di Paolo Maninchedda
Una cosa è certa: il male svela il suo volto peggiore nella morte degli innocenti.
Lo svela quando un bambino si ammala e muore.
Lo svela quando un folle esce per strada armato e uccide chiunque incontri.
Lo rivela quando alcuni sterminano un popolo nelle camere a gas o nei villaggi africani.
Il male esiste, ma non ha una dimensione metafisica (il Diavolo). No, il male è un fatto storico strettamente connesso con la natura umana.
Il problema è che non si educa più nessuno a combattere il male nella storia e dentro se stessi, ad avere coscienza della fragilità e, talvolta, crudeltà della natura umana.
Sentire ieri i capi di stato europei dire correttamente che la guerra ai terroristi si vince con l’educazione mi ha riempito di sconforto.
Di quale educazione si parla?
Di quella delle scuole europee che la confondono con l’informazione?
Di quale educazione si parla quando si ritiene che sia scorretto avere un’idea di giustizia perché potrebbe colpire chi ne ha una differente?
Di quale educazione si parla nell’Europa del politically correct, che tutto giustappone e niente giudica?
Di quale educazione si parla in una Europa che ha paura delle differenze al punto da voler educare a un’identità global che, alla fine, come ci hanno insegnato prima Pasolini e poi Eco, si traduce in una educazione al solo consumo?
Di quale educazione si parla in un’Europa che ha inventato il metodo critico e poi lo ha trasformato nel metodo scettico?
Di quale educazione si parla in Europa dove il cristianesimo, fattore fondante dell’identità europea, è considerato più un problema che una risorsa?
Di quale educazione si parla in un’Europa nella quale ci sono vescovi, cardinali, pastori protestanti e tante, tantissime chiese vuote?
Di quale educazione si parla in un’Europa che ha paura delle emozioni e che per non parlare d’amore parla di sesso, che è come confondere il destino con lo sport?
Di quale educazione si parla qui da noi, dove i giovani stanno fuori di casa dalle 8 alle 17 e non hanno più modelli a cui ispirarsi, conoscono solo i genitori del pranzo e della cena, forse qualche allenatore, forse qualche compagno/a, forse l’oratorio o una palestra, ma nessuno che risponda alla domanda di significato sulla vita e che indichi una strada?
Essere giovani significa farsi domande e pretendere risposte.
Un giovane è una grande domanda di compimento, una domanda eroica, indifferente al pericolo e allo sconforto. La bellezza e il rischio di essere giovani è proprio questa radice temeraria, questa pretesa di senso, di felicità, di compimento. Chi insegna ai giovani a percorrere il duro apprendistato della vita senza perdere questa energia e senza cedere alla facile tentazione della violenza?
Chi insegna ai giovani a contrapporsi al male, se il male non è più un problema per definizione?
Come si combatte chi promette il paradiso in cambio del martirio ottenuto uccidendo i nemici, chi manipola l’eroicità naturale dei giovani?
I cattivi maestri si combattono con i buoni maestri, non c’è altra strada. Abbiamo bisogno di testimoni, di gente ferma e buona, di modelli imperfetti ma amabili.
I giovani hanno bisogno di senso non di carriere, invece l’Europa insegna a non porre domande sul senso della vita ma a concentrarsi sulle carriere, a sentirsi delle cacchette se non si è i numeri 1, a studiare non per sapere ma per diventare ricchi, a sgomitare e a fare sgambetti perché questa sarebbe la vita, a recitare nei riti di socievolezza collettiva, a girarsi dall’altra parte dinanzi al dolore degli altri perché tanto non c’è risposta.
È vero: l’estremismo e il terrorismo si combattono con la cultura e l’educazione, ma l’educazione provoca a scelte, a visioni, a battaglie incruente, a scelte di campo, a verità, a impegno, in una parola a un nuovo ordine che non è quello del solo equilibrio di bilancio. Pensate alla natura costitutiva dell’Unione europea. L’Unione dà ruolo agli Stati, non ai partiti europei, che è come dire che non contano i cittadini ma gli apparati, non conta il Parlamento, ma l’Amministrazione, non conta la persona, ma la struttura. In una parola, l’Europa è una struttura anonima senza identità fondata sul potere che esercita su se stessa. Nelle periferie europee dilaga l’infelicità e i profeti del Male vi fanno proseliti senza neanche muoversi da casa, col solo computer.
Noi dobbiamo dire che non ci rassegniamo a questo stato di cose.
Noi vogliamo nuovi maestri.
Non rinunciamo ad amare, non rinunciamo a conoscere, non rinunciamo a lottare per essere migliori, liberi e il più possibile felici.
Comment on “Gli innocenti”
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Grazie. Ancora belle parole su cui riflettere. Tutti dovrebbero porsi questi interrogativi e chi governa trovare una risposta vera e non “di comodo”, ma…..