Diciamola tutta e in chiaro: la gestione della continuità territoriale aerea da parte del presidente Solinas è stata un grave fallimento il cui costo è tutto sui sardi. Questa semplice verità, dimostrabile per tabulas (cioè carte alla mano) è una responsabilità personale del presidente. Fu lui, infatti, in solitaria, a partecipare alla celebre conferenza telematica del marzo 2019 con la quale fermò l’iter predisposto dalla Giunta Pigliaru sulla nuova continuità territoriale.
Fu Solinas a ingoiarsi senza battere ciglio la chiusura di Air Italy a Olbia.
Ed è oggi Solinas che, grazie ai contributi pubblici all’editoria, si vede celebrato sui giornali per il ripristino della continuità aerea nella forma primitiva dell’epoca Floris.
L’attuale continuità aerea ha del ridicolo. L’opposizione tace, stontonata dai piccoli favori e dall’assenza di idee.
Si vola solo su Roma e Milano.
Non esiste più la tariffa unica per residenti e non residenti.
Si hanno meno voli e meno tutele per i residenti.
In sostanza i sardi sono ostaggi di chi prenota per primo, sono ostaggi del click.
Cosa ci sia di celebrabile in tutto questo, io fatico a capirlo.
Poi c’è l’energia.
Ieri si è svolto un convegno a Cagliari; invitati istituzionali, il sottosegretario Todde e il Presidente Solinas. Relatori, un docente della Luiss, Soru e Chicco Testa.
Mancava qualcuno, e non uno qualunque.
Mancava Pigliaru che è stato l’unico a proporre un Piano Energetico diverso dai precedenti, cui io avevo contributo con grande convinzione. Quel Piano Energetico era esattamente agli opposti delle decisioni assunte dal governo Conte sull’elettrodotto e sul rapporto in Sardegna tra energia e sostenibilità.
Mi spiego. L’idea del Piano Energetico Pigliaru era semplice: rendere il più possibile autonome dal mercato elettrico le abitazioni e gli edifici pubblici, favorendo gli impianti fotovoltaici sui tetti e sugli edifici pubblici collegati in rete.
Si pensava alle isole energetiche, cioè a reti intelligenti che bilanciassero consumi e accumuli di piccole porzioni di produttori e consumatori.
Come si immaginava di bilanciare il sistema?
Con ciò per cui personalmente mi sono adoperato con grandissima convinzione: con l’idroelettrico, la grande risorsa rinnovabile della Sardegna.
La Giunta Pigliaru ha portato l’Enel di fronte al tribunale delle acque per riprendersi dighe e centrali non costruite dall’Enel, ma dallo Stato, cioè da noi.
In particolare, l’obiettivo era la centrale sul Taloro (siamo riusciti a riprenderci le centrali sul Tirso, sulle altre, invece, annaspiamo), vera gallina dalle uova d’oro per l’Enel su cui ora il pluto energetico immagina di raddoppiare la produzione senza alcun vantaggio per i Sardi se non i quattro spiccioli che l’Enel è contenta di versare ai paesi del Bin Taloro.
Questa ricchezza nazionale sarda, invece che essere messa a protezione ed equilibrio della rete sarda, è stata collocata a protezione del sistema siciliano, hub di ingresso e produzione del celebre elettrodotto tirrenico.
La scelta del governo Conte, presa in totale solitudine, cioè dialogando solo con l’Enel, che è peggio del demonio per i sardi (ma questo la Todde non lo sa né riesce a capirlo), è stata appropriarsi delle rinnovabili sarde (cioè dell’idroelettrico) per proteggere il sistema ordinario siculo. Ovviamente Solinas di questa storia non ha capito una cipolla, ma la Todde non può venire qui a esibire allori; dovrebbe fare ammenda e revocare gli atti inconsulti cui ha concorso.
Poi c’è Chicco Testa che, per non farci mancare nulla e da grande snob qual è, l’altro giorno ha rilasciato un’intervista in perfetto stile Enel, nella quale ha detto ai sardi che hanno bisogno di un’altra centrale elettrica a carbone. Si può mandare a quel paese anche lui? Mandato.
Dinanzi a queste solennissime e dannosissime follie, il Centrosinistra dovrebbe portare subito in Aula una legge con cui elargisce contributi a fondo perduto a tutte le famiglie e gli enti pubblici sardi per l’installazione di pannelli fotovoltaici e la realizzazione di reti intelligenti. Questo sarebbe un vero contributo in bolletta. Si garantiscano contributi per l’80% della spesa, si prema sul governo italiano perché induca Enel a cedere le centrali idroelettriche, si trasformi Enas in un’agenzia energetica, si usino le dighe e non i campi per l’energia. Spero vivamente in qualche consigliere regionale sveglio. Passiamo dal più pilu per tutti della Destra a più pannelli per tutti della Sinistra.
Il mio ragionamento non è quello di sostituire qualcosa, ma bensì di razionalizzare le risorse, il termoelettrico e eolico funziona anche la notte.
Occorre studiare tecnologie per sfruttare tutti i bacini possibili e non solo studiare per accapparare terre da coltivare energia.
Le pompe e le turbine penso che possano già essere costruite in Sardegna, esiste già la tecnologia per sfruttare anche i piccoli corsi d acqua, per non rivolgere risorse solo in un senso.
Gli interessi di qualcuno non sono per forza coincidenti con le necessità dei sardi
Lei propone il Taloro come “grande naturale batteria” per mantenere in equilibrio il sistema elettrico sardo. Sarebbe auspicabile che l’idroelettrico potesse assolvere a tale funzione in un sistema che rifiuta i grandi impianti eolico e fotovoltaico ma ad oggi, tutti gli impianti idroelettrici, che se non erro sono 16 producono un totale annuo di poco più di 400 Gw su un totale energia prodotta (termoelettrico, fotovoltaico, eolico) di oltre 13.000 Gw annui. Anche raddoppiando o triplicando la potenza prodotta l’idroelettrico, purtroppo, in Sardegna non può avere da solo quella funzione che lei auspica. È necessario che si installino sistemi di accumulo che permettano, una volta spente le centrali termoelettriche, alle FER di fornire energia sufficiente al consumo privato ed alle imprese. Un contributo importante lo possono dare le Comunità energetiche rinnovabili che possono, almeno in parte, portare la produzione di energia nelle mani dei cittadini sottraendola alle multinazionali dell’energia (Enel è una di queste) che forti di capacità finanziaria e di capacità persuasiva impiantano sistemi di produzione energetica nella sola logica del profitto.
Si potrebbe studiare la possibilità che le dighe in Sardegna possano essere utilizzate come batterie (nei laghi che hanno un bacino superiore ed uno inferiore) usando le turbine nella notte per produrre energia per caduta naturale quando non produce il fotovoltaico e risollevando le acque nel bacino superiore tramite le potenti pompe che si usavano un secolo fa nelle miniere sfruttando i picchi di corrente che producono i campi di fotovoltaico di giorno avendo un circuito chiuso con energia “birdi” senza cavi in mare o centrali di batterie costruite da finanziarie e ripagate con le bollette dei sardi.
Ma purtroppo è troppo semplice e non si puo’ non prendere i soldi dal portafoglio dei sardi, occupare le terre fertili che producevano grano per dare energia alle industrie energivore del continente .
È quindi necessario continuare a negare ai sardi la ripartenza produttiva di quelle nostre per non alterare la nostra cronica dipendenza dalle botteghe romane
E dunque Lei, Luciano, L’importante è chi esercisce e non chi è proprietario dell’infrastruttura e dell’energie prodotta? Prendo atto, ma forse dovrebbe rifletterci sopra. Certo, la mia idea era di formare tecnici per la gestione, ma è stata interrotta. Però Lei che è bravo a fare e rimprovera a noi di saper solo dire e di non aver fatto, magari potrebbe proporsi per fare.
Analisi bella, ma analisi rimane.. dopo che la regione Sardegna si è ripresa la diga del Tirso, non del taloro.. che se n’è fatto? Oggi chi esercisce quell’Impianto tolto ad Enel? Enas per caso? Ma manco per le balle.. Esercisce Enel e le spese straordinarie le paga regione. Bel risultato direi… Bravi in enunciazioni tutti..
Mi permetto di aggiungere che il Piano Energetico della Giunta Pigliaru considerava il sistema energetico regionale nella sua interezza e complessità (non ci sono soluzioni semplici ad un cambio di paradigma di come produrre, distribuire e consumare energia: che si sia imprese o cittadini quando clicchiamo sull’interruttore la lampadina si deve accendere, sempre, e a costi sostenibili). Trasformare il sistema energetico sardo verso una configurazione integrata e intelligente, aumentare la sicurezza energetica, aumentare l’efficienza e il risparmio energetico, promuovere la ricerca e la partecipazione attiva in campo energetico, questi erano gli obiettivi strategici. Una visione che guardava avanti, se si pensa che gli scenari previsti, eravamo nel 2016, dovevano consentire di ridurre le emissioni del 50% al 2030 (l’obiettivo europeo a quel tempo era una riduzione delle emissioni di gas effetto serra del 40% rispetto ai valori del 1990 e solo con la Legge europea sul Clima del 2021 si è fissato al 55%), sviluppare un sistema energetico basato sul concetto di energia condivisa e distribuito e su un modello energetico basato sulle reti intelligenti e sull’autoconsumo. Con grande anticipo veniva affrontato il tema della decarbonizzazione dell’economia, non in maniera ideologica, ma comprendendo che avevamo bisogno comunque di una fonte fossile di transizione a minor impatto ambientale, individuata nel GNL con cui sostituire parte della produzione elettrica a carbone, dall’altro lato si stabiliva che tutti i nuovi interventi sulle FER finanziati con risorse pubbliche avrebbero dovuto destinare almeno il 50% della produzione al consumo. A queste linee di indirizzo se ne aggiungevano altre che gettavano le basi di un sistema, nel quale venivano individuati 11 “distretti energetici”, nei quali, mentre si promuoveva l’efficientamento energetico, si sarebbero dovuti sempre più sviluppare interventi in grado di “consumare” o “accumulare” e gestire in “maniera distribuita” localmente o a livello regionale l’energia prodotta, a partire da quella da rinnovabili che doveva essere prioritaria. In questo sistema complesso il Taloro, opportunamente gestito ed adeguato, doveva costituire la naturale grande batteria messa a disposizione per stoccare energia e produrla quando necessario, una batteria necessaria ma non sufficiente a sostenere la progressiva elettrificazione del sistema. Potrei continuare a descrivere cosa prevedeva il PEARS approvato nel 2016, ma credo sia del tutto inutile, dal momento che, anche da quanto sta accadendo e dalle interviste che vengono quotidianamente rilasciate, da maggioranza ed opposizione, sembra che nessuno sia disponibile a prenderlo come base di una discussione seria. Anzi, con una notevole, del tutto personale, profonda delusione mi rendo conto che la stessa parte politica che ha sostenuto la Giunta Pigliaru non ha compreso la portata innovativa della proposta e non è stata disposta in questi anni a promuoverne l’attuazione. Se lo avessero fatto, con convinzione, probabilmente oggi non staremmo a discutere di un DPCM che non è altro che lo specchio di ciò che non è stato fatto finora. Avremmo avuto infrastrutture per approvvigionarci di GNL a condizioni tariffarie analoghe a quelle nazionali, saremmo stati noi stessi una piattaforma e deposito nazionale, avremmo sostenuto sin dal 2019 lo sviluppo delle comunità energetiche di cittadini e di energia rinnovabile, dei gruppi di autoconsumatori che agiscono collettivamente. Si sarebbero potenziati gli interventi per l’efficientamento energetico di imprese e degli immobili pubblici e privati, si sarebbe promosso lo sviluppo delle smart grid. Si sarebbe proceduto a realizzare un piano attuativo per le rinnovabili che fissasse obiettivi per fotovoltaico ed eolico compatibili con i target nazionali ed europei, definendo le modifiche normative ed attuative necessarie a rendere sostenibile economicamente, ambientalmente e socialmente la scelta di produrre energia dal sole, dal vento e dalle altre fonti verdi. Avremmo potuto discutere di come partecipare attivamente ai principali progetti strategici, individuando anche le forme più opportune per massimizzare le ricadute sul territorio. E invece siamo qui, fermi, a discutere inutilmente di un DPCM che è il risultato della nostra inazione collettiva, perchè quando non si fa, c’è sempre qualcuno che occupa lo spazio che lasciamo libero e spesso opera in senso opposto a quello che dovrebbe essere il nostro interesse.
Sono d’accordissimo, Ale, tema misconosciuto e importantissimo.
Capisco che Roma non sia stata costruita in un giorno e che tutto il sistema burocratico rallenti qualsiasi realizzazione, ma i Piani ideati (energetic,sanitario etc) dovrebbero avere anche un rapido compimento e non essere lasciati poi in mano a chi ideologicamente li ha avversati o addirittura non li ha capiti..L’alternanza al governo del potere pubblico sarebbe positivo se quando si governa si portano avanti i programmi e non ci si limita all’esposizione di un’idea
Si potrebbe valutare anche il possibile sviluppo della geotermia.
Opsss….Soru.
Il fatto che a fianco di Cico(Testa), Garcia e il docente alla Luiss ci fosse Soru spiega molto sulla mollezza dell’opposizione in consiglio regionale e sugli interessi calpestati dei sardi.
Ma lui aveva visione….
Ciò che sta succedendo era chiarissimo da tempo.
Si andava in quella direzione li!
…non ho grandi conoscenze su ciò che si muove all’interno di ministeri e regione, ma si vedeva ad occhio nudo che l’occupazione del territorio , l’assalto alle coste, le interviste prezzolate su TV, giornali, siti dei lobbisti, erano è sono scatenate in questo periodo come mai prima d’ora.
Quel piano del fotovoltaico domestico e aziendale con l’uso dei bacini idrici è l’uovo di colombo … fatto così, potrebbe dare un senso anche alla mobilità elettrica che ora è solo un gioco delle tre carte, attivando un importante indotto, forse, unico al mondo.
Ma la sporca realtà quotidiana dell’energia è un altra…
Esempio:
Lasciamo perdere le bollette…
nel mio comune (mai successo prima) non si trova un sacchetto di Pellet a pagarlo oro!
Anche se non ho mai capito come sia possibile in Sardegna -e al Sud- non utilizzare, invece del Pellet, il nocciolino che produciamo.
Pellet a camionate dal Canada e nocciolino Sardo a cuccerinu!
Roba da malicomio!
Giustu!! Cundividu deunudou custa ipótesi de lei regionali urgenti po is impiantus fotovoltàicus in is domus privadas e is localis púbblicus. (Personalmenti tengu s’impiantu fotovoltàicu giai de su 2007, fatu a ispesa mia, cun pannellus de cussus annus – ma immoi rendint meda de prus e prus piticus puru – e andat bèni meda).
Ma, a parti totu is progetus de ispeculatzioni e aprofitamentu de chini benit a fai dinai de bentu e soli in Sardigna, e furas de s’Enel, est assurdu e machiori mannu e dannu, isceti aprofitamentu de leonis, a ocupai is terras (e is mellus terras puru comenti ndi connòsciu unus cantu innòi in su Sulcis, a serras fintas) a impiantus fotovoltàicus o termodinàmicus! E no fuedheus de s’eólicu!!
È bello sperare nei miracoli… 😢
Grazie Professore, dovremo ringraziarla tutti perché con le sue preziose analisi ancora una volta NESSUNO potrà dire “ma noi non lo sapevamo”. Chi fa “finta” di non vedere che si sta attuando un preciso, reiterato e pubblicamente annunciato programma di vassallaggio dei Sardi e della Nazione Sarda è un volenteroso carnefice di noi tutti. Di noi tutti, privati delle occasioni di sviluppo e privati della speranza di rinascita.
Hanno restituito alla Sardegna la diga sul Taloro? NO
Finalmente una analisi completa e comprensibile; in questi giorni era impossibile capire le proposte in campo. Grazie Paolo