Oggi Il Fatto Quotidiano dà la notizia dell’avvenuta restituzione, a distanza di sette anni (2013-2021), da parte del Presidente Solinas, di una delle caparre a suo tempo ottenute per la compravendita di un terreno a Capoterra.
A parte il fatto che c’è anche gente che i soldi non li restituisce, e dunque considerata la possibilità che Solinas abbia scelto definitivamente Dio e non Mammona, l’argomento vero è in coda.
Dopo aver scritto che la famiglia dell’acquirente caparroso ha accettato la restituzione dei soldi senza rivalutazione, Il Fatto rivela che i soldi sono stati resi il 22 luglio 2021 «più o meno nello stesso periodo nel quale la Procura di Cagliari aveva aperto un fascicolo, modello 45 (senza indagati) sulla villa acquistata da Solinas il 10 marzo 2021 per 1,1 milioni di euro».
Ecco, proviamo a esplicitare il non detto.
Si vuol dire che Solinas venne avvertito delle indagini in corso?
Si vuol dire che anche l’acquisto della villa è stato accompagnato da un’altra compravendita caparrosa con un altro imprenditore? E di conseguenza si vuol dire che Solinas avrebbe messo a posto il pregresso caparrato in modo da non dare ad intendere di aver genialmente coniato un nuovo metodo finanziario legalmente replicabile e inappuntabile? Oppure si vuol dire che Solinas ha solidi rapporti dentro il Palazzo di Giustizia di Cagliari?
Un giornale giustizialista come Il Fatto, che ha difeso anche l’indifendibile della magistratura italiana, non può gettare il sasso sui legami in Sardegna tra magistratura e politica (non nuovi e nel passato molto orientati a proteggere certi settori della Sinistra) e poi nascondere la mano.
O ne parla seriamente o non ne parla.
Perché Il Fatto non parla della straordinaria concentrazione di parenti di magistrati presenti nell’amministrazione regionale di nomina politica a guida Solinas?
Lo dico io perché. Perché farlo costa fatica, isolamento, paura.
Troppo semplice fare gli indignati così.
Mi ricorda il salottismo rivoluzionario degli anni di piombo, il doppiopesismo che ha inquinato la politica italiana e distrutto tanta credibilità.
Per contrastare i pessimi costumi di certa magistratura e di certa politica c’è solo una strada: l’eremitaggio e la separazione.
Se ci si bea di avere rapporti con la Polizia, i Carabinieri, la Guardia di Finanza (corpo nel quale le porte girevoli dai ruoli di comando a quelli aziendali privati sono girevolissime), quando la tigna che alligna sotto alcune delle loro divise viene alla luce del sole, non si può denunciarla, anzi, si viene chiamati a nasconderla o lenirla.
Se piacciono spritz, consigli di amminsitrazione, salottini ecc., prima o poi si è costretti a tacere o a insinuare, cosa che è un modo troppo bislacco di fare informazione. Su, provate, per una volta, a non stare sotto le sottane togate per paura. Trasformate la paura in coraggio.
Io chiedo, ma gli onesti, che ci sono, in tutti i ruoli, vengono riconosciuti come tali? Li si rispetta? Ho l’ impressione che questo non accada… Eppure se godessero di riconoscimento e rispetto sarebbe più semplice vivere quei ruoli onestamente…
La semplificazione non solo impedisce la comprensione ma anche agevola processi di degradazione.
La moglie di Cesare non deve essere solo onesta, ma anche apparire al di sopra di ogni sospetto.
Pare che per il sergente Garcia non vale ne l’uno e ne l’altro.
… e si b’at “nel giro” magistrados de “fatu cuotidianu”, ponimus per amore o po àteru?
Giai sa “persona” bolliat nàrrere “màscara”, faciola; ma si apitzu ndhe aciungheus un’àtera puru… candho est chi bogaus a sa lughe de su sole sa cara nosta?
Ca dhue at de tímere cosas peus, est méngius a tènnere su coràgiu de ammostare e fàere a bíere chie seus. A cuare est sèmpere a ‘giogare’ a mammacua. Sabbie mobili. Puntos frimmos… cuaos.
Strada pericolosissima che in pochi avranno il coraggio di percorrere.