Ieri sono stato costretto da Graziano a partecipare alla convention della sua Rinascita Sardegna. Cerco di distinguere i fatti importanti da quelli accessori.
Il luogo Milia ha detto che Rinascita Sardegna è un luogo.
Verissimo.
Bastava guardare la gremitissima platea di ieri per capire che quello era il luogo mancato del confronto politico dell’area democratica e liberale sarda.
Sia che molti fossero lì come me, in ragione di una pluridecennale amicizia, sia che lo fossero per convinzione politica, il fatto è che quello spazio parlava e diceva che è mancato il luogo di un sereno confronto democratico, di quei confronti dove realmente tutto è contendibile e il copione non è scritto in anticipo. La riunione di ieri è stata ciò che il tavolo del 7 luglio (al quale Milia era presente) auspicava di diventare.
Ieri Milia non ha detto la solita frase “Non mi candido”; ma non si candida e il motivo è semplice: avrebbe voluto che una sua candidatura emergesse da un luogo come quello, non da un sinedrio.
Il vero motivo della sua mancata candidatura sta anche nel suo cocciuto realismo comunista. Sapeva di avere contro di sé il consiglio dei mullah dell’ex Pci; sapeva che la sua candidatura avrebbe avuto contro la fatwa degli ex compagni, che gli rimproverano l’eresia, e la scomunica di quelli del Pd che gli rimproverano l’amicizia con Cabras. Questi sono i neo-guelfi, guidati dalla bulimia di ruolo e dall’invidia-rancore proprio verso Cabras (il quale si è sottratto alla faida del Pd con un eremitaggio marino che dovrebbe dirla lunga sulle priorità della sua anima, e ha messo davanti ai tonsurati e ai vyšinskij in cachemire un bello specchio, nel quale essi possono passare le ore a guardare se stessi contare i giorni che li separano da una sconfitta che si sono costruiti con le loro mani. Non potranno dire che Cabras c’entri qualcosa). Milia ha sperato che i fatti mettessero tutti di fronte al fatto che lui rappresentava un’opportunità e non una minaccia e ha dovuto arrendersi all’evidente cecità biliare dei suoi avversari.
Graziano non ha osato fare appello agli elettori, a quelli che non vanno a votare, a quelli che credono in una sinistra non elitaria e repressiva, ma libertaria e democratica; non ha osato riprovare a fondare un esperimento politico sardo di federazione delle anime culturali dell’isola in nome della seconda autonomia e dell’indipendentismo democratico; non ha osato fare quello che sta facendo Soru, che ieri era in sala, circondato da minor timore che nel passato e da più affetto. La giornata di ieri ha marcato un passaggio: la competizione è tra Soru e Truzzu o Solinas, ma la Todde è fuori gioco e con lei i mullah e i chierichetti. Ieri Graziano ha elencato, tra i valori di Rinascita Sardegna, il garantismo. Confine più netto verso i Cinquestelle non poteva essere eretto.
Tuttavia ieri era tristemente evidente a tutti il non detto di Milia e cioè che lui avrebbe potuto condurre unita la sinistra alla competizione elettorale e che è stato ucciso in culla dai fratelli politici (quelli biologici erano, come sempre, lealmente e affettuosamente in sala).
Lo Stato La proposta politica di Milia e di Rinascita Sardegna è molto elaborata, espressa in forme ammiccanti, semplici, a tratti gigionesche, ma è sofisticata.
In sostanza Graziano sta proponendo di costruire una forza politica sarda che abbia le caratteristiche di un’istituzione, non di un partito. Infatti propone che il programma sia edificato sulle questioni centrali, statuali, della Sardegna, con una capacità di risolverle tale da renderle stabili, istituzionali, sottratte alla dialettica delle parti. L’idea è del partito non interprete degli interessi legittimi, ma regolatore degli interessi generali. Idea forte, con tratti di pericolosità, ma suggestiva nella parte in cui costruisce lo stato sardo prima nella politica per poi trasferirlo nelle istituzioni. C’è un’antica radice di materialismo storico in tutto questo, una suggestione della dialettica del reale che costruisce da sé le sue sintesi progressive, ma è coniugata anche con uno slancio etico a trasformare la politica da conflitto in coesione che merita più di un’attenzione.
C’è dentro anche l’esperienza amministrativa, croce e delizia di tanti sindaci, molti dei quali (non Graziano), data la crisi della politica alta, immaginano la Regione come una grande amministrazione comunale e la politica solo come un luogo del fare, il luogo principe della soluzione dei problemi che non richiederebbero pensiero, ma solo applicazione e buon senso. È un errore. È chiaro che se devo asfaltare strade riesco a trovare un’intesa facile con l’opposizione, come pure se devo fare un programma di attività culturali. Ma se devo decidere sul futuro delle coste, delle energie sostenibili, del mare, sul futuro della scuola, sull’equità fiscale, sulla regolazione dei mercati, è facile che questa intesa non la trovi e che anzi sia giusto tenere in piedi una sana dialettica che riduca gli errori e impedisca il nascere di oligarchie. L’idea di una Regione pensatoio che fa solo pianificazione e delega la gestione di ogni cosa ai comuni è sbagliata, perché frantumerebbe la Sardegna. La Regione deve gestire le grandi connessioni, le grandi infrastrutture, deve governare i grandi flussi finanziari, deve lottare per nuovi poteri, deve poter regolare i mercati strategici per la libertà. L’orizzonte comunale è un orizzonte di scala troppo ridotta per divenire modello politico, mentre è, a mio avviso, un ottimo modello gestionale. Fatto è che questi temi sono stati posti da una nascente associazione. Mica male.
Il petting Tutti ieri abbiamo avvertito di partecipare a qualcosa con un contenuto di valore e di dolore, ma ci aspettavamo anche una conclusione, anche solo un’affermazione semplice, tipo: “Questa che vedete oggi è come potrebbe essere l’area democratica sarda”. Saremmo stati tutti felici.
Invece siamo andati tutti via con quella sensazione di incompiuto che mi davano alcuni incontri liceali, quelle grandi simulazioni incompiute che sono i petting liceali. Baci, abbracci, carezze, ardimenti, pudori e finti pudori che ci fanno grandi, ma che alla fine trovavano sempre una meta reciproca, e che diamine! Invece ieri è stato come se si dicesse: “bollu…… no bollu;…..bollu…. podit essi ki bollu….” e poi si scappasse dicendo “Podit essi!”.
Professore, secondo Lei ci saranno davvero tre schiarimenti? Todde, Soru e Centrodestra? Mi chiedo come farà la Todde a fare le liste, chi vuole candidarsi sapendo già di perdere? In uno scenario del genere il pd metterebbe forse 3/4 consiglieri (Cagliari e Sassari difficilmente altrove), Aspettiamo i sondaggi della prossima settimana e se fosse confermata la sua tesi (testa a testa Soru con il Centro destra e terza Todde) inizierebbe un fuggi fuggi dal pd. Le chiedo quindi:
1) come potrebbe concretizzarsi a favore di Soru questo fuggi fuggi? Lo schema potrebbe essere simile a quello di Milia a Quartu e Soddu a Nuoro con la differenza che fare il consigliere regionale pesa a differenza di quello comunale
2) quale potrebbe essere la via di uscita della todde? Immaginavo le primarie tra Soru e Milia (magari aggiungendo Soddu) per la lista “civica” senza che partecipi la coalizione pd-5stelle in modo da mettere la Todde all’angolo, ma Milia non credo parteciperebbe, quindi questa ipotesi rimane fantascienza. Quale altra carta si può giocare?
L’ interesse di tutti è trovare una soluzione, nessuno è contento, l’unica certezza è la sconfitta. Io personalmente credo che l’unico che possa risolvere la situazione sia Cabras magari trovando un accordo con Soru (preciso, un accordo per la Sardegna non per le poltrone). Ma Cabras preferirebbe Soru alla Todde anche sapendo che questa è perdente?
Mi scusi per il lungo msg ma ritengo questo blog uno dei pochi dove si analizza la politica sarda in maniera seria.
Giuseppe
La ringrazio per la risposta, sarei curioso di vederli. Vorrei puntualizzare che questa è la prima volta che scrivo sul suo sito di informazione, quindi non ho cambiato alcun nome. Saluti!
@ Utente Sardo Prima regola per avere rapporti corretti con me: va bene l’anonimato, che non capisco, ma cambiare continuamente nonme no. In ogni caso: due erano commissionati da forze del Centrodestra; non so se mai li pubblicheranno. Uno da una corrente del Pd e anche questo non so se mai verrà pubblicato.
Buongiorno, dottor Maninchedda. I sondaggi di cui parla da chi sono commissionati e che scenari prospettano? Verranno resi pubblici? Grazie
@ Stefano Mi fido di chi ha fatto sempre politica più di chi non l’ha mai fatta o, come lei, ha prima riserve sulle persone e poi ragionamenti sulla storia.
@ Francesco L’eerore è pensare che Soru sia la Murgia e la Todde Pigliaru. È il contrario.
@Paolo, non ho la sua esperienza, ma in questo scenario mi viene difficile pensare che Soru sia il vincitore designato. Senza una ricomposizione del conflitto, necessaria per orientare tutto l’elettorato contrario al cdx, avremo al massimo un effetto Murgia rafforzato (15%), da sommare al gruppo Todde. Questa è una matematica molto più elementare di sondaggi con ampi margini di incertezza.
Una nuova associazione guidata da uno che fa
Politica da 20 anni con alle spalle uno che ha la fa da 50
Proprio quello di cui avevamo bisogno
Auguri a voi
Niente di strano che Milia veda le cose in questi termini. In fondo lui resta un vecchio comunista, a suo tempo contrarissimo allo scioglimento del PCI deciso da Occhetto, e il partito ipotizzato assomiglia tanto al PCI, in particolare a quello dell’era del compromesso storico. E va ricordato che proprio a Quartu Sant’Elena vi fu una delle più significative esperienze di compromesso storico organico in Sardegna, con un sindaco comunista, Gianni Corrias, per anni alla guida di una coalizione organica con la DC. Così come che negli anni Settanta quel Partito Comunista fu in grado di attirare a sé elettori cattolici e moderati che in altri tempi sarebbe stato fantasioso immaginare che potessero votare altro se non la DC.
La sinistra di oggi, sostanzialmente derivante dalla confusione ideologica e programmatica dell’era di Occhetto, quando fu deciso lo scioglimento del PCI, ma prima ancora dalla crisi della leadership berlingueriana che portò a rinnegare il compromesso storico a favore di un neo-frontismo riveduto e corretto, non è neppure lontana parente di quel PCI, e infatti è divenuta sempre più irresponsabilmente estremista, respingendo gli elettori moderati addirittura verso una formazione apertamente post-fascista pur di non ritrovarsi con Schlein e i suoi adorati amici grillini.
Non so se funzioni il tentativo di aggiornare, rivedere e correggere quel modello per i tempi di oggi, ma di certo io che ho avuto l’onore di conoscere Raniero La Valle, oggi ultranovantenne, mi troverei decisamente più a mio agio con uno come lui che con un Alessandro Zan qualsiasi.
@ Francesco Non solo ci credo, ma ne ho anche conferma dai sondaggi che ogni tanto mi fanno vedere.
“La giornata di ieri ha marcato un passaggio: la competizione è tra Soru e Truzzu o Solinas, ma la Todde è fuori gioco e con lei i mullah e i chierichetti.” Ma lei crede veramente a queste affermazioni? Fuori da qualsiasi retorica, pensa veramente che Soru e la galassia di sigle che gli si stanno coagulando attorno possano vincere contro un cdx coeso? In questo schema non c’è spazio nè per Soru, nè per Todde.
Non capisco. Perchè pensa che sia ostile a Soru? Io ho chiesto solo una spiegazione partendo da una constatazione.
Io credo che Soru sia stato uno dei pochi presidenti di Regione ad avere le idee chiare, condivisibili o meno aveva e ha idee. Penso anche che nell’attuale panorama sia l’unico a poter essere votato, se non si imbarca troppi ex cdx e centristi, Ho condiviso tante cose fatte da Soru compresa la tanto vituperata riforma dell’Acqua con annessi e connessi. Credo che alcune cose, come sempre capita, potessero essere fatte meglio. Quindi credo che lo voterò. Non sempre fare una osservazione è essere ostile, ma semplicemente voler capire. Non sia sempre sulla difensiva. Ci si confronta. Tramite degli scritti, e questo rende tutto più difficile, ma è solo confronto.
Ho un pre-giudizio, ho letto il libro agiografico di Milia e ho partecipato, a Nuoro, alla sua presentazione, stamattina ho ascoltato gli interventi di ieri, Milia si è ripetuto, da Ucraina, a Brexit, a rinascita manifestazione casteddaia compresa, ecco da ascoltatrice attenta, da lettrice attentissima mi viene da commentare, per la prima volta in questo spazio, mi chiedo quale la visione, sinceramente me lo chiedo, perché mi sembra che invece che “ciccia” ci sia la solita vanità , 500 persone avrebbero meritato che so, un passo avanti, invece che la retorica autoreferenziale, non si girerà dall’altra parte, ma paret su poleddu de tziu Lizzeri, carrettiere nuorese che metteva il paraocchi al suo mulo
“ forza politica sarda che abbia le caratteristiche di un’istituzione, non di un partito. Infatti propone che il programma sia edificato sulle questioni centrali, statuali, della Sardegna, con una capacità di risolverle tale da renderle stabili, istituzionali, sottratte alla dialettica delle parti”.
Idea magnifica: peccato che idee così, ed altre altrettanto magnifiche (ed a volte vincenti elaborate dai popoli oppressi in ogni parte del pianeta) in Sardegna sorgano sempre e solo poco prima di ogni miserabile elezione regionale.
Nulla contro Milia, anzi….
@Enrico Ti fa velo l’ostilità va Soru. Quella legge giustamente restituiva agli enti locali faccende e faccenduole, poteri e potestà di loro competenza. Soru ha ben chiaro che il ruolo della Regione è governare i fattori dell’unità della Sardegna.
Nell’articolo si dice L’idea di una Regione pensatoio che fa solo pianificazione e delega la gestione di ogni cosa ai comuni è sbagliata, perché frantumerebbe la Sardegna.
Soru fu uno dei più convinti fautori di questa linea che viene definita sbagliata. Giusto a mente
Legge Regionale 12 giugno 2006, n. 9 Conferimento di funzioni e compiti agli enti locali
Legge regionale 6 dicembre 2006, n. 19 Disposizioni in materia di risorse idriche e bacini idrografici
LEGGE REGIONALE 8 agosto 2006, n. 13 Riforma degli enti agricoli e riordino delle funzioni in agricoltura. Istituzione delle Agenzie AGRIS Sardegna, LAORE Sardegna e ARGEA Sardegna.
Mi riesce difficile pensare ad un partito che abbia la presunzione di essere regolatore degli interessi generali. I “tratti di pericolosità” di questa idea stanno appunto in quello che si vorrebbe anticipare, lo stato sardo.
Nessuno, tanto meno un partito,a mio avviso, può pensare di trasferire la sua rete applicandola alle istituzioni, attribuendosi un ruolo connettivo, che tutto tiene. Il rischio sarebbe quello di proiettare nelle istituzioni il partito-stato. Una vera e propria velleità inaccettabile. E’ già accaduto e abbiamo visto con quali risultati nella storia dell’Unione Sovietica, ma anche nella stessa rappresentazione del potere interpretata dal regime fascista.
Le istituzioni democratiche nascono da un confronto fra gli interessi legittimi di cui ogni partito è portatore e quelli degli altri. Si tratta insomma di arrivare a dare un senso alla vita democratica attraverso la mediazione, trovando insieme le regole, presupposto di indirizzi e realizzazioni concrete. Per dire che ci deve essere uno sforzo comune da parte di tutte le forza politiche per costituire uno statuto che riscriva i principi di riferimento, il ruolo della Regione, re-inventandone i rapporti con i comuni e stabilendo le modalità dei rapporti con lo Stato e l’Unione europea.
L’idea di partito-stato è stata superata dalla storia, speriamo per sempre.
… Ma Graziano Milia seo cumbintu ca podet tènnere unu ruolu istraordinàriu po su cambiamentu chi serbit a is Sardos, a sa Sardigna (e no solu!) po fàere s’unione necessària chi naschet de sa realtade nosta e no de su “accordismo” chi nosi ‘arregalant’ is partidos italianos de dónnia genia e is pedidores sardos pedint.
Si is Sardos dh’acabbaus de èssere “Bator drommidos“ (“batosdrommidos”!), ma gente cun sustàntzia in su coro e in sa mente cun sa libbertade e responsabbilidade chi nosi tocat naturalmente e no de arregalu.