Sì, lo so, pessimo titolo per un professore, per un politico admis à la retraite, per un padre. Ma capirete. È l’urlo di un uomo affaticato dal lottare in solitudine.
Ieri è stato assolto perché il fatto non costituisce reato l’ambasciatore Michael Giffoni, accusato sette anni fa, nel 2014, di associazione a delinquere e favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Sospeso dallo stipendio ha perso tutto. È tornato a vivere dalla madre, ha vissuto con la pensione della madre, ha avuto due infarti, un tumore, un ictus, ha divorziato. Nel 2015 era stato difeso solo da Adriano Sofri e dal Foglio, gli unici a dire che il diplomatico italiano aveva commesso un solo errore: fidarsi di un suo impiegato, come d’altronde sono costretti a fare tutti coloro che vogliono fare.
L’assurdo di questa vicenda è la ferocia amministrativa, che accompagna sempre la sciatteria giudiziaria, quella poca cura nel raccogliere e nel verificare le prove, quel censurato, ma attivo piacere che si mostra nei volti di tanti magistrati, di costruire l’accusa come un’opera d’arte piuttosto che come un’umile cronaca del realmente accaduto. Scriveva il riformista ieri: “Ancora prima del processo la Farnesina lo caccia, espulso dal corpo diplomatico senza stipendio. Per due volte Giffoni fa ricorso al Tar e vince, con i giudici amministrativi che ordinano il reintegro. “Ma per due volte – racconta l’ex ambasciatore al Corriere della Sera – la Farnesina ribadì la mia destituzione: una a firma dell’allora ministra Federica Mogherini; la seconda, del segretario generale Elisabetta Belloni. Ero accusato di dolo e colpa grave, senza uno straccio di sentenza penale contro di me“. Federica Mogherini ha fatto, a sua insaputa, il ministro degli esteri dell’Ue e ora ha una di quelle cariche che vengono riconosciute a chi ha ricoperto ruoli nei governi dell’Ue (la sua pagina di Wikipedia è una pagina di letteratura comico-narcisistica; ricorda anche che è stata rappresentante degli studenti quando frequentava il liceo. Accipicchia!). Elisabetta Belloni oggi coordina i servizi segreti, quindi ce ne stiamo zitti per paura, non per stima.
Posto che io conosco diverse persone che si sono ammalate di tumore e d’altro in concomitanza con processi di aula, di stampa e di piazza; posto che anch’io non sto tanto bene da cinque anni a questa parte per le difese che ho dovuto ergere verso le curiosità improprie dei corpi di Polizia Giudiziaria e verso giornalisti di bordeggio procurale finalmente andati in pensione come i loro danti causa; posto che anche oggi sui giornali sardi ci sono titoli che anche in prossimità della sentenza di primo grado ripetono nel titolo l’accusa e nell’articolo i nomi degli accusati con un disprezzo del rispetto che lascia attoniti; posto tutto questo, leggere che il presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati è proccupato per le norme in discussione alla Camera che impedirebbero ai magistrati e agli organi di Polizia Giudiziaria di fare conferenze stampa che indichino come colpevoli cittadini non ancora giudicati ma solo indagati, beh, lascia di sale.
In un’intervista al Corriere della Sera, il presidente Giuseppe Santalucia ha risposto così a una banale domanda:
Il governo ha varato la norma sulla presunzione di innocenza. Cosa ne pensa?
«Vedremo il testo. È un delicato equilibrio. È giusto veicolare le informazioni in modo corretto, evitando equivoci e spiegando che non si è colpevoli fino al terzo grado di giudizio. Ma già ora non si fa una conferenza stampa a ogni arresto».
No? Non si fa una conferenza stampa per ogni arresto? No? Da noi sì, dottore, in questa terra sì, e ciò che è peggio, dopo le conferenze stampa, l’accusa mal formulata viene ripetuta dai giornali per tutta la durata del processo, fino alla sentenza. Che voi lo neghiate con leggerezza, mi scusi, abbia pazienza, fa incazzare.
Però poi ci ricomponiamo, respiriamo, cerchiamo i nostri perché e li ritroviamo oltre il male della storia, ma anche così rilassati, oggi vogliamo sperimentare un liberatorio e universale affanculo dedicato a tutti i sadici giustizialisti del mondo, a tutti quelli che vedono nel carcere un rimedio e nella pena una soddisfazione, a tutti quelli che esercitano funzioni pubbliche (giornalisti compresi) per comporre i propri complessi e scaricarli con profonde cicatrici sulla schiena altrui. Oggi costoro devono sentire nell’aria, ripetuto a ogni istante, l’invito a risolversi nell’ultima propaggine.
Le storie di vite distrutte da imputazioni culminate dopo anni in assoluzioni mi fanno continuamente pensare a quanto sia tremendo il malaugurio sardo “chi ti curra’ sa giustitzia”.
Ho sempre idealizzato la giustizia, ma alcuni uomini che ne detengono l’immenso potere senza sentirne il peso mi fanno paura.
Coraggio Paolo
Gentilissimo imbecille anonimo, non pubblico solo ciò che mi mette nei guai o che mi pare terribilmente stupido. Quanto al resto, pensa quello che ti pare.
Quindi non li pubblichi i commenti non omologati al tuo pensiero Professore, Politico -non ammesso in pensione-, ma pensionato dagli elettori -cosa ben diversa-, caro uomo affaticato a cercare di riprendere il consenso perso, attaccando Inquirenti e Magistratura. Mi basta che tu legga.
Famiglia di imprenditori da sempre io prima mio figlio dopo accusati ingiustamente – un’accusa x me proprio dalla mia segretaria Murgia Michela OMISSIs – veda su Google “Clivati Giovanni Milano” – abbiamo dovuto cambiare – io vita – mio figlio fare il ceo x una soc internazionale – Riassunto lo disse il miglior manager italiano Sergio Marchionne “ Italia x vacanze non per lavorare “ sopratutto x il cancro giustizia !
A bi ndhe cheret de passiéntzia (e mescamente de àteru!) in custa ‘civiltà’ de airados prommore de “successo” a fàghere sos isciacallos segundhu sa ‘filosofia’ de homo homini lupus!!!
È una vergogna che un uomo di stato sia trattato alla stregua del peggior delinquente.
Pover’uomo speriamo abbia giustizia.
La vita e la salute non la restituisce nessuno. Parziale riparazione. Il riconoscimento dell’errore. I giornali sono colpevoli perché diffondono a volte notizie prefrabbricate.