Si può essere amici a distanza, senza conoscersi? Sì.
Ecco, questo era il legame che mi univa al grande Gigi Proietti.
Ancora qualche giorno fa, proprio nei tempi cupi dell’osservazione della nostra Sardegna in balia dell’incompetenza, mi sono rifugiato nei suoi sketch, ampiamente presenti su Youtube.
Chi assisteva ai suoi spettacoli sentiva di nutrirsi di intelligenza, sentiva di poter ridere legittimamente, senza sarcasmo, senza vittime. Spesso, infatti, oggi la comicità è ai danni di qualcuno, è caricatura non di rado malevola.
Quando erano piccole, facevo vedere a mie figlie la celebre interpretazione della barzelletta del Cavaiere bianco e der Cavaiere nero (vero manuale educativo a saper scegliere con cura i propri avversari. Mi venne raccomandato da uno dei membri del gabinetto di Soru ai tempi dei nostri duelli in consiglio regionale…).
Oppure le sue performance come mimo nei panni dell’affarologo Pietro Ammicca, vere palestre per capire il passaggio dai pittogrammi alla parola detta e scritta.
Oppure, le innumerevoli interpretazioni giocate sui piccoli difetti fisici, in particolare la zoppìa e la sordità (magistrale la scena della Signora delle Camelie). Insomma, Proietti mi ha fatto tanta compagnia in passato quanta oggi, ogni tanto , me ne fanno signor Angioletto o il Sindaco di Scraffingiu.
Stamane il mio caffé è venato da una lacrima, tra le tante versate in questi giorni nei quali, in silenzio, non pochi si stanno accomiatando da questo mondo largamente cinico.
Stamane, però, ho ritrovato anche, sulle pagine dell’Unione Sarda un vecchio amico, il mio vecchio Rettore, Pasquale Mistretta, l’ultima interpretazione rinascimentale della funzione rettorale (dopo di lui arrivò un rettore illuminista, razionale, con un’etica protestante del lavoro cui l’Università di Cagliari deve il suo equilibrio finanziario, il prof. Giovanni Melis, tanto competente quanto ingiustamente dimenticato; poi arrivò l’attuale rettore, che passerà alla storia per aver subordinato tutto il corpo docente al direttore generale – che non a caso gode di un contrattone con premio esclusivo -, per aver impiegatizzato l’Università, per aver trasformato gli organi collegiali in organi esecutivi dei segretari di Dipartimento e i docenti in burocrati di se stessi. Non a caso, l’Università di Cagliari sta arrivando all’elezione del nuovo rettore senza uno straccio di dibattito – nonostante un notevole sforzo dell’unico candidato a stimolarlo con una lettera programmatica – uccisa dalle carte, dalle procedure, dal centralismo amministrativo, sfiancata dai gironi infernali quotidiani del nulla, dall’imperante pedagogismo a occupazione millimetrica di ogni spazio e da un certo salottismo à la page che in questi ultimi anni ha raggiunto livelli di parossistica rappresentazione di sé).
Mistretta è un uomo di acuta e a lungo disincantata intelligenza; intimamente casteddaio, cioè scettico sulle virtù umane, è più orientato a garantire l’ordine governando i vizi che investendo sulle speranze di probità e onestà. L’unico requisito necessario per dialogare con Mistretta (dialogo è una parola grossa, occorreva orientarsi sul rapido scambio di battute e puntare più sull’impatto verbale e concettuale che sulla durata argomentativa) era l’intelligenza. I tonti e gli schematici lo annoiavano.
L’intervista all’Unione è di una nettezza esemplare. Finalmente uno che dice che c’è una filosofia strisciante che ritiene sia meglio far fuori i vecchi che regolare la movida.
Perfetto: semplice, chiaro e vero.
Illuminante, infine, la risposta a questa domanda:
L’ipotesi della Regione di allentare le maglie del decreto nazionale?
«Non si capisce perché vogliamo essere così spiritosi da immaginare regole più lasche rispetto al resto d’Italia, giusto per essere diversi. Nello stesso tempo chiediamo il riconoscimento dell’insularità, un tipo di continuità aerea e marittima più favorevole: temi che dovrebbero spingerci ad essere più cauti col governo».
Ecco, mi è sembrato di rivedere Proietti, la sana e intelligente ironia di chi, disarmato, vede la verità e riesce a raccontarla senza alcuna contundenza, come non so fare io.
Su repubblica un intervento di Proietti a Propaganda Live. Poche parole che raffigurano ciò che stiamo vivendo. Poco rispetto per i canuti. Dobbiamo andarcene? Prendere la nostra valigetta e viaggiare verso il camposanto per lasciare spazio ai giovani? Perché un potere pasticcione non ha saputo interpretare i tempi che erano e che sarebbero stati negli ultimi decenni? Perché c’è bisogno di far tornare i conti?
Sa ‘filosofia’ «strisciante» est fossis carchi àtera cosa prus “hard” che striscia, mancari chi sa pentzione de sos betzos serbit pro pensionare sos disocupados…, tantu, sa zoventude ite isperàntzia tenet de triballare?
E si est «L’ipotesi della Regione di allentare le maglie del decreto nazionale» mi paret solu su (in)dipendhentismu dipendhentista de custa ‘magioràntzia’ lega.