eletto non abbia preannunciato il “de profundis” di questa norma, superata dai tempi e dai fatti, ma poi, i Presidenti sono passati, e la legge n.1 del 1977 è sempre lì.
Solinas, che fa?
Anch’egli proclama e preannuncia il superamento della norma reietta, ma in realtà, nella sua proposta urgente di rilancio e riorganizzazione, compie un mezzo miracolo: non solo non la abroga, ma neanche la modifica, anzi la applica!
E la applica nella parte che, per 43 anni, tutti si sono ben guardati da attuare.
Ecco lì: vorrebbe essere innovatore, ma non riesce.
Non può resistere alla sua vera vocazione: la Restaurazione dell’Ancien Regime regionale.
Allora, Solinas e la Giunta (inconsapevole?), deliberano di dare attuazione all’istituzione dei dipartimenti, quali «strutture sovraordinate di attuazione dell’impulso politico, di coordinamento e controllo delle direzioni generali afferenti ai rispettivi assessorati».
In sostanza istituiscono delle nuove sovrastrutture, con buona pace della invocata semplificazione, che sono sovraordinate alle diverse direzioni generali che stanno nei diversi assessorati. Quindi ci sono direttori generali e super direttori, chiamati direttori di dipartimento.
Come previsto nella L.R. n.1/1977, vengono istituiti tre Dipartimenti, così organizzati:
- Dipartimento della programmazione, che sovraintende le materie dei seguenti Assessorati: Bilancio, Programmazione e assetto del territorio; Affari generali, personale e riforma della regione; Difesa dell’Ambiente; Enti locali, finanze ed urbanistica.
- Dipartimento degli interventi produttivi, che sovraintende le materie dei seguenti Assessorati: Agricoltura e riforma agropastorale; Industria; Lavori pubblici; Turismo, artigianato e commercio:
- Dipartimento degli interventi sociali, che sovraintende le materie dei seguenti Assessorati: Igiene e sanità; Pubblica istruzione, beni culturali, informazione, spettacolo e sport; Lavoro, formazione professionale, cooperazione e sicurezza sociale; Trasporti.
Se il lettore ha avuto la pazienza di arrivare fino a qui, probabilmente si chiederà quale essere senziente, dotato di un minimo di buonsenso, possa aver pensato di far coordinare dalla stessa sovrastruttura, questa sì burocratica, materie così diverse e lontane tra loro, che necessitano invece, ognuna singolarmente, di enormi sforzi per evitare di essere travolti dalle emergenze quotidiane.
Diventa un esercizio quasi stucchevole, qui, evidenziare l’incongruità e illogicità di un Dipartimento che mette insieme le problematiche della tutela dell’ambiente, con la gestione di tutto il personale regionale; o quello che mette insieme le problematiche del prezzo del latte ovino, con la battaglia quotidiana per far rispettare gli impegni di ANAS a realizzare le strade; o come si possa pensare che si possano coordinare gli immensi problemi della sanità pubblica con il dramma della continuità territoriale.
Ma si può?
Certo che si può, basta piegare il buonsenso e la logica all’idea assolutistica, da Ancien Regime appunto, dell’esercizio del potere da parte del Presidente.
E anche certo che, se ci fosse una Giunta composta da Assessori attenti e coscienti del loro ruolo e meno preoccupati di perdere l’instabile cadreghino, quella delibera non l’avrebbero approvata mai, per l’ovvio motivo che, se applicata, ne depotenzierebbe il ruolo o, addirittura, li renderebbe semplici addobbi della corona del Re Presidente.
Cerchiamo di dare una lettura organica di questo art. 2.
Il Presidente, come è noto e come avviene dal 2004, sceglie, certamente dopo un confronto con le forze politiche che costituiscono la maggioranza di governo, e nomina gli Assessori con un proprio decreto.
Gli Assessori, qualora fosse sfuggito ai più, non sono eletti dal Consiglio regionale come avveniva prima, ma sono nominati con un decreto dal Presidente.
Quindi, sono emanazione diretta della sua potestà di nomina e, in ragione di ciò, possono essere revocati con un altro, banale, atto amministrativo.
Secondo le leggi vigenti, gli Assessori sono preposti agli specifici rami di amministrazione ed esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi e i programmi da attuare da parte delle Direzioni generali dei rispettivi assessorati.
Chiaro.
Ma adesso il Presidente Solinas, il primo in 43 anni, decide di istituire i Dipartimenti, che abbiamo appena descritto, i quali dipendono direttamente dallo stesso Presidente che nomina, con proprio decreto (anche questi!) i soggetti chiamati a svolgere le funzioni di Direttore di Dipartimento: quindi, per chiarezza, strutture e direttori che sono diretta espressione del Presidente.
Cosa fanno questi Direttori di Dipartimento?
Leggiamo il comma 5 dell’art. 2 del disegno di legge: «i direttori di dipartimento svolgono compiti di coordinamento, direzione e controllo degli uffici di livello dirigenziale generale… e sono responsabili dei risultati complessivamente raggiunti in attuazione degli indirizzi e delle linee programmatiche del Presidente».
Quindi, traduciamo in fatti, le disposizioni ai direttori generali degli assessorati, li impartisce il direttore del dipartimento, che, guarda caso, ha anche il potere di «proporre al Presidente (e solo a lui) l’adozione di provvedimenti di revoca degli incarichi di direttore generale».
E allora, gli Assessori? Che fanno? Una cippa!
Secondo voi, un “povero” direttore generale, seguirà le direttive del proprio Assessore o piuttosto quelle del Direttore del Dipartimento?
Avrà più rispetto (paura, no, è troppo brutto) dell’autorità dell’Assessore o piuttosto del Direttore di Dipartimento che, se gli gira, lo fa “saltare in aria”?
L’impressione è che il “povero” direttore generale finisca come l’asino in mezzo ai suoni: non saprà da che parte girarsi, per evitare le legnate, e quindi rimarrà fermo. Magari dondolante, ma fermo e con lui tutta l’amministrazione.
Questo spiega il perché, nella “saggezza” lunga dei vecchi politici, a questa parte della L.R. n.1 del 1977 non sia mai stata data attuazione: dividere e spezzettare il potere si, ma paralizzare l’attività amministrativa, no!
Invece Solinas, anelante un potere assoluto ma mediato, esplicito ma senza responsabilità, episcopale ma pretesco, colpevole ma sempre pentito, attraverso un “golpe bianco” (colpo di stato senza l’uso della forza) facilitato da una Giunta prostrata dalla pigrizia e da una maggioranza (Consiglio) in cerca d’autore, costruisce la Giunta vera, tutta sua, confusa e accentrata al punto giusto, ma soprattutto diversa da quella apparente, dedicata alle rendite politiche.
Nel giorno in cui:
– il mondo delle campagne ha dato lo sfratto all’assessore dell’Agricoltura;
– l’Assessore dell’Ambiente si prepara a far bocciare dal Servizio Valutazioni Ambientali il Piano Mancini (perché la politica deve nascondere le sue impronte digitali) in nome del fatto che la stessa Regione non saprebbe dove mettere i materiali di riporto delle vasche di laminazione (ovviamente non vi è alcuna connessione con le posizioni assunte in campagna elettorale, e premiate dall’elettorato, dal sindaco di Olbia, perché tutto è tecnico. Meno tecniche saranno anche le alluvioni che verranno, ma questa volta chi lascerà senza protezione Olbia e butterà a mare 165 milioni di euro non potrà non lasciare tracce. A noi basta questo. Non sarà possibile mischiare l’identità di chi ha cercato e predisposto gli atti per proteggere Olbia e lo ha fatto rispettando chi la pensava diversamente, ma sempre portando avanti gli atti, con quella di chi, invece, ha ritenuto di non far prevalere la protezione della città su qualsiasi cavillo amministrativo che poco o niente hanno a che fare con la protezione idraulica. Tutto è talmente chiaro che ogni mano lascerà le impronte digitali);
– il Pd, alleato della Lega e del Psd’az a Roma e finto avversario in Sardegna, ha evitato che il governo impugnasse la norma sanatoria sui dirigenti regionali;
– il Qatar ha per l’ennesima volta smentito il Presidente della Regione, che su aerei, continuità territoriale e segreto istruttorio sta costruendo l’ultimo strato della sua Millesfoglie (con molta aria e poca crema);
– chiunque si ammali in Sardegna deve andare fuori a curarsi perché stiamo precipitando nell’incapacità generalizzata;
– noi ci impegniamo a star fuori da questo pantano, a vivere eremitici, a non candidarci a niente, ma liberi di testa, di tasca e di cuore, e a continuare a dire la verità.