Hitler nel Mein Kampf individuò alcune semplici regole della sua propaganda: a) stare lontano da idee articolate e astratte, da rappresentazioni di sistema, da descrizioni istituzionali; b) rivolgersi sempre e comunque alle emozioni; c) ripetere sempre e comunque poche idee sempre nello stesso modo; d) evitare l’obiettività a favore della convinzione; e) costruire un solo nemico alla volta e ripetere continuamente la sua denigrazione.
Tra i suoi modelli vi fu D’Annunzio.
Il bipolarismo, culturale ed elettorale, è funzionale a questo tipo di strategia politica, ne è il brodo di coltura, incentiva la riduzione della cultura e dell’informazione a slogan, allontana ogni profondità a favore di una mediocrità allenata retoricamente alla battuta e alla prontezza di spirito.
Per quanto aristocratiche possano sembrare queste considerazioni, oggi esse rappresentano un baluardo di resistenza civile a un quadro, anche internazionale, che non promette alcunché di buono e che è estraneo alla cultura europea maturata dopo le tragedie delle due guerre mondiali (assolutamente dimenticate nella formazione delle classi dirigenti attuali) e dopo la Shoah.