Caro Paolo,
ho letto con attenzione ciò che hai scritto. E come ti avevo preannunciato ti rispondo.
Alcune delle tue argomentazioni, racconti di fatti accaduti e circostanze certificate di ingiustizia, di disfunzioni, anche gravi, del settore giudiziario della macchina pubblica sono fondate e incontestabili. Descrivono situazioni difficili da sopportare soprattutto per chi diviene vittima di tali sciagurati eventi, anche indirettamente, come succede ai familiari, soprattutto a quelli più vulnerabili e fragili, come i figli in tenera età. Quei fatti e quelle circostanze segnano profondamente la vita degli innocenti, molte volte in modo irreparabile.
Ciò detto, i principi del diritto e i diritti declinati nella Costituzione italiana definiscono un sistema di giustizia vero, rispettoso di persone e comunità, affidato alla responsabilità del Parlamento e del Governo, che devono garantire condizioni e mezzi adeguati alla loro piena e corretta attuazione. Un sistema affidato alla professionalità e all’intransigente rigore morale degli operatori della “Giustizia”, dell’accusa e della difesa, ai Giudici a cui compete la decisione. Affidato ad ogni cittadino nella responsabilità di scelta politica che interamente appartiene al “popolo” in nome del quale si fanno e si applicano le leggi.
Sarebbe troppo lungo ricordare i meriti della magistratura italiana e delle nostre forze dell’ordine, che affrontano quotidianamente rischi anche gravi, soprattutto nel contrasto alla violenza criminale e terroristica. Personalmente sono portato a riconoscere i sacrifici. Sono propenso a considerare la “buona fede” nello svolgimento delle funzioni pubbliche delicate come quelle affidate ai sistemi giudiziario e di ordine pubblico, a valutare come sia possibile prevenire ed evitare gli errori piuttosto che muovere accuse o sollecitare sospetti. Non possiamo, però, non considerare le conseguenze degli “errori” giudiziari, qualunque sia stata la causa che li ha determinati. Ti riconosco, pertanto, il merito di aver richiamato tutti ad una discussione vera, fuori dalle strumentalità, dentro il coraggio che il tema merita.
Ti rispondo, perché c’è una verità sopra ogni altra in ciò che hai scritto, quella che denuncia l’uso politico/mediatico dei fatti di giustizia, quella modalità veramente miserabile di violare la legge, le procedure, le garanzie dovute alle persone, ovvero il diritto e i diritti sanciti nella Costituzione Repubblicana per ogni cittadino, senza pagare prezzo, senza subire pena, senza patire una più che meritevole censura morale.
Ci sono comportamenti da sciacallaggio in politica e nel mondo dell’informazione che si promuovono e si somministrano nelle tipiche modalità disponibili ai gestori dei mezzi di comunicazione di massa, oggi potenziati da un incontrollato uso della “rete”. Chi è protagonista di tali comportamenti è sistematicamente ospitato in varie reti televisive, anche in quella di Stato sostenuta dal canone a carico di tutti i cittadini. Scrivono in fogli scandalistici e si arricchiscono, attraverso il sistematico insulto, incitando violenza e turbando la serenità della società regolata, quella che ha conquistato la convivenza civile mettendo limiti alla barbarie. Offendono con odio indicibile persone a loro totalmente sconosciute, non conoscono fatti, circostanze, differenze che attraversano le vicende sociali, politiche ed umane che trattano. Hanno una chiara matrice “anti-diritti”, “liberticida”, presupposto e sintomo di una crescente e diffusa incultura.
La giustizia giusta è quella che segue il percorso formale della legge. I processi costruiti negli studi televisivi o nei giornali sono sommari ed ingiusti, non consentono difesa, mirano a condizionare la terzietà di chi è chiamato a giudicare. Quel segmento dell’informazione/spettacolo che si abbandona al linciaggio, non attendendo gli esiti dei procedimenti, anzi tentando di anticiparli o di influenzarli, ha la responsabilità di aver reso più debole e meno credibile l’azione giudiziaria. Un fatto questo gravissimo, mina il pluralismo dei poteri, i fondamenti dello stato democratico. Rischia di punire irreparabilmente tante persone innocenti.
Io, caro Paolo, è noto a tutti, non so cosa sia l’odio. Non so cosa sia la denigrazione dell’avversario politico, conosco e pratico il confronto nel rispetto verso tutti. Ma lo sciacallaggio è veramente insopportabile. È una pratica che tanti uomini eroici hanno subìto anche nella storia tormentata della nostra terra, una pratica che muove in me fierezza di sardo combattente contro l’ingiustizia e la barbarie.
Un abbraccio
Luciano