Chi conosce la Rivoluzione sarda sa che, anche se non si è nati alla fine del Settecento, si è avuta sempre la possibilità di incontrare Girolamo Pitzolo e il marchese della Planargia Paliaccio, anche nel Novecento, anche oggi.
Questi due tragici protagonisti della storia stanno dentro una genealogia politica precisa: quella di chi scambia i poteri negati della Nazione Sarda, cioè la grande questione dei poteri disponibili per i sardi per risolvere i propri problemi, con la propria carriera personale. Non necessariamente ciò è avvenuto e avviene in malafede: molti si considerano onnipotenti e dunque pensano che una volta investiti del potere disponibile, possano con quel piccolo potere cambiare i destini della Nazione.
Non è vero. Da Francisco de Vico a Francesco Cossiga, passando per Pitzolo e Paliaccio, la storia smentisce questa illusione: il piccolo potere esercitato può far grande pro tempore chi lo esercita, ma non fa grande la Nazione.
Se le elezioni sono un’occasione per fare carriera o per avere uno stipendio, non servono a nulla, non cambiano nulla. Oggi siamo dominati da riedizioni di Pailiaccio e Pitzolo.
Se sono una parte della battaglia più grande per i poteri della Nazione sarda, allora hanno un senso.
Il problema è riconoscere le battaglie che ci riguardano.
Lo scontro tra la Destra e la Sinistra italiane ci riguardano?
Per un versante sì, per un altro no.
Ci riguardano quando la Destra attacca i diritti civili e le libertà politiche, cioè quando la Destra assume connotati fascisti, perché difendere le agibilità personali è un dovere essenziale per l’esercizio dell’attività politica.
Lo scontro tra Destra e Sinistra, invece, va smascherato come fittizio quando questi schieramneti si uniscono sul fisco oppressivo, sui trasporti coloniali, sullo scambio economico ineguale. In questo momento le Primarias hanno dimostrato che la Nazione Sarda può combattere unitariamente se pone la questione nazionale come questione politica unitaria. In buona sostanza, se si riesce a sgombrare il tavolo del confronto da un dibattito su mille problemi e lo si incentra solo sui problemi dei sardi, la battaglia è a tre ed è aperta e contendibile per noi.
Attenzione, però, quando si combatte a scegliere strumenti adeguati.
Facebook vende i nostri dati, è risaputo. Leggete questo vecchio articolo del Sole 24 ore e capirete. Oggi diventare merce è la forma di peggior dominio. Bisogna comunicare diversamente e per quanto paradossale possa sembrare bisogna recuperare forme di comunicazione clandestina molto arcaiche: il passa parola, la parola direttamente pronunciata tra noi, la visita domiciliare reciproca, il tono di voce basso. Divenire una star di Facebook equivale a stare nudi in piazza. Consentire a Google di individuarci costantemente, significa divenire facili bersagli. Mettere in rete foto della propria vita domestica significa avere inquilini indesiderati in casa. Non si fanno le rivoluzioni così. Pensiamoci. Sarò ossessionato per essere stato spiato per anni grazie alle maldicenze di azzimati progressisti invidiosi e sempre desiderosi di tintinnio di manette, ma sono convinto che una parte della liberazione sociale di sé passi per una nuova coscienza delle nuove forme di subordinazione prodotte dalla tecnologia.