I partiti dell’attuale maggioranza stanno stringendo un nuovo patto di legislatura.
Mi pare una notizia che ha una conseguenza definitiva: gli stessi partiti andranno insieme alle prossime elezioni regionali. A questo punto, tutta la diplomazia che ha intossicato largamente e sotto banco questa legislatura, giustificata ufficialmente dal tentativo di sottrarre alcune forze all’attuale maggioranza, ma praticata realmente a suon di emendamenti ad personam (alcuni, anche recenti, di sicuro imbarazzo anche rispetto all’impunità loro garantita dalla magistratura a fronte degli arresti per il presidente della Commissione Bilancio) va inevitabilmente a farsi benedire.
In pochissime parole, Oppi, i Riformatori e soprattutto il Psd’az vivranno insieme questa coda di legislatura e morranno o rivivranno insieme la prossima.
È pura fantasia quella che si legge oggi sull’Unione sulla ricandidatura di Solinas.
Il presidente in carica farà così: si candiderà da Presidente al Parlamento italiano, perché può farlo. Le elezioni si svolgeranno a maggio-giugno 2023, otto mesi prima della scadenza maturale della legislatura regionale. Se risulterà eletto, tergiverserà qualche mese prima di procedere a dimettersi per l’incompatibilità tra le due cariche. Se dovesse riuscire ad arrivare a dicembre (cosa non difficile essendoci l’estate di mezzo) le elezioni regionali si svolgerebbero a scadenza. Il centrodestra troverà un nuovo candidato.
Il centrosinistra, che ha attenuato l’opposizione fino ad annullarla in cambio di emendamenti di favore e vaghissime speranze di rottura, non ha più campo per la sua strategia dell’adescamento prolungato. Il padrone del circo ha rinnovato i contratti a tutti, comparse comprese.
Il centrosinistra ha il problema del vuoto di idee che lo sta caratterizzando e dei conflitti interni al Pd. I conflitti nascono dall’insufficienza degli spazi disponibili (anche per la cretinata commessa di ridurre il numero dei parlamentari) rispetto alle ambizioni in campo. Il Pd ha i seguenti problemi: se conferma gli uscenti (Gavino Manca e Romina Mura) lascia disponibile a nuove candidature un solo posto, insufficiente per gli equilibri del Pd, perché vi è più di un consigliere regionale che ambisce ad essere riconosciuto come meritevole di andare nel Parlamento italiano.
Alla composizione di questo puzzle concorrono anche le ambizioni per la presidenza della Regione. Al sud è sempre in campo la candidatura di Comandini (disponibile a considerare anche una candidatura in Parlamento), al nord è sempre in campo la candidatura di Silvio Lai. Ma su tutti aleggia Romina Mura, che avrebbe dalla sua la novità della candidatura di una donna, nonché l’appoggio del segretario nazionale Letta e dei Soriani in Sardegna. Sotto banco lavora il sindaco di Nuoro Andrea Soddu, il sindaco dei cori, sostenuto da Pietrino Soddu e da tutto il vecchio mondo democristiano, che è sempre contento di chi per temperamento è tiepido da andar bene per ogni stagione e programmato, da educazione e calcolo, in modo da non dare fastidio a nessuno.
Tutte queste candidature hanno diritto di esistere e di combattere.
Il Pd non ha però alcun diritto di mummificare la politica sarda su queste tensioni interne, né dovrebbe avere il diritto di imporre il candidato a una coalizione che per vincere dovrebbe raccogliere il doppio dei consensi che oggi il Pd sulla carta esprime.
Inoltre, tutti questi discorsi hanno un che di stantio, di vecchio, di superato.
In giro si coglie una drammatica nuova sensazione: i bisogni crescono, i redditi sono bloccati, le tariffe aumentano, lo sviluppo arretra, la Sardegna, in assenza di una cultura nazionale, si frantuma e non vi è in campo una visione che restituisca speranza.
Come legare la rinascita delle idee con un rinnovamento anche degli uomini e delle funzioni?
Giacché si ha tempo, bisognerebbe avviare una stagione di confronti che porti a primarie molto aperte, con candidati contrapposti su base programmatica non su base reddituale e previdenziale (cioè sulla base della retribuzione delle funzioni politiche e sulla costruzione della giustamente agognata pensione).
Io rimango dell’idea, non dogmatica, che il prossimo presidente della Regione debba rappresentare principalmente tre aspetti: onestà (non nel senso del certificato del casellario giudiziale per dare soddisfazione ai magistrati dall’arrestino facile, ma nel senso dell’intelletto, che deve essere onesto per rappresentare una politica diversa da quella aleggiata intorno a questa Giunta), competenza e novità.
Perché non proviamo a fare, in una logica di coalizione, ciò che non si riesce a fare dentro i singoli partiti? In primo luogo, proviamo a discutere apertamente.
In secondo luogo, togliamo le candidature dall’ombra (l’ombra ammuffisce).
In terzo luogo, leggiamo i programmi: più sono generici e fumosi, più vanno cestinati. Il prossimo presidente deve sapere cosa fare e come farlo nei primi sei mesi del suo mandato, diversamente fallirà.
In quarto luogo, competiamo sportivamente. Non è un delitto confrontarsi con civiltà ed è un’attività migliore dell’inedia e della guerra di posizione.
Riprendiamo a scrivere, a parlare, a schierarci dentro regole condivise. Apriamo realmente il confronto. Quanto più sarà aperto e civile, tanto più sarà attrattivo. Il tempo c’è.
Professore, lei parla da statista e mostra la bellezza di un quadro, scelga lei l’autore, a persone affette da daltonismo e miopia. Spero vivamente di sbagliarmi.
L’inattività e il silenzio dell’opposizione sono sintomo di colpevole indifferenza. Questo per me è scandaloso, anche più di un malgoverno.
Caro Maninchedda, mi trovi davvero d’accordo. Aggiungerei però che bisognerebbe superare la logica della contingenza ed avere una visione lunga. Per questo occorre coerenza, visione strategica, condivisione di valori. Siamo tutti pronti? Io spero di sì
Si….. questo è il quadro. Condivisibile l’appello finale. Facile prevedere che resterà inascoltato. Il PD macina la sua guerriglia interna (neppure all’interno si riesce ad essere trasparenti e corenti/corretti). L’assenza di guida politica, non me ne voglia il buon Emanuele, persona buona ed equilibrata che ha accettato il suo ruolo con la consapevolezza del contesto (e non riesce a liberarsene vista la penuria di successori), consente all’ombra di ammuffire le radici e bloccare i nuovi germogli. Non c’è primavera per un PD così inteso, proiettato al futuro con lo sguardo dei vecchi (equilibri, dirigenti e pensieri). L’ipocrisia di pensare alla novità legata al genere è l’ennesima dimostrazione di come si sia a corto di contenuti. Romina Mura, anche lei preparata, esperta ed onesta (non uso la parola coerente, suo cavallo di battaglia, perché proprio coerente nel partito non lo è stata… vedi candidatura imposta da Renzi, poi prontamente scaricato), lavora su vecchi schemi ed equilibri che però non padroneggia. Ma soprattutto: lavora a cosa?
Quale “idea di Sardegna” ? (mi viene l’orticaria a scrivere questo ormai luogo comune forte come “l’isola nell’Isola” affibbiato a sancire l’isolamento della Gallura, Anglona, Carloforte, Ogliastra, Barbagia…. etc etc. ). Per citare un meme molto in voga di questi temi: ” Non ce n’è idee…. non ce n’è !!”.
Ma, vista l’esperienza del segretario d’equilibrio statico, e vista l’esperienza dell’opposizione ancor più di equilibrio statico, non è che nell’ombra sta covando qualche altro pensiero o percorso?
Il suo pezzo Professore, non cita volutamente, quanto si mormora su più tavoli ossia l’imminente discesa in campo (o risalita, dipende dai punti di vista) di Antonello Cabras.
In tal caso un’idea precisa c’è, chiaramente. Quanto positiva e nuova è da valutare, prima magari sarebbe bello conoscerla.