Ieri si è consumata una nostra vittoria: l’Agenzia delle Entrate Sarda è legittima, a differenza di ciò che aveva sostenuto il Governo italiano.
La sentenza della Corte Costituzionale italiana, non capìta da almeno un’agenzia di stampa che per tentare di arrivare per prima ha preso fischi per fiaschi, conferma ciò che avevamo detto sin dall’inizio rispetto al ricorso presentato dal Governo: si trattava di un ricorso politico, fondato sulla paura della Sardegna e non sul diritto.
Il Governo che non ha impugnato una legge regionale che ha fatto diventare dipendenti della Regione diverse centinaia di dipendenti di una vecchia struttura privata ha però impugnato la legge sull’Agenzia delle Entrate.
Questa legge è il risultato dell’impegno del Partito dei Sardi e conferma che tra i due modelli confrontatisi in questa legislatura, il nostro, che teorizza e pratica la competizione regolata col Governo italiano, e quello di gran parte del Governo sardo, fondato sulla fiducia nel Governo italiano; il secondo ha prodotto cocenti delusioni, il primo ha formato classe dirigente e costruito risultati. Può capitare, come è capitato a noi, di rimanere isolati, di patire in maggioranza la forza dei numeri altrui, ma di tenere duro sulle cose più rilevanti e di vedere alla fine premiata la propria costanza.
Anas Lo vedremo anche nei confronti dell’Anas e dell’Enel. Sarà un caso, ma da quando ho abbandonato il ruolo di Assessore ai Lavori Pubblici ed stato messo il silenziatore ai rapporti con Anas, la Sassari-Olbia è ferma, le imprese non vengono pagate, si è fermata la SS 125, continua lo schifo della SS 195, le centinaia di milioni che stanno sulle strade statali e provinciali della Gallura sono bloccati e inerti, si sono impiegati 7 mesi a fare 4 chilometri di asfalto a Campeda, si dovranno rifare i bandi per gli svincoli della SS 131 e l’Enel fa spallucce sui nostri diritti sulle dighe. Non è un problema del mio successore, che gode totalmente della nostra fiducia e stima; è un problema di rapporti col Governo e con le sue articolazioni. I tre chilometri di SS 131 inaugurati, senza di me, in un’inaugurazione che ha segnato, con la mia assenza, la rottura di tante cose, oggi sono chiuse. Qualcuno vuole trovare il coraggio di chiedere le dimissioni di Armani?
Don Mariani Oggi L’Unione dà la notizia di un editoriale di don Francesco Mariani sul settimanale diocesano L’Ortobene che sta facendo scalpore. Intanto bisogna andare alla fonte: questo è l’articolo di Francesco.
Se lo si legge senza pregiudizi, si capisce che è l’articolo esasperato di una persona esasperata, non di un razzista.
Francesco è un prete a sangue caldo, ma non è un razzista, posso testimoniarlo di fronte a qualsiasi tribunale. Non solo: è giusto dissentire da lui e dai suoi toni, ma senza dimenticare chi è; ed è un uomo che nella sua vita di tutto può essere accusato fuorché di non essersi occupato dei poveri, degli infelici, degli emarginati.
Conosco le sue mani, conosco la sua casa, conosco gli orfani che ha aiutato, conosco l’apertura con cui ha accolto gente di ogni razza, colore e cultura. Lui può stare dritto di fronte a Dio senza timore rispetto alla dedizione dimostrata verso chi sta male.
Da lui sono passate persone di ogni provenienza: perseguitati, fuggiaschi, poveri, disgraziati che venivano da tutti gli angoli del mondo. Ha accolto e sostenuto vescovi di frontiera, vescovi veri senza trippa, che lavorano nei luoghi da cui la gente scappa.
E tutto in silenzio.
E tutto senza mani appiccicose, alle quali per l’appunto non è rimasto attaccato mai un euro.
Tutto si può dire di Francesco Mariani, ma non che sia un razzista. A un uomo così, si può perdonare anche l’esasperazione. Vota a Destra? Sì, probabilmente sì, ma non è fascista. Forse è rimasto un democristiano di sinistra, orgogliosamente anticomunista. E allora? Ma
non è né razzista né fascista.
Il problema che lui pone, a modo suo, è la bontà all’italiana, l’accoglienza fatta col disordine, l’integrazione dichiarata ma affidata sempre agli altri, a qualcun altro e sempre lontano da sé. Il mondo progressista vuole ignorare queti sentimenti diffusi tra tanti ceti popolari sardi? Auguri!
È lo stesso problema posto dal sindaco di Macomer: in tanti vogliono collaborare per dare risposte al dramma dell’esodo, soprattutto dei cristiani, dall’Africa e dal Medio Oriente, ma con regole certe. A Macomer sono stati rifiutati i Centri di accoglienza perché non sono bene organizzati, perché sono luoghi del degrado e dell’abbandono; viceversa sono stati accettati i Centri per il rimpatrio e la piccola accoglienza diffusa e controllabile, perché questi sono processi tutelati, ben regolamentati verificabili, che producono istruzione, integrazione, ordine e lavoro.
Allo stesso modo, Francesco, ma con toni esasperati, ha posto un problema reale: non si possono accogliere le persone e buttarle per strada a vivere di espedienti.
L’accattonaggio è sanzionato in Italia come in Germania, ma in Germania non si fa, in Italia sì. Perché l’Italia è il Paese del diritto formale e del disordine violento sostanziale (infatti tutti guardano Gomorra come la nuova Odissea), mentre la Germania è il paese del diritto sostanziale, del diritto applicato e rispettato. È un problema di educazione; ma è anche un problema di Stato, un problema politico. La Sardegna patisce e subisce il disordine italiano, quel disordine che fa parlare di accoglienza e integrazione in termini astratti e poi affida entrambe al degrado delle periferie urbane. Mariani sta svelando che il ceto medio che regge questa fracida repubblica italiana comincia a non sopportare più le ipocrisie di Stato all’italiana. Ci si pensi sopra prima di strapparsi le vesti.