di Paolo Maninchedda
Ho letto due libri, l’uno l’opposto dell’altro. Il primo è Collusi del pubblico ministero di Palermo Nino Di Matteo e l’altro è Io non posso tacere. Confessioni di un giudice di sinistra di Piero Tony, ex Procuratore della Repubblica di Prato, oggi in pensione.
Due libri opposti. Di Matteo descrive il mondo marcio, fatto di denaro, potere, violenza e coperture, che sta facendo marcire l’Italia e racconta come lo combatte una buona magistratura spesso isolata dai governi. Inquietanti le pagine sugli omicidi politici e sulla ‘trattativa’ tra lo Stato e la Mafia.
Tony invece racconta di come un’altra magistratura ha concorso a mettere in crisi le garanzie dei cittadini che stanno alla base dello Stato; egli fa un’impietosa analisi della correntizzazione della Magistratura (peraltro descritta amaramente e con toni preoccupati anche da Di Matteo) e dell’uso/abuso della discrezionalità (cui è dedicato l’intero quarto capitolo La discrezionalità (ovvero la morte della terzietà).
Finita la lettura, resta la sensazione di due grida di dolore che la dicono lunga di quanto lo Stato italiano sia al collasso e di quanto le persone normali siano esposte da un lato alle trame dei delinquenti dall’altro alla possibilità dell’uso improprio di un potere costituzionale.
Il quadro politico attuale non è all’altezza di una crisi così profonda, anzi, sembra più un temporaneo coperchio che una precaria soluzione. Fare politica in questo minestrone di confusione e violenza è sempre più faticoso, ma può risultare anche ingenuo e azzardato.
Comments on “Due libri sul disordine”
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Il quadro che hai dipinto è una desolante, amara e frustrante constatazione.
Fare politica oggi, da idealisti, è tutto quello che hai detto, ma è anche masochistico.
Avere la certezza dell’ingessatura a cui si è sottoposti e mettersi lo stesso su una cyclette per non fare un metro, è masochistico. Arrivare stremati al dito credendo sia la luna è masochistico. Rendersi conto di tutto ciò, è masochistico. Averne la consapevolezza, è un’aggravante.
E io ti capisco.
L’alternativa quale sarebbe? Andarsene dalla Sardegna e vivere (e fare vivere la propria famiglia) da sradicati e frustrati per il resto della propria esistenza? Il complesso quadro socio-economico-politico è in drammatica evoluzione: è indispensabile esserci per non delegare in bianco.