Il 28 dicembre, giorno in cui si festeggiano i Santissimi Innocenti, (cioè i bimbi uccisi da Erode sperando di uccidere Gesù), Sabino Cassese, ha scritto questo articolo sul Corriere della Sera. Sembra, come al solito, un innocente compitino descrittivo di che cosa sta avvenendo in Italia con l’imminente autonomia differenziata di Lombardia, Veneto e Emilia Romagna; in realtà è una dichiarazione di resa da parte di chi deve constatare che in Italia, come nel mondo, il diritto, come ragione dell’equilibrio, dell’ordine e della giustizia, non esiste; esiste invece, sempre e comunque il diritto come forma della forza.
In Italia per settantanni gli storici indipendenti, non quelli reclutati dai partiti (il PCI riusciva a far diventare professori ordinari anche i suoi segretari regionali) hanno rivelato, se mai ve ne fosse bisogno, che l’ordinamento dello Stato italiano, dall’Unità in poi e non diversamente dal 1948 in poi, è stato l’espressione dell’egemonia delle regioni del Nord Italia su quelle del Sud e delle Isole. La struttura del sistema fiscale è settentrionale, calibrato su quelle esigenze, modellato e rimodellato sul mutare di quegli interessi. Il sistema infrastrutturale e dei trasporti è incardinato sul Nord. Il sistema di difesa è tutto continentale e poco o nulla mediterraneo, se non per i poligoni e l’inquinamento che ne deriva. L’istruzione universitaria è organizzata per trasferire uomini e risorse al Nord. Il sistema bancario e finanziario è stato costruito, alimentato e gestito in funzione del Nord. Le politiche agricole sono egemonizzate dalle produzioni a nord della linea della palma. Il 70% dei Presidenti del Consiglio sia del Regno che della Repubblica italiana sono del Nord Italia. Nel 1861 il Pil pro capite del Nord e del Sud era sostanzialmente allineato. Oggi il Pil pro capite del Nord è pari a 34mila euro al Nord e a 18,2mila al Sud.
Gli storici hanno ben insegnato che la ricchezza ha seguito chi ha esercitato il potere di regolazione della società e dei mercati.
Viceversa i giuristi e i costituzionalisti italiani e sardi hanno insegnato a tutti che l’unità dello Stato era ed è un fattore indiscutibile, sacro e dogmatico. Poi è arrivato il federalismo di Bossi e sull’onda del contenimento della Padania leghista, cioè sull’onda della forza e non della banale ragionevolezza che da sempre avrebbe dovuto mostrare che l’Italia, se mai avesse dovuto avere una struttura unitaria della penisola, essa non poteva che essere federale, la Sinistra italiana nel 2001 varò in tutta fretta la riforma del Titolo V della Costituzione, prevedendo, tra le altre cose, la nuova formulazione dell’art.116. Nacque così il federalismo opportunista di sinistra. Il federalismo veniva gestito dalla Lega con maggiore o minore intensità a seconda del ruolo di governo o di opposizione che il Partito interpretava. Il federalismo veniva subìto dalla Sinistra a seconda del successo o dell’insuccesso della Lega. Tutto secondo rapporti di forza e non di ragione, secondo la migliore tradizione italiana per la quale il diritto è ordine costituito per i deboli, frontiera e sfida per i forti.
È nell’ottica del puro ammiccamento elettorale che il governo Gentiloni ha accolto entusiasticamente l’avvio delle procedure seguite al referendum del 22 ottobre 2017 per realizzare l’autonomia differenziata del Veneto, dell’Emilia e della Lombardia. Ora quel processo è al dunque e svela la sua realtà: vuole incidere profondamente sulla struttura dei poteri dello Stato e sulle risorse. Ventuno materie per ventuno poteri, 18,8 miliardi in più solo al Veneto, assoluta indifferenza all’uguaglianza delle opportunità sul territorio della Repubblica italiana e anzi ferma determinazione a differenziarsi.
L’Italia si sta sgretolando, ma mentre omaggia gli sgretolatori interessati del Nord, perseguita come secessionisti chi in Sardegna e nel Meridione pone la questione dei poteri, pone la questione della sovranità, pone la questione della ricchezza, pone la questione dei poteri regolatori e non ancillari in materia di porti e aeroporti.
In Sardegna l’ingiusto ordine costituito è difeso dal diritto, presidiato dagli apparati dello Stato, difeso strenuamente dai giuristi e dai costituzionalisti.
Al Nord, l’ordine costituito è superato a colpi di forza, di mobilitazione e di egemonia.
Ciò che in Sardegna è minacciato dal carcere, al Nord è premiato dal fisco, dalla magistratura, dai giornali e dai partiti.
La libertà di cambiare la storia è legittima al Nord, secessionista e penalmente rilevante in Sardegna.
A maggior ragione serve alimentare un pensiero nazionale della Sardegna, un perimetro che difenda il nostro diritto ad avere i poteri necessari a esercitare pienamente i nostri diritti, a produrre ricchezza sostenibile, a organizzare i servizi in modo funzionale alla natura del territorio e alla distribuzione della popolazione, a concepire e realizzare un sistema di qualità della vita non ossessionata dall’obbligo di produrre di più ma guidata dal saper produrre meglio e in modo sostenibile, a cambiare radicalmente il sistema educativo, a rivoluzionare le politiche linguistiche e dei beni culturali, a investire su un turismo molto integrato con cultura e qualità della vita.
Noi Sardi siamo Europei e Mediterranei.
Noi sardi siamo una Nazione che deve costruire il suo sistema di poteri.