Non può passare sotto silenzio la nomina di un ex generale della Guardia di Finanza Fabio Migliorati a Comandante del Corpo Forestale della Sardegna.
L’ennesima nomina di un pensionato (che sia in pensione risulta da un articolo di SardiniaPost), nonostante la legge Madia consenta solo incarichi a titolo gratuito della durata di un anno o oltre l’anno per le sole consulenze (ma su questo punto si dovrebbe parlare anche della proroga del commissario di Forestas, che si trova non solo ad essere un commissario che dura oltre quanto dovrebbero durare per legge i commissari, ma ad essere anch’egli un pensionato), ma soprattutto è la nomina di un generale della Guardia di Finanza che non risulta aver mai spento un incendio, nominato a metà aprile, nell’imminenza della campagna antincendi.
Non sfugga a nessuno che ciò su cui si deve riflettere è che si tratta di un alto ufficiale in pensione della Guardia di Finanza, il corpo da cui da un po’ di tempo vengono alti dirigenti di società pubbliche, consulenti vari e dirigenti dei servizi di intelligence. La scelta politica della Giunta è stata ed è da tempo quella di “coprirsi” con la Guardia di Finanza. Perché?
La risposta è impossibile a darsi, ma è legittimo chiedersi che cosa sia diventata la Guardia di Finanza, posto che non è più da tempo il corpo della repressione dei reati tributari, è ben altra cosa. Dai tempi di Mani Pulite è diventata il corpo della lotta alla corruzione e, in quanto tale, il corpo più innervato nella società politica. In Sardegna, l’indagine sui fondi ai Gruppi è stata condotta congiuntamente da Guardia di Finanza e Carabinieri, con esiti su cui non è possibile condurre un’analisi comparata perché non si è trattato di un solo processo, ma di circa una decina, con sentenze non univoche e diversificate.
È stato della Guardia di Finanza il blitz al celebre pranzo di Sardara, conclusosi con la richiesta di condanna per reati a dir poco ridicoli ai danni di sole cinque persone, un gran chiasso per nulla.
È tutto interno alla Guardia di Finanza il caso De Giorgi, che non voglio commentare essendo ancora in corso le indagini, ma che solo dagli atti dell’Ordinanza di custodia cautelare rivela essere in atto una guerra interna senza esclusioni di colpi, a partire da come è partita l’indagine e a finire sulla scelta del magistrato, dinanzi a un mare di emendamenti ad personam fatti in questa legislatura di cui la stampa ha dato notizia, di isolare solo quelli di De Giorgi. Sembra di rivedere l’indagine sui Fondi dei Gruppi: nonostante fosse evidente che il reato fosse prodotto da una pratica diffusa in tutti i gruppi, essa ha proceduto scegliendo quali indagare subito e quali rinviare ad accertamenti successivi, con ripercussioni che non commento ma che i più intelligenti possono capire.
Nell’indagine De Giorgi si vede in atto uno scontro, diciamo così, tra una Guardia di Finanza buona e una meno buona, scontro che si è trasferito sui tavoli della magistratura. Ora, a me poco importa della Guardia di Finanza, non ci sopportiamo da tempo. Io sono un romantico che pensa che gli addetti della Polizia giudiziaria debbano essere altamente qualificati e non vivere nello stesso ambiente che indagano. Quando la PG comincia a mettere su famiglia, ad avere attività oltre quelle di servizio, a frequentare pranzi e spuntini, associazioni e quant’altro, quando esprime consiglieri comunali e regionali, io sento puzza di bruciato. Quando gli alti ufficiali intrattengono relazioni troppo strette col mondo politico, io sento puzza di bruciato. Ed è da tempo che sento puzza di bruciato intorno alla Giunta e alla maggioranza di Kim. Ma io sono un romantico.
A me interessa, però e soprattutto, la cultura democratica della magistratura dinanzi alle guerre interne ed esterne della Guardia di Finanza.
Racconto un episodio che mi riguarda.
Nell’incartamento dell’indagine De Giorgi vi è un folder che mi riguarda (ricordo a chi mi vorrebbe arrestare che io sono un giornalista, e non solo un rompicoglioni, e che la legge prevede che possa parlare di atti depositati, seppure con una certa cautela, esattamente come sto facendo, giacché vorrei dire ben altro e non lo dico).
Ad un certo punto la Polizia Giudiziaria accerta che due imputati appartenenti alla Guardia di Finanza si sono scambiati un mio articolo, pubblicato su Sardegna e Libertà. L’articolo era questo. La PG chiede l’autorizzazione a trasmettere la prova alla Procura militare per gli adempimenti del caso, ipotizzando la diffamazione a carico dei due militari.
Si legga l’articolo incriminato e mi si dica in che cosa possa essere diffamatorio non solo diffonderlo, ma anche solo scriverlo.
Che ha fatto il magistrato? Ha autorizzato.
Ne consegue che nelle forze armate leggere un articolo giudicato dalla stessa Pg “critico” ma non diffamatorio è un reato. Cioè è un reato non averlo scritto, ma averlo divulgato. Questa valutazione è condivisa dal magistrato che autorizza il trasferimento degli atti alla Procura militare.
Ne consegue che leggere un articolo critico può essere giudicato un reato e invece nominare pensionati, prorogare oltre misura commissari, fare emendamenti ad personam ecc. ecc. non lo è.
Mi vergogno di vivere in questa Sardegna.
La Giunta di “Kim”. Fantastico!!
Benit de pessare sempre chi bi at tropu ‘casinos’, casinismu e, chie ndhe faghet, casinistas in gherra, ma nessi sas cosas prus craras podiant istare fora!
A ite iscopu su casinismu?
Pro sos iscopos de totu sas gherras?
Comente podet fàghere sa zente a ndhe cumprèndhere carchi cosa de una realtade fintzas meda trobojada ma peus imboligada a manu de gherristas cun s’istedhu ‘polare ideale’ a VINCERE E VINCEREMO?
Goi a zúghere ogros, tènnere interessamentu e onestade o a èssere tzegos, disonestos e menefreghistas faghet abberu pagu diferéntzia. Fide a chie si podet dare?