La più grande rivoluzione utile per la Sardegna sarebbe un buon governo.
Può sembrare paradossale associare i termini ‘rivoluzione’ e ‘buon governo’, ma è verissimo che in Sardegna ciò che manca non è l’ennesima ribellione o l’ennesima protesta, ma una forte, competente e efficace azione di governo.
Invece è più diffusa la specializzazione nella conduzione di cortei di piazza che la capacità di saper gestire e orientare i poteri legittimi verso i diritti e gli interessi legittimi.
Il primo requisito richiesto a un onesto uomo di governo è la consapevolezza dei poteri di cui potrebbe disporre.
Ecco, in Sardegna i candidati alle elezioni politiche italiane fingono di non sapere o non sanno di quale potere o poteri andranno a disporre se venissero eletti.
Politici deboli e complici Il Corriere della Sera ha recentemente cominciato a dire la verità (continuo a svolgere questa azione pedagogica di lettura dei giornali, perché vedo che in tanti parlano senza avere più l’umiltà di andare almeno a vedere che cosa dicono gli altri. Insomma, cerco di liberare i miei pochi lettori dalle parole di chi si parla costantemente addosso). Ha scritto testualmente il corrierone che la politica non ha potere, e cioè che tutti i candidati alle elezioni politiche italiane millantano la conquista e l’efficacia di un potere che non esiste. I politici sono ormai detentori di poteri deboli ma molto esposti al pubblico ludibrio; invece i poteri forti sono detenuti dalle burocrazie amministrative e giudiziarie. «Perché non si dice che la politica rappresentativa è costretta, quasi sempre, a subire i diktat di quelle burocrazie? Non lo si dice per due ragioni. La prima è che non puoi chiedere il voto dell’elettore dopo avergli detto che conti poco. Devi invece convincerlo che, se verrai eletto, sarai potente e in grado di fare tutte le cose che hai promesso. La seconda ragione è che se i politici dicessero la verità, ossia che amministrativi e magistrati (di ogni tipo) hanno più potere di loro, non verrebbero creduti dai più. Direbbero gli elettori: non siete voi politici quelli sempre in vetrina e che chiedono il voto? Coloro di cui parlate non hanno volto (con l’eccezione di alcuni attivissimi magistrati portati per le relazioni pubbliche), di loro conosciamo solo le inchieste e le sentenze (se sono magistrati di qualunque ramo) oppure gli effetti — in genere oscillanti, per noi cittadini, fra il fastidioso e l’intollerabile — del quotidiano procedere della macchina amministrativa. È solo vostra — pensano molti elettori — la responsabilità di ciò che non va. Se non che, i politici si dividono in due categorie: ci sono, da un lato, i complici, al servizio di quelle burocrazie, e, dall’altro, quelli troppo deboli per poter imporre cambiamenti».
Personalmente ho sempre pensato che la debolezza meriti compassione e la complicità repulsione. Come si combattono entrambe? Con la verità, che è contemporaneamente semplice e difficile da far emergere, ma che esiste. La verità è costituita da fatti, non da discorsi (pensate al caso Bertolaso: tanti discorsi lo avevano condannato ad essere un reietto di Stato, dedito a massaggi a pagamento e collusioni a piacimento. Tutto falso. I fatti hanno dimostrato che era un uomo onesto e adesso c’è chi, a Maddalena, dovrebbe almeno chiedere scusa). Avere cultura di governo significa preparare e istruire uomini di governo alla conoscenza della realtà, non alla sua mistificazione. Ebbene, se oggi si analizza la situazione sarda, si scopre che proprio la debolezza di certo ceto politico, la sua indisponibilità a capire e distinguere le cose importanti da quelle meno importanti, la sua a tratti imbarazzante sudditanza a burocrazie amministrative anonime (pensate solo al caso del concorso per dirigenti politicizzato della Regione, bocciato dal Tar, con premialità prevista anche per chi ha fatto parte dei gabinetti assessoriali, la cui bocciatura non produce neanche di striscio l’allontanamento di un dirigente, zero. Il massimo è stato dire: «Ne faremo un altro») sta producendo serissimi danni economici alla Sardegna. Faccio esempi proprio a fini educativi, per far capire che cosa significa governare, quale arte complessa sia la politica che non deve essere affidata a persone che sanno solo gridare, eccitare gli animi, portare allo scontro religioso e razzista dando ad intendere che la miseria o la mancanza di lavoro dipenda dal senegalese che ci vive a fianco o, peggio, dando ad intendere come un disco rotto che tutti sono corrotti e marci e che l’unica salvezza è in chi addita agli altri i corrotti definiti tali senza processo, cioè negli assistenti alla ghigliottina.
Pastori senza soldi per incompetenza Invito alla lettura di questo report Argea che mi è stato inviato da un giornalista perché glielo spiegassi. Lo spiego brevemente anche a voi. A pagina 2 trovate un riepilogo dello stato di attuazione del Piano di Sviluppo Rurale 2014-2020, varato e disegnato dall’allora Assessora Falchi.
Il PSR si articola in 39 misure. Guardate quante sono quelle ancora da attivare ad oggi, 2018, cioè a metà del ciclo di programmazione. Sono 20, pari al 51% del totale delle misure programmate. In sostanza, alle campagne sarde manca il 51% delle attività del principale strumento di programmazione del settore agricolo. Adesso andiamo a pagina 3. Qui trovate gli importi liquidati nel triennio 2015-2017. In totale sono stati erogati 237 milioni e rotti; solo nel 2017 102 milioni e mezzo. Sembrano grandi cifre. Adesso andate a leggere la prima colonna, quella che dice di che soldi si sta parlando. Come vedete in quasi tutte le righe c’è scritto “ex”, ciò vuol dire che sono soldi provenienti, per “trascinamento” come si dice in termini tecnici, dalla vecchia programmazione. insomma, sono soldi che vengono dal passato, di soldi veri della programmazione 2014-2020 c’è qualcosa, ma veramente poco. Questo è il tema che sto ponendo in questi giorni ai pastori che sanno fare i loro interessi (non replico a quelli che mi insultano perché pensano che voglia insidiare il loro ruolo di leader della protesta. Se lo tengano; è tutto loro quel ruolo. Io voglio parlare con quelli che sanno fare di conto, che controllano la loro cassa e si chiedono il perché della diminuzione dei loro soldi). Il tema è: il tempo è denaro, a differenza di quello che pensa la maggioranza. I ritardi dello Stato e della Regione comportano la scomparsa del denaro dalle campagne. In campagna non ci sono soldi per questo evidente e ignorato motivo.
Pastori senza soldi per sottrazione Non so se si ricordi che la cufra complessiva del famoso intervento per i pastori contro la crisi del prezzo del latte ammontava a circa 17 milioni (dei quali solo una parte è arrivata nella tasche dei pastori e c’è da chiedersi se ha funzionato più questa misura per far salire il prezzo o le manovre finanziarie, creditizie e produttive che i più competenti hanno messo in essere sul mercato, ma ne riparleremo). Bene. Adesso, dalle delibere della Giunta si scopre che il deficit sanitario del 2016, previsto per 296 milioni, è salito a 311 milioni, consumando quindi 15 milioni in più. Per la sanità 15 milioni sono uno scherzo, per il sistema sardo sono un’enormità, sono soldi regionali che potevano essere ben spesi in politiche anche per l’agricoltura. Il quadro, però, è a mio avviso più preoccupante. Sto finendo di fare i conti, ma secondo me il vero deficit del 2016 è molto, ma molto più alto e non si vede perché è gestito con espedienti contabili che consentono di spostarlo sull’esercizio successivo. Vedremo. Intanto conta un fatto: la sanità continua a mangiare ricchezza e a sottrarla alle politiche produttive, in primis all’agricoltura. Non solo: a me risulta che sta mancando di tutto: dalle garze agli apparecchi di contrasto al diabete, cioè alla patologia che colpisce circa un quarto della popolazione sarda. Altro che fare annunci trionfalistici di nuove assunzioni: la sanità continua a costare troppo, i servizi stanno peggiorando e ciò che è peggio nessuno fa ciò che devono fare gli uomini di governo: rimediare agli errori e risolvere i problemi. Non si può chiedere ai medici di far conoscere la verità: se si rivolgono agli organi di informazione rischiano sanzioni. La sanità ha bisogno di essere governata non di propaganda o di indignazione.
Muratori e impresari senza soldi e senza aziende per pigrizia Le aziende sarde non riescono più ad accedere alle gare d’appalto. L’Ance e la Cna ripetutamente hanno denunciato il grave vulnus arrecato al sistema delle imprese sarde dal varo del nuovo codice degli appalti e dalla ormai indispensabile forza finanziaria di cui le imprese debbono rispondere per competere (il che vuol dire che, essendo quasi tutte le imprese sarde sottocapitalizzate, la gran parte delle imprese sarde sta di fatto lavorando o solo in subappalto o solo in Ati, quando va bene). Se si registra che anche il mercato delle manutenzioni non riesce a far ripartire il ciclo economico virtuoso dell’edilizia, significa che la crisi finanziaria ha distrutto così in profondità il sistema delle imprese edili sarde da avere una serissima difficoltà a ripartire. Il mercato dell’edilizia della Sardegna è ormai vulnerabilissimo; sta accadendo ciò che è già accaduto nell’agroalimentare. Come i Sardi comprano ormai quasi tutto importandolo, così ormai costruiscono quasi tutto con imprese esterne.
Il dato che la realtà suggerisce è che manca una regolazione equa del mercato.
Quando ancora ero assessore ho varato in Giunta la Nuova legge sugli appalti, dopo averla discussa e condivisa con i sindacati, le imprese e le organizzazioni di categoria. È una legge molto innovativa che semplifica il percorso normativo, aiuta lo sviluppo delle progettazioni, premia la fornitura a chilometro zero dei materiali, premia la qualità architettonica, premia la solidarietà delle aziende che intervengono a tutela del territorio. Bene, questa legge per noi importantissima giace in Consiglio regionale dal 17 aprile 2017, senza che neanche venga messa in discussione in Commissione Lavori Pubblici. Perché? Perché la Giunta ha sempre individuato priorità diverse, sempre rinnovate: un giorno la sanità, un giorno l’urbanistica, un giorno la rete ospedaliera, un giorno la finanziaria. Ora, in campagna elettorale, i candidati parlano di difesa delle imprese sarde. Ma dove? Ma come? Tutto falso. Ci sono 10 mesi di inerzia a testimoniare che non è vero che si pensa alle imprese sarde. Ma su questo il Partito dei Sardi a breve porrà una questione molto seria alla Giunta e alla maggioranza. Oggi basti dire che le imprese sarde del mondo dell’edilizia e dei lavori pubblici sono in crisi anche e soprattutto per un grande errore di regolazione del mercato che non si vuole correggere, nel quale la subordinazione del mondo della politica ai poteri forti della burocrazia e della magistratura è evidentissima. Ragioniamoci, non per indignarci, ma per formare classe di governo.