La terza puntata dell’inchiesta di Mauro Pili, oggi sull’Unione, sulla Fondazione di Mont’e Prama, è ricca di dati. È come se la redazione dell’Unione abbia messo una marmitta catalitica al motore del suo inviato e abbia reso la sua prosa più “attica”, più asciutta e dunque tale da essere apprezzabile anche da chi, prima di farsi un’opinione, vuole capire e, soprattutto, non far male a nessuno.
Il dato che emerge, come fatto culturale, è che questa Fondazione, a differenza di altre simili, penso alla Nivola (voluta da Antonello Soro per creare attrattori culturali interni), madre di tutte le Fondazioni partecipate dalla Regione, e alla Cambosu sua gemella (voluta fortemente da Simona de Francisci con gli stessi scopi), sin dal principio ha spettacolarizzato la sua azione. Piaccia oppure no, e a me non piace, c’è chi ritiene che o la cultura diviene un evento o non è.
E d’altra parte, per certi versi, come dar loro torto?
C’è anche il lato oscuro opposto. La Treccani ha prodotto, con i fondi della Fondazione di Sardegna, un’edizione critica ancora incompleta e, a mio avviso, discutibile, delle opere di Gramsci che è letteralmente introvabile nelle librerie e che, essendo stata interamente finanziata da questo ente realmente benefico, avrebbe meritato di essere messa in rete in open access; invece costa un patrimonio. Non sempre ciò che rifugge dal palcoscenico brilla di trasparenza. Con molto minor denaro, l’Unione, su un progetto di Aldo Accardo, pubblicò l’edizione fotostatica degli originali dei Quaderni del carcere (che peraltro per almeno la metà non furono scritti in carcere) che ancora oggi sono l’unico strumento per gli studiosi di fare controlli senza doversi recare presso l’Istituto Gramsci.
Fatta questa giusta premessa, che non lascia sola la Fondazione Mont’e Prama per una certa accondiscendenza al lusso (che piace molto anche ad alcuni artisti à la page) che i rendiconti pubblicati sembrano rivelare, c’è qualcosa da dire in più e riguarda la scelta della Fondazione di spendere mezzo milione di euro in sponsorizzazioni nel Cagliari calcio e nella Dinamo. Su questo tema la Sardegna deve aprire una discussione molto seria che in questi giorni si intreccia anche con la pretesa (perché di questo si tratta) di un notevole contributo pubblico per realizzare lo stadio del Cagliari calcio, a fronte di un lassismo grave e perdurante della Regione sulle condizioni dei palazzacci di Sant’Elia di sua proprietà. La Regione prima dovrebbe risanare il quartiere e poi, e solo se rimangono soldi, dare contributi a privati per fare business. Invece pensa di fare il contrario. Un vero schifo.
Intanto va dimostrato, e lo si può fare scientificamente, che una promozione territoriale affidata a un team sportivo sia efficace tanto quanto costa.
In secondo luogo, le società sportive sono società private come le altre, che mirano giustamente a produrre utili per i loro proprietari. Con quale ragione si dia loro denaro pubblico in grandissime quantità per me resta un mistero di legittimità. Che sia stato giusto, ponderato, efficace e efficiente dare a queste società 250mila euro a testa mi pare difficile sostenere. Qui siamo di fronte all’inversione del prestigio. Non sono le squadre che si inchinano al valore culturale universale delle statue, ma il contrario un’identità millenaria piegata a due campionati sportivi. È un segnale preoccupante: già altri poteri dello Stato hanno dimostrato di usare i guanti di velluto quando ci sono di mezzo le società sportive (al netto delle vergognose condanne di Cellino, in un’altra stagione giudiziaria, per antipatia).
La domanda è: perché?
La risposta è: perché il mondo delle società sportive è un mondo di incontri, mediazioni, relazioni, rapporti nei quali si ambisce a stare. I posti allo stadio spesso illuminano, per alcuni, gerarchie sociali e giacché tutti noi, con rare eccezioni, ambiamo a essere riconosciuti, il mondo dello sport professionistico e delle arene dei tifosi è un mondo che ancora evoca il brivido del Colosseo, il rito collettivo di partecipazione con i suoi distinguo di ruolo e di riconoscimento. I Giganti non c’entrano niente con questa realtà, sono stati usati come driver per l’inserirvi chi ha la ventura di rappresentarli.
Poi c’è, come sempre, la parte comica.
Tra le spese oggi illustrate dall’Unione si trovano anche 5mila euro per autista e macchina per il presidente e lo staff.
No comment.
Come mi ha scritto un lettore, fatte salve tutte le esigenze di servizio possibili e immaginabili, si ha la sensazione di avere a che fare non con i Giganti ma con i Gitanti di Mont’e Prama.
Stanno lontani dalle ribalte della ‘cultura’ quegli uomini di cultura (uomini nel senso di persone, ovviamente comprendendo le donne…) “più miti e più professionali …….. quelli che ancora producono contenuti e non eventi”.
Per me il filo di Arianna per cercare di capire questa singolare e triste vicenda di contrapposizione tra Fondazione M.P. ed Unione Sarda (o di chi c’è dietro) sono queste parole scritte nel testo ‘Cultura e guerre civili in Sardegna’ : se non c’è un contenuto (nella specie un sito archeologico studiato con professionalità adeguata, custodito e preservato, reso fruibile per tutti) di che eventi si parla? Di quali vetrine? Di che pubblicità? Veramente la superficialità impera. Lavorare in silenzio e con umiltà per il bene comune è ormai pratica sconosciuta.
Osservo che tra gli appassionati si ha in larghissima parte una visione certamente più “artigianale”, fondata com’è sul volontariato, sulle personali quote associative annuali, sulla faticosa (anche in quanto “ritegnosa”) ricerca di sponsorizzazioni tra i conoscenti per l’organizzazione di mostre, eventi, comunicazione.
Quindi davanti a gestioni manageriali e istituzionali mi viene da sospendere il giudizio, in attesa perlomeno dei risultati (un po’ come confrontare un cantiere edile a conduzione privata con un cantiere che procede con il bonus 110%, per chi abbia un’idea del diverso fluire degli importi).
Perciò vedo certe voci in questi bilanci e spero che in proporzione arriveranno sul sito quegli investimenti cui queste spese dovrebbero essere funzionali, propedeutiche.
Così, a proposito di calcio e basket, i tifosi d’una squadra di calcio, davanti alla costruzione di un più grande centro sportivo avviata dalla nuova proprietà, a importanti investimenti per scouting in più continenti e per il sostegno a vecchi e nuovi circoli di sostenitori in tutto il mondo, riescono (fino a un certo punto) a sperare si giunga al conseguente arrivo di qualche buon elemento per la squadra che va in campo. Ma quando inizia il campionato?
A sentire gli “artigiani” (o tifosi) come me si avrebbe, immagino, una vasta raccolta di aspre critiche (fino alle contumelie).
Più interessante sarebbe sentire i commenti di chi abbia davvero esperienza di gestione manageriale-istituzionale (del mondo adulto, come direbbe Paolo Conte, in cui si sbaglia da professionisti).
Io l’ascriverei, Prof. Maninchedda, a questa categoria, e direi lei si esprima in termini sì critici, ma pure problematici e in certo modo cauti.
Il solo fatto che ritenga opportuno esprimersi va tenuto in conto, ma anche qui potrebbe discutersi se lei ritenga più meritevole di un commento il bilancio della Fondazione o l’attacco da parte dell’Unione.
La sensazione che generano tutte queste notizie su Mont’e Prama è che l’interesse principale sia quello di spendere i soldi pubblici che ci ruotano intorno. Niente si sente sulla prosecuzione degli scavi e su una approfondita indagine storica ed archeologica che spieghi a noi sardi chi erano questi nostri antenati. Non vorrei che per l’ennesima volta una ricchezza della nostra storia diventasse solo una calamita di interessi diversi da quelli della valorizzazione del nostro patrimonio storico. Vedi Parco Geominerario.
Come ti impossesseresti delle case di Sant’Elia se gli occupanti attuali ci stessero bene?
Dal verbale non si è capito molto sulla nomina del Direttore. Potremmo avere i curricola dei candidati?
“Tra le spese oggi illustrate dall’Unione si trovano anche 5mila euro per autista e macchina per il presidente e lo staff”.
Po caridade.
Come non essere d’accordo? Anche io, più che ad un nuovo stadio, penserei ai quartieri che dovrebbero essere risanati. Si chiamano priorità.