di Paolo Maninchedda
Prime considerazioni utili dopo i ballottaggi.
Il Partito dei Sardi partecipa alle vittorie di Sinnai e Monserrato e alle sconfitte di Olbia e Carbonia.
Tuttavia, per noi, queste elezioni vanno bene comunque: non eravamo capillarmente presenti in Sardegna, oggi lo siamo. La nostra idea di indipendenza non è stata minimamente intaccata. Abbiamo conservato insegne ed esercito. Abbiamo avuto voti da tutti i ceti sociali; il mondo imprenditoriale e delle professioni ci riconosce sempre di più. Andiamo avanti.
L’Italia è in una crisi mortale e salutare. Mortale perché è ormai un sistema fondato sull’interdizione dei poteri e quindi è un sistema immobile. Ogni decisione che voglia trasformare la realtà si scontra con i mille poteri che devono condividerla o controllarla. L’Italia è una repubblica fondata sul sospetto e sull’abbandono silenzioso da parte dello Stato di intere aree del Paese. In un Paese bloccato l’elettore dà la colpa dell’inerzia e del degrado a chi governa, premiando chi protesta. Chi protesta e ha vinto le elezioni da oggi dovrà confrontarsi col Paese immobile e si consumerà nei prossimi mesi più o meno lentamente.
La crisi dell’Italia è salutare perché ciò che è in crisi è la struttura centralistica dello Stato italiano, il suo dogmatismo unitario, la sua ipocrisia ministeriale. Se guardate la geopolitica regionale d’Italia, sono sempre di più le amministrazioni comunali o regionali dal sapore ‘civico’, cioè locale, di colore e segno contrario rispetto al Governo romano. È in crisi il dogmatismo costituzionale, cioè il sistema dei poteri su cui si regge l’Italia dal 1948. È in crisi la gestione centrale e misteriosa del debito pubblico e della cassa dello Stato. È in crisi la politichetta dello scimmiottamento liberista che ha fatto impattare la globalizzazione in Italia come in nessun stato europeo, devastandone il sistema produttivo.
Un’Italia in crisi è un vantaggio per lo Stato Sardo; se solo si comprendesse che questo è il momento di far nascere un grande partito della Nazione Sarda che affermi la diversità degli interessi dei sardi da quelli degli italiani, che affermi che abbiamo bisogno e diritto a un fisco diverso, a una scuola diversa, a una politica dei porti e degli aeroporti diversa, a una politica estera commercialmente più dinamica, a una sanità diversa, a una difesa diversa, a un credito diverso, a un mondo del lavoro diverso, in una parola abbiamo bisogno di farci uno Stato Sardo a misura dei nostri interessi non di quelli altrui, se solo si capisse questo, in questo momento la Sardegna potrebbe avvantaggiarsi di un grande momento di confusione della Republica.
Noi continuiamo a lavorare come abbiamo sempre fatto: scarpe grosse, sguardo all’orizzonte e passo sicuro.