Premessa personale Voglio sgombrare il campo da un possibile equivoco: non ho più intenzione di candidarmi ad alcunché.
Questo però non significa che mi voglio arrendere, anzi.
Se c’è una cosa certa è che voglio combattere civilmente e concorrere a organizzare un’alternativa al degrado politico della Sardegna, che è degrado educativo, culturale ma anche politico e istituzionale, perché la crisi è prima di tutto crisi della sproporzione tra i diritti dei sardi e i poteri, deboli e delegati, di cui essi dispongono.
Voglio aiutare, culturalmente, politicamente e organizzativamente, chi vuole opporsi a questa Giunta e candidarsi per governare una nuova fase.
Quindi sarò professore, aiutante e resistente.
Fase 2 Si illude grandemente chi pensa che la ripresa della normale vita politica si svolgerà sotto il segno della caduta della Giunta Solinas. Non succederà niente, fuorché una grave crisi finanziaria dovuta a minori entrate e maggiori costi.
I gravi errori commessi prima dell’epidemia (il fallimento globale della politica dei trasporti con il crollo della continuità territoriale e la liquidazione di Air Italy; il folle accordo sulle Entrate; il Piano di controllo politico dell’amministrazione regionale ecc. ecc.) e dopo (la pessima gestione degli approvvigionamenti dei materiali di protezione del personale sanitario e della popolazione, la disgraziata gestione di alcuni ospedali e delle RSA, l’incapacità di fronteggiare l’epidemia di Sassari, la scelta di non fare tamponi, la clausura imposta a piccole comunità facilmente monitorabili e gestibili ecc. ecc.) non comporteranno la caduta della Giunta.
Chi spera nell’indignazione non conosce i livelli di istruzione, di comprensione e di sopportazione presenti oggi nella società sarda.
Sicuramente Solinas farà un rimpasto, il primo, ma niente di più.
Resistere Chi vuole opporsi a questa Giunta regionale e a ciò che essa rappresenta deve sapere che è necessaria una lunga e faticosa marcia. Occorre avere resistenza, organizzazione, acqua e pane, non solo reali, ma anche e soprattutto politici e culturali.
Se però non si fatica, ciò che verrà dopo sarà simmetrico a ciò che oggi è rappresentato dal governo regionale: incapacità, impreparazione, arroccamento gruppettaro, spartizione inefficace, fallimento finanziario.
La società sarda oggi è come un muretto basso su cui tutti possono sedersi. Possono cambiare i colori, ma non l’altezza del muretto se non a prezzo di dolore, fatica, lavoro, impegno.
Se non si vuole che a mediocre presidente sardo-leghista (il Psd’az è in ferie dall’intronizzazione di Solinas; gli organi di partito sono annichiliti dal fulgore del soglio) segua mediocre presidente progressista, bisogna combattere la mediocrità e bisogna farlo seriamente.
Strategia La natura maggioritaria della legge elettorale (eredità di esperienze composite che vanno dall’errore clamoroso di Mario Segni nel confondere la stabilità con la monocrazia dei sindaci, all’errore di Veltroni di dire agli italiani di scegliere tra lui e Berlusconi per cui dopo il bipartitismo sono arrivati Salvini e Grillo) comporta che per vincere le elezioni si stia dentro una grande alleanza.
E dentro questa alleanza c’è il Pd o ciò che diventerà (perché ci sarà sempre un partito italiano che si identifica con lo Stato e si dichiara erede della storia migliore come di solito fanno i bugiardi, grandi immemori della loro storia sbagliata, che pure è esistita).
Molti oppositori della Giunta Solinas lo sono anche, culturalmente e politicamente, del Pd e del governo con i Cinquestelle, soprattutto del Pd giustizialista, centralista, statalista e frequentemente nordista.
Non vi è da fare alcun affidamento sulla possibilità che in Italia nasca un partito realmente federalista, perché un partito di questo genere concepirebbe uno Stato diverso da quello che nessuno in Italia ha mai messo in discussione.
Semmai vi è dunque da fare i conti con questa drammatica necessità: con il Pd, con ciò che è, bisogna fare i conti.
Questo è il problema soprattutto di tre aree politiche sarde:
– quella indipendentista democratica, con tutte le sfumature possibili (fino al federalismo e al post autonomismo);
– quella socialista libertaria, da sempre competitiva con la matrice e le eredità di ogni leninismo (nella quale di fatto si riconoscono i post-democristiani non affetti da centrismo o da governismo);
– quella del civismo, fatta di sindaci e amministratori, in carica e no, che si sentono all’opposizione di questa Giunta, si sentono impegnati socialmente ma non accettano di star dentro logiche di egemonia di partito.
Queste tre aree hanno insieme un valore elettorale largamente a due cifre. Se coordinate rappresenterebbero un forte contrappeso al PD. Se divise, come è sempre accaduto, diventano ancillari di un sistema a una gamba che ondeggia, scricchiola, si imbarca, ma non si rompe mai e sta sempre subordinato alle logiche del partito unico.
Queste tre aree hanno in comune l’opposizione agli attuali governi regionale e nazionale, ma non un programma comune.
L’obiettivo strategico, dunque, è arrivare alle due gambe attraverso la costruzione di un programma, non di un partito.
Tattica Come è accaduto anche alle ultime elezioni, la disorganizzazione delle aree non Pd ha consentito al Pd di isolare i più resistenti e di acquisire i più timorosi.
Se non si costituisce per tempo la seconda gamba, il Pd attua la tattica degli Orazi e dei Curiazi, favorendo le trattative a due, comprando ciò che non può uccidere, isolando ciò che non può acquistare e mai cedendo nulla sul piano politico, programmatico e gestionale e mai cedendo alcunché sul piano della visione.
Il periodo che dunque separa il momento attuale dalle elezioni va impegnato a costruire la seconda gamba e ci vuole tempo, apertura, democrazia, pazienza, tenacia.
Il problema più grande è mettere insieme le persone.
Poi creare un clima di reciproca fiducia.
Poi lavorare a costruire un serio programma di governo.
Infine preparare le liste.
Questa è una possibile fase 2 (e credo, non solo mia. Il Partito dei Sardi è stato duramente e ingiustamente aggredito, ma è vivo): preparare l’alternativa, sempre se Dio vuole e i Carabinieri (o la Guardia di Finanza) lo permettono.
Caro Paolo mi trovi perfettamente in linea con il tuo pensiero che hai estrinsecato mirabilmente in queste brevi note. È quello che penso da
tempo e che putroppo ha avviato in questa
regione un processo quasi irreversibile. Dico quasi perché qualche azione efficace di contrasto si può ancora avviare. Coraggio rimbocchiamoci le maniche, ma soprattutto facciamo funzionare il cervello e usiamo le competenze che ci sono e per fortuna non sono tutte allineate con il sistema di potere dei mediocri attuali e futuri.
Bi cheret, bi cheret! Bene meda, Paulu, su chi as iscritu! Est custu chi naras su chi depimus coltivare!!! In sa terra de Sardigna, no in sos ‘campos’ de Vattelappesca! Fraigare depimus! A pane e abba, ma no pro peniténtzia, e isperendhe chi pane e abba no nos manchet si assumancu resessimus a los coltivare e contivizare invetze de los frundhire, ca la depimus finire cun sa ‘política’ de sos miracularzos chirchendhe votos pro VINCERE e sighire a fàghere su chi s’est sempre fatu e mancari criticadu! E tocat a la finire fintzas cun sa ‘política’ de su prantu, de sas protestas, de sas pregadorias e de sas ‘crítigas’, chi no si tiat agabbare mai de fàghere a su puntu de nos furriare s’istògomo e fintzas s’ànima a s’ala mala! E no ca nos depimus tupare ne ogros ne origras e ne buca, ma ca tenimus bisonzu de pesare, no ‘muros’ de divisiones (za nos bastat sos chi amus peleadu e semus pelendhe ifatu de totu sos partidos de sa divisione e ispimpirallamentu de sos Sardos isperendhe azudu dae chie est pessendhe a sos fatos suos), ma ca sinono sa ‘domo’ nostra est e abbarrat derruta e ruta e no resessimus mancu a che istare, a che campare, ma sighimus a fuire e ispèrdere fintzas coment’e zente chirchendhe in aterue fintzas solu su tantighedhu de campare!
Est cun nois etotu chi prima de totu depimus fàghere bene sos contos, pro los pòdere e ischire arranzare fintzas cun chie oe nos dóminat.
E no solu ca tenimus sos ‘políticos chi tenimus (e chi amus tentu e ateretantu si no peus responsàbbiles, mancari de capatzidades mannas) in su surcu de sa ‘menzus’ dipendhéntzia e irresponsabbilidade de sos Sardos, ma ca sa realtade nostra e de su mundhu tiat proare sas fortzas a sos menzus eroes e santos! E neune de nois est ne una cosa e ne àtera! E si una ‘educatzione’ e preparatzione tenimus est meda prus una ‘educatzione’ e preparatzione a totu sas dipendhéntzias, a tènnere capatzidades ma no pro nois faghindhe e coltivendhe su nostru, ma pro dipèndhere, ispetare, pedire, fuire de inoghe!
Est una cultura e pràtiga de istima e unidade, de libbertade e responsabbilidade chi depimus coltivare in totu sos Sardos, in sa zoventude, in totu sa zente, fintzas pro un’ideale de vida moderada e solidale, un’economia prus coperativa e prus pagu de cuncurréntzia a ‘vincere’ e aterrare s’àteru, e meda prus pagu de distrutzione ca semus abbutinendhe su mundhu, sa terra nostra etotu.