di Paolo Maninchedda
Ieri, dopo pranzo, abbiamo ascoltato il Presidente del Consiglio della Repubblica Italiana. Prosit!
Nessuna difficoltà a capire.
Primo punto: il presidente vuole “un assegno universale per chi perde il posto di lavoro”. Quanto costa? Con quali soldi? Non si sa. Non c’è niente da capire.
Secondo punto: il presidente vuole “un piano straordinario per l’edilizia scolastica” (la scuola non è fatta di muri pur facendosi tra i muri, tuttavia è sempre bene ricordarsi che non è fatta di muri ma di persone), fino al punto di allentare il Patto di stabilità per realizzarlo. Come? Con quali soldi? Quanto vale il Piano? Quale è la copertura finaziaria? Non si sa. Non c’è niente da capire.
Terzo punto: il presidente vuole tagliare il cuneo fiscale (cioè l’incidenza delle imposte sui redditi da lavoro rispetto al costo del lavoro) con un intervento “a doppia cifra”. La prima doppia cifra in matematica è 10 (anche se i maliziosi potrebbero dire che la prima doppia cifra è 0,1….). Ma, attenzione, qui il presidente può intendere un taglio di 10 miliardi o un taglio del 10% (che invece vale poco meno di 30 miliardi). Da dove tira fuori 10 o 30 miliardi? Non si sa. Non c’è niente da capire. Intanto non dice una parola su come pagare la mobilità che non paga dal maggio del 2013. Domanda sbagliata? Certo, domanda fatta da chi vuole capire, ma non c’è niente da capire.
Quarto punto: il presidente vuole pagare tutti i debiti della Pubblica amministrazione alle imprese. ‘azz…. ottimo proposito! Ma a quanto ammontano ‘sti debiti in gergo toscano? Non si sa. Lo Stato non lo sa. Hanno avviato una consultazione con comuni e Regioni ma non è andata a buon fine. Non si conoscono i debiti dello Stato verso i privati. Vengono stimati intorno ai 300 miliardi di euro e da dove li tira fuori il presidente del Consiglio 300 miliardi di euro? Non si sa. E non c’è niente da capire.
Quinto punto: noi sardi dobbiamo capire con chi abbiamo a che fare. Ogni volta che parleremo con Roma, prima di tutto dovremo verificare le coperture. Bisogna iniziare dalla fine, dai numeretti in calce, dalle doppie colonne di Entrata e Uscita, altrimenti prenderemo fregature.
Comments on “E non c’è niente da capire”
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Purtroppo adesso è ancora il tempo delle chiacchere, dei venditori di fumo, dei discorsi a braccio in cui si dice tutto e niente. Il redde rationem sarà nel 2015, quando entrerá in vigore il Fiscal Compact che obbligherà l’Italia a ridurre il suo debito di 40-45 miliardi all’anno per 20 anni. A quel punto vorrò vedere che dirà Renzi…ci sarà da ridere… o forse da piangere. Poveri noi.
Renzi è COME GLI ALTRI, CHE PRIMA DI LUI SI SONO SEDUTI IN QUELLA POLTRONA. LUI ADDIRITTURA LA SPARA PIù GROSSA, E NOI SEMPRE PRONTI A PRENDERCI QUESTA, MINCA MACACA NEL DI DIETRO, COME SE PROPIO NON POTESSIMO FARNE A MENO TALMENTE CI PIACE!IL FATTO CHE DI TE CARO PAOLO SI è INVIDIOSI LO DIMOSTRA ANCORA UNA VOLTA QUESTO ARTICOLO PERCHè MOLTI SANNO, MA POCHI PARLANO INVITANDO LE PERSONE A SVEGLIARSI DALL ANESTESIA DELLA MINCA MACACA.
…altrimenti prenderemo fregature… come sempre.
Quindi la fregatura è dietro l’angolo:
per fortuna che qualcuno l’ha capito.
Adesso bisogna che, chi non l’ha ancora capito, se lo faccia spiegare bene da chi da tempo l’ha capito ma, per favore, ascolti!!!