Ieri è scomparso Salvatore Mannuzzu. Non lo conoscevo, se non superficialmente, di persona, ma l’ho frequentato come scrittore. È stato l’unico narratore sardo capace di dar voce alla disperazione tipica della modernità, uno dei pochi, se non l’unico, ad avere una specifica vocazione urbana e non rurale.
Il suo tema principale è stato l’insensatezza del dolore, la sua ferocia, la capacità di distruggere le realtà più delicate, gli affetti più profondi.
Ha tenuto per tre anni una rubrica su Avvenire, il giornale della Conferenza Episcopale Italiana. Qui trovate tutti i suoi contributi.
Uno, in particolare, è struggente, mostra come con quanta dignità, forza e tenerezza possa sperare chi razionalmente non riesce ad avere speranza.