Il modo con il quale si fa informazione in Italia (e in Sardegna) rivela la forza reale dei poteri che si confrontano nella realtà di tutti i giorni.
Sabato scorso, 28 maggio, alle ore 13 è andata in onda l’edizione di metà giorno del Tg2.
Se andate al minuto 20.12 potete ascoltare un servizio sui referendum sulla Giustizia, dedicato al quesito sulla custodia cautelare.
Vengono intervistati Maurizio Turco, segretario del Partito radicale, a favore del Sì, che ricorda che sono stati tantissimi gli italiani finiti in carcere da innocenti perché un magistrato superficiale ha pensato bene di far fare loro la galera prima del processo, e dopo il dott. Mario Palazzi, sostituto procuratore presso la Procura di Roma. Il dott. Palazzi, per convincere a votare No, invita i telespettatori a immaginare una ragazza afflitta da uno stalker e ricorda che oggi, a leggi vigenti, il magistrato può arrestarlo per impedire che reiteri il suo reato, con la vittoria dei referendum questa possibilità, a suo dire, verrebbe invece meno.
Io non so se il dott. Palazzi abbia selezionato con cura questo esempio per colpire l’immaginazione dei telespettatori, oppure se gli sia venuto alle labbra senza riflettere, perché ciò che ha detto è di enorme gravità. Sono certo di una cosa: un magistrato donna non lo avrebbe usato. Tra lo stalking e la carcerazione preventiva c’è lo stesso rapporto che passa tra una poesia di Petrarca e un comizio dell’on.Razzi.
In primo luogo c’è da chiedersi: come mai, se la legislazione sulla carcerazione preventiva è realmente così efficiente nella repressione e prevenzione di un crimine così odioso come lo stalking, di stalker in galera ce n’è pochissimi e tutti, dico tutti, dopo che non solo il reato è stato abbondantemente reiterato, ma spesso dopo che il reato si è trasformato in atti più violenti?
Come si fa, in epoca di diffusi femminicidi, che dimostrano prima di tutto la crisi educativa del nostro tempo e in secondo luogo la sottovalutazione da parte di magistratura e forze dell’ordine di reati, spesso domestici, tanto nascosti quanto diffusi, ad usare l’emozione reattiva che i reati contro le donne giustamente determina per impedire che si ragioni sul più grave e ingiustificato potere di un magistrato, quello di privare una persona della libertà prima di un processo?
Lo si fa perché si è certi del proprio immenso potere. Si fanno esempi così ingiustificati e impattanti per bloccare sul nascere le domande e le risposte, per coprire con la paura il ricordo dei detenuti in attesa di giudizio che si sono suicidati, o di quelli che dopo anni sono stati dichiarati innocenti senza che mai, dico mai, un magistrato abbia pagato per i suoi errori.
Questa tecnica, usare la paura per bloccare la ragione, è tipica di una concezione del potere che usa gli effetti del terrore per mantenerlo. Se a voi sta bene, a me no.
Mercoledì 8 giugno sono stato invitato a partecipare a una tavola rotonda con magistrati e avvocati. Chiedo a tutti coloro che potranno farlo di partecipare e di diffondere la voce. Ovviamente i quotidiani sardi non danno e non daranno la notizia, confermando così la loro evidente inutilità.
Non vi è dubbio che anche la magistratura debba valutare, come tante istituzioni un tempo rispettate e rispettabili, come riacquisire credibilità e autonomia, coniugando competenza con moralità, parola da molti non amata. Solo così potrà esercitare di nuovo il suo potere con giudizio.
L’esempio dello stalkeraggio è infelice per tanti motivi. Primo perché spesso i magistrati hanno sottovalutato la pericolosità di soggetti più volte denunciati, con conseguenze senza rimedio per le donne. Potremo fare anche altri esempi. Non solo la cronaca italiana propongono casi in cui la violenza della legge sarebbe stata giustificata, ma non la si è esercitata. Il discrimine fra il giusto e l’ingiusto è così labile, ma io credo che una buona formazione di queste preziosissime figure (e dico formazione e non competenza) sarebbe sufficiente ad ovviare ad alcune delle storture più grandi.
Ho una certa difficoltà a credere che un referendum possa darci una soluzione. Perché è stato difficile formarsi un’opinione e prevedere le conseguenze di alcune scelte. Perché da molti anni in Italia abbattiamo e ricostruiamo vincoli senza renderci conto che il problema siamo noi, gli Italiani da ricreare come soggetti, attori di comportamenti virtuosi, civili e democratici, e non compartecipi del degrado che è in ogni struttura, in ogni istituzione. Non credo che non vi siano persone che siano veramente guida e che sappiano discernere ed indicare la strada, ma non ne vedo (nei telegiornali e nei deprecabili talk-shows) che non siano in qualche modo coinvolti o che non si possa sospettare parlino per difendere la loro parte o loro interessi.
Se si usasse lo stesso principio che si utilizza per sindaci e funzionari pubblici chiamati a difendersi nei tribunali italiani dall’accusa di non aver fatto tutto il possibile per evitare danni e vittime di alluvioni, terremoti, insomma, per non aver fermato le forze della natura, quanti magistrati e graduati delle forze dell’ordine dovrebbero essere chiamati a rispondere per non aver fatto tutto il possibile per evitare le vittime degli stalker?
Perché la loro capacità di prognosi per ordinare arresti preventivi nel caso dello stalking fallisce miseramente a scapito di tante vite umane di povere donne, mentre per amministratori pubblici, imprenditori, e tante altre persone comuni sembra non fallire mai, ma sempre a scapito di tante vite rovinate per arresti e accuse contro persone innocenti? Perché non si legge mai di scuse pubbliche per fatti accertati di mala giustizia?
In assenza del lavoro quotidiano della politica in parlamento, speriamo che almeno i cittadini vadano a votare.
Eja, deo voto SI.
Custu de sa “carcerazione preventiva” assemizat meda a su chi mi contaiat onnusogru de candho fit bènnidu Benito a Carbónia e fit coladu in Santu Giuanni puru: a un’amigu de onnusogru, Ruggero Diana, chi fit socialista, che l’aiant postu in presone pro s’ocasione: “prevenzione”!
In ‘democrazia’ no b’at bisonzu de fascismu pro èssere fascista e a unu dannu ipotéticu a chie podet bènnere istrobbadu menzus unu dannu garantidu e fintzas marcu de disfàmia a vida a s’ipotéticu istrobbadore fintzas cun pàzines de ‘cronaca’ e unu “trafiletto” a dibbatimentu “celebrato” a sa scaréscia pro lu lèzere a microscópiu, si puru faghet a si ndhe abbizare chi bi est, ca, eja, za est prus iscàndhalu su male chi si faghet (si no est cuadu che a su cancru), e su bene invetze fintzas in sa lughe de su sole est sa normalidade de chie cheret èssere normale e no faghet iscàndhalu pro fàghere “cronaca”.
Ma sos aprofitadores ite sunt, normales?
Chi non va a votare il referendum è complice di questo sistema che ormai è chiaramente marcio e inevitabilmente da riformare
Ho il concreto timore che il quorum non venga raggiunto. Complice una non campagna di informazione e anche il fatto che l’attuale legislazione costringe a formulare i quesiti referendari in maniera tale che il cittadino si trovi spiazzato e rinunci. Io andrò e voterò SI. Pur nella consapevolezza che sarebbe necessaria una riforma ben più articolata e completa. Sul tema della carcerazione preventiva, o meglio sull’uso che di essa si fa in concreto, lasciamo perdere. A dire quello che si pensa si rischia la denuncia.
Ciao, sarei venuto volentieri ma sono fuori Cagliari