di Paolo Maninchedda
Provo a raccontare una storiella semplice semplice.
Da mesi era noto a Cagliari che il presidente della Repubblica Cinese avrebbe fatto uno scalo tecnico in Sardegna.
Come mai in Sardegna e non in Sicilia? È giusto chiederselo, visto che proprio la Sicilia, con un rapidissimo colpo di mano governativo ha scippato a metà anno il G8 alla Sardegna. È giusto chiederselo perché sui rapporti col gigante asiatico, come sulle risorse del G8, c’è il solito scannatoio competitivo che la Repubblica italiana richiede e impone alle sue regioni e ai suoi cittadini.
Il presidente della Repubblica Cinese viene in nella nostra isola perché la Sardegna ha lavorato nei mesi scorsi per costruire relazioni virtuose (basti ricordare la missione in Cina di Paci).
Ebbene, è bastato che il Primo Ministro Renzi annunciasse la sua venuta nell’Isola che tutto il lavoro fatto dalla Sardegna venisse dimenticato dai media.
È colpa di Renzi? No, è responsabilità di un’abitudine a farsi dettare la linea da chi è più grande e quindi sembra più forte.
Ma è certo che se il 16 ci sarà un ‘accudidu’ quello sarà proprio il Presidente del Consiglio italiano.
Non ho forze per commentare l’inchiesta sui lavori dopo l’alluvione di Olbia. Non ne ho voglia, dico solo che il problema centrale (le barocche norme autorizzative che governano qualsiasi ricostruzione) non è stato minimamente descritto. Uno Stato moderno dinanzia alle disgrazie dovrebbe, e noi lo abbiamo ripetuto a tutti i ministeriali doppiacoda romani, liberare le mani a Comuni e Regioni per le assunzioni a tempo determinato necessarie a far camminare i progetti, eliminare temporaneamente assurdi vincoli di bilancio, ridurre drasticamente i tempi previsti per legge per la valutazione dei progetti, creare sportelli unici di autorizzazione. L’Anas dovrebbe essere costretta a decentrare progettazioni e bandi. Invece questi problemi (che sono riuscito a superare in larga parte nel 2014 a Capoterra e Villagrande perché era stato fatto un buon tratto del calvario amministrativo) hanno frenato in un modo indecente l’avvio delle procedure su Olbia. Invece, oggi, Olbia e Bitti sembrano un problema tutto sardo, non un problema romano confezionato in modo indecoroso e incivile e poi spedito come un nodo gordiano alle amministrazioni sarde.