La notizia di oggi è che l’ex comandante dei vigili urbani di Arzachena non era uno che scambiava piatti di spaghetti in ristorante con vigilanze pubbliche gratuite del locale. Non era un assenteista. Non era un profittatore. Non aveva commesso né truffa, né peculato, né abuso di ufficio.
Oggi i giornali danno conto della sua assoluzione, con La Nuova Sardegna che dà all’argomento l’apertura e anche l’articolo di fondo, giustificante la parità di trattamento, cioè il risarcimento con la prima pagina della macelleria a tritatutto cui il poveraccio era stato sottoposto dallo stesso giornale per tre anni in nome del diritto di cronaca.
Il problema è, però, che oggi sui giornali non trovate un solo nome di quelli che condussero le indagini; un solo nome dell’ufficiale di polizia giudiziaria che mise su l’impianto accusatorio; nessuna inchiesta per sapere se per quella indagine qualcuno ha ricevuto encomi e premi.
Niente.
La colpa di aver massacrato un uomo è anonima, anche per i giornali coccodrillescamente impegnati a restituire dignità e rispetto.
Non parliamo poi di un altro aspetto: ovviamente i difensori del comandante avevano fatto tutti i ricorsi possibili contro i provvedimenti interdittivi emessi dal Gip e si erano rivolti ai tribunali del riesame, tutti ovviamente respinti, perché i tribunali del riesame non leggono manco una-paginetta-una manco a pregarli. Intervengono solo di fronte a fatti macrospici.
Ecco, questa schifezza della pena del processo prima del processo, nessuno la racconta. Nessun nome, tutti dormono.
Contemporaneamente, ma non casualmente (perché la Giustizia è in una fase di grande confusione), mi pare ci sia un desiderio diffuso di archistar, una voglia di ritorno ai tempi nei quali si cercava di far intervenire in Sardegna gli architetti alla moda.
Anche in questo caso non bisognerebbe avere alcuna nostalgia di una stagione di privilegi e di tutele che non ha prodotto nulla per la Sardegna, se non progetti preliminari, cioè poco più che disegni, pagati fior di milioni (conosco un solo caso di preliminare regalato).
Mi pare che si ricominci a cercare il progettista prima della gara di progettazione e ho un ricordo preciso delle decine di carabinieri e di finanzieri che ronzavano intorno all’assessorato ai Lavori Pubblici quando ero assessore, in attesa che facessi proprio questo errore cioè decidere le persone prima dello svolgimento delle gare, o peggio, dessi incarichi direttamente sotto soglia.
Oggi gli incarichi della vergogna, quelli da 39.999 euro, sono una costante dell’amministrazione regionale e di quelle comunali, ma nessuno indaga né obietta.
A Cagliari si vuol fare qualcosa di monumentale, di grande, e non si è capito che la monumentalità è in contrasto con una visione del mondo sostenibile, integrata, paesaggisticamente non violata.
A Cagliari si vuol fare lo stadio dopato (ho fatto un accesso agli atti sullo stadio, perché mi pare che sia stato concesso a taluni ciò che è stato negato agli altri e perché non tollero che sullo stadio ci sia un solo euro di finanza pubblica mentre si fanno crollare le case di sant’Elia) e il lungomare archistarizzato.
Benissimo.
È legittimo pensarlo, ma poi si devono fare le gare e devono essere chiare e trasparenti, non derogate a favore dell’arrivo in città di questo o quel pifferaio magico della bellezza.
Ovviamente, gli ordini professionali di architetti e ingegneri, un tempo loquacissimi, oggi tacciono.
Tutto si tiene a Cagliari, con briciole e tozzi di pane.
Come non condividere quanto testimoniato dal Sig. Franco Sardi. Un betile che nascondesse alla vista anche uno solo dei tramonti che madre natura dipinge sul golfo di Cagliari sarebbe come disegnare i baffi alla Gioconda.
A proposito di Lungomare archistarizzato, quasi mi commossi quando riuscii a sbloccare le rigidità di alcuni amministratori semplicemente portandoli ad un tramonto, di quelli che Cagliari sa offrire, su quel rialzo dello sterrato che ancora dominava una quindicina di anni fa l’ingresso del Lazzaretto e dissi loro: tutto questo non lo vedrete più, sarà nascosto da un betile di cemento armato inesorabilmente destinato ad essere rapidamente corroso dalla salsedine (per una prova provata si confrontino oggi gli immobili archistaricamente realizzati all’Arsenale de La Maddalena)
Sui costi di gestione di megastrutture culturali o sportive mi lascio lo spazio per un prossimo commento
Sostenibilità virtù faticosa per la politica
È anche il modella Genova… l’Archistar che si offre illustrando il plastichino?
Cosas de furriare s’istògomo. Ma a ndhe ant a zúghere? O a su postu de s’istògomo (pro su pagu… chi serbit) zughent unu “inceneritore” o termovalorizadore chi “termo” valorizat ite e brusiendhe e isperdindhe (ma “incassando”) ite?
Custa za est abberu pandemia, àter’e che covid 19!
Nachi como “niente sarà come prima” e ca b’at ‘pandemia’ chi no passat mancu si isperdet zente cosa e logu mi paret chi, cun su monte de milliardos de su “recovery plan” ndhe ant as fàghere a cadhu e a pè prus assatanados de innantis. Ant a fàghere peus de sas deghe “piaghe d’Egitto” coment’e chi s’Umanidade chi cheret apenas campare cun d-unu pagu de dignidade tentzat curpas prus mannas de cudhos faraones.