Potrei ripetere l’analisi fatta da Paolo Maninchedda, in questo stesso spazio, sull’accordo Solinas – Governo in materia di entrate. Inutile ripetersi.
Il risultato politico-aritmetico della sconsideratezza di quell’accordo è chiaro.
I sardi sono gabbati, i diritti, sanciti dalle leggi e riaffermati dalle sentenze dell’Alta Corte, ancora una volta violati, le differenze finanziarie tutte a vantaggio dei conti dello Stato e la prossima manovra finanziaria della Regione proiettata verso l’inutile per mancanza di risorse.
Vale però la pena spogliare il “re”, renderlo nudo anche davanti ai tanti occhi che da anni non vogliono vedere e rimangono colpevolmente chiusi. Sono gli occhi di “odiatissimi indifferenti” – così li avrebbe definiti un sardo illustre, assassinato nel ventennio dalla lurida patria galera – ma anche di tante brave persone, sistematicamente disinformate che, invece, percepiscono sulla loro pelle le quotidiane fregature.
Purtroppo, chi gli occhi li ha mantenuti e li mantiene irreparabilmente aperti sono i complici degli inossidabili centralismi statali, quelli delle burocrazie parassitarie che vivono sulla complicazione dell’esistenza altrui.
Conservo in casa la bandiera con i “quattro mori” che ho sventolato dando il via all’occupazione dell’aula del Consiglio regionale nel dicembre del 2010 per l’intollerabile scippo delle “entrate” da parte dello Stato.
In quell’occasione imponemmo alla Giunta di impugnare la legge di Bilancio per ottenere da parte del Ragioneria Generale dello Stato la precisa quantificazione del dovuto, da stabilire – come ha poi più volte confermato la Corte Costituzionale – attraverso un confronto trasparente sui conti.
Insisto sul “trasparente” perché da sempre le burocrazie centrali agiscono con grande capacità a favore degli accaparramenti finanziari ministeriali, in aperto contrasto con i diritti delle comunità regionali e locali.
Insomma contro il senso dell’articolo 5 della Costituzione che impone di adeguare i principi ed i metodi della legislazione alle esigenze dell’autonomia e del decentramento.
A quella azione di lotta susseguirono le richieste azioni giudiziarie, tutte giuridicamente fondate, tanto che hanno consentito, soprattutto sul tema dei “contributi dei bilanci regionali” alla finanza pubblica, soluzioni vantaggiose per altre Regioni Autonome.
Altre e non la Sardegna.
Questo perché a quel contenzioso la Presidenza Pigliaru, in contrasto significativo con esponenti e partiti della propria maggioranza, aveva rinunciato a favore di un risolutivo accordo sulle entrate.
Quanto fosse risolutivo lo dimostra il nuovo indigeribile “pateracchio“ proposto dall’attuale Presidenza. Oggi, come ieri. Si rinuncia alla lotta e si accetta l’elemosina. Lo si fa talmente in fretta che spesso anche l’elemosina rimane nelle casse dello Stato centrale.
Noi ci abbiamo provato. L’abbiamo fatto facendo approvare dal Parlamento una mozione su questi temi, all’unanimità. Abbiamo insistito con norme inserite nelle manovre finanziarie dello Stato, connesse alla condizione di svantaggio oggettivo dell’insularità e garantendo alla Corte Costituzionale altre ulteriori occasioni di intervento. Ci abbiamo provato partecipando, sempre e oltre i nostri confini di militanza, alle iniziative giuste promosse da altri a difesa dei sardi. Ci abbiamo provato nonostante le vigliacche discriminazioni, le maldicenze e le aggressioni. Ci abbiamo provato e ci proveremo ancora.