Oggi abbiamo un capolavoro di ostilità preconcetta su carta stampata. L’Operazione Ippocrate, rinominata in certi ambienti Operazione Invidia, che ritorna sulla carta stampata dei quotidiani sardi, ma in modo diverso, e per certi versi ridicolo.
L’Unione Sarda riprende banalmente la notizia del deposito del fine indagini, così, come per ripetere le cose già dette e additare nuovamente all’opinione pubblica i presunti colpevoli, trattati sempre senza alcuna presunzione di innocenza.
La Nuova fa un capolavoro su una notizia che ieri mi chiedevo quando sarebbe stato notata.
Sempre banalmente, perché non è lecito chiedere sforzi superiori, il cronista della Nuova ha contato gli indagati e ne ha confrontato il numero con quello dell’ordinanza di custodia cautelare. Risultato: cinque in meno. Chi sono? Ma guarda un po’, sono cinque delle sei ostetriche che, secondo l’Ordinanza di custodia cautelare, sarebbero state favorite da Antonio Succu. Di queste sei, ne rimane indagata solo una.
Cosa fa il giornalista? Dedica due terzi dell’articolo a ribadire l’ipotesi accusatoria, per poi dire, senza riuscire a spiegare il perché, che queste cinque persone escono dal processo.
Il perché è chiarissimo a chi conosce le carte ed era ben chiaro sin dal principio: queste persone non dovevano entrare neanche di striscio nell’indagine viola. Ma la cosa curiosa è che il giornalista non vada a rileggersi il fiume di ipotesi criminali riversate su Antonio Succu come movente delle sue azioni.
Dove è finito il super testimone che diceva che Succu aveva legato in una dichiarazione le elezioni (fantasma) e i concorsi delle ostetriche? Adesso è difficile sostenere che cinque persone, cui niente era stato chiesto e nulla avevano dato in cambio, erano impegnate in un traffico di reciproche utilità politiche con Antonio. Tanto difficile che si è deciso di tenerlo fuori dal processo. Adesso è difficile continuare a dipingere Antonio Succu come un mostro elettorale senza elezioni, perché per fare un patto fraudolento bisogna essere almeno in due e qui ne mancano cinque.
Adesso è ancor più impossibile di prima dimostrare che Antonio Succu avrebbe fatto pervenire le domande alle candidate, ma intanto per otto mesi lo si è fatto intendere, lo si è ripetuto, lo si è raccontato.
Adesso diventa molto più difficile sostenere che Antonio Succu avrebbe favorito queste cinque persone per ragioni di scambio; si sta ancora sostenendo che comunque le avrebbe favorite, a loro insaputa, per liberalità. È molto diverso e si vedrà a processo quanto sia fondato.
Adesso diventa molto più difficile sostenere che il Partito dei Sardi era un partito clientelare, mentre le percentuali e la storia dicono chiaramente che era ed è un partito indipendentista, libertario e riformista, ideologicamente elitario, radicato in una élite culturale e sociale della Sardegna.
Nel frattempo, però, sei mesi di domiciliari, danni economici e morali profondissimi, festini di giubilo nella Sinistra e della Destra sarde e oristanesi in particolare, rifeudalizzazione millimetrica e impunita della sanità con riposizionamento opportuno delle truppe e degli ufficiali mercenari. Un capolavoro! Ma non lasciamoci prendere dalla penna rievocativa, e torniamo a farci domande.
Dove sono finite le dichiarazioni per le quali bastava essere di Silanus per essere parenti o sodali o vassalli o mezzadri di Succu? Anzi, bastava essere di Silanus per divenire proprietari di società, imprenditori della zona di mezzo tra la politica e gli affari. Queste solennissime sciocchezze promosse a ipotesi investigative non interessano i giornalisti? No, queste no, sono deduzioni troppo sofisticate e soprattutto non autorizzate dalle geometrie sghimbesce della Polizia Giudiziaria. Quanto sarebbe utile riaprire le scuole serali e obbligare tanti graduati a frequentarle! Basterebbe insegnare logica, nient’altro.
Il giornalista non si pone queste domande semplici semplici. Il giornalista non si chiede neanche che non sia il caso di andare a vedere le conseguenze di tanta maldicenza eretta a accusa dello Stato.
Perché il giornalista non va a chiedere quante volte a notte è stato svegliato dalle forze dell’ordine Augusto Cherchi durante i domiciliari? È una domanda troppo difficile da fare, però è semplice farla.
Ci sarebbe poi una chicca sull’ordinanza di fine indagine che riprende una cantonata abissale dell’ordinanza di custodia cautelare, ma non la dico per non privarmi della soddisfazione di guardare in faccia il pubblico ministero quando gli verrà spiattellata in aula.
Dico solo che sia per il concorso in magistratura che per quello di assunzione nella Guardia di Finanza, bisognerebbe prevedere lo studio approfondito, non attraverso le slide delle università telematiche, ma con manuali tradizionali e sedere attaccato alla sedia, di diritto amministrativo e specificamente di diritto regionale sanitario. Si eviterebbero cappellate a cupola brunelleschiana, cioè doppie.
PS: dispenso dalle visite e dalle telefonate i vigliacconi che per quasi un anno non si sono fatti sentire e che ora, avendo contezza che siamo rimasti in vita, telefonano per testimoniare vicinanza. Io con gli avversari parlo, discuto, mi confronto, con gli adulatori merduccianti no, ho paura di sporcarmi.
In molti lo abbiamo fatto.
Premetto. Non conosco le persone. Non conosco i fatti. Non leggo le cronache giudiziarie perchè per me, tranne rari casi, sono una forma di gogna mediatica che hanno come scopo solo quello di riempire pagine, adulare il potere e appagare la morbosa curiosità, unita all’invidia, delle persone. La gente vuole guardare in casa altrui dal buco della serratura . Sono stato testimone di una vicenda molto simile che ha riguardato un mio amico, quasi un fratello. Da allora è forse aumentato il mio ribrezzo ed il mio timore per quello che considero uno dei più gravi problemi che affliggono il nostro paese. L’amministrazione della Giustizia. Non auguro a nessuno di finire in un tritacarne simile. Tutti pensiamo, o speriamo, di esserne immuni ma purtoppo non è così. Che la Giustizia, nel suo significato più alto, faccia il suo corso. Sperando che ancora si possa avere fiducia nell’apparato che la gestisce.
Caro Paolo sapevano che avrebbero provato ad affondare questa esperienza di l’indipendentismo libertario con la mala giustizia sponsorizzata da destra e pseudo sinistra. Mi rincresce che non abbiamo avuto la forza volontà di praticare l’assunto di B. Brecht. QUANDO L’INGIUSTIZIA DIVENTA LEGGE, LA RESISTENZA DIVENTA DOVERE.
Ho scritto al direttore della Nuova Sardegna dato che sono abbonato per conoscere i necrologi. Vediamo se mi risponde o se pubblica la mia nota in cui chiedo il racconto completo dei fatti e le valutazioni sulle tesi accusatorie non più riferibili a coloro che sono state estromesse dal processo.
Come sempre e da sempre, massima solidarietà e stima umana e professionale per Antonio Succu e Augusto Cherchi