Lorenzo Palermo, visto il piccolo dibattito apertosi su questo sito sulla possibilità di costruire una grande alleanza per la Sardegna, mi ha segnalato un suo articolo del 1996 che ritiene – e io con lui – di assoluta attualità per la costruzione di un alleanza per la Sardegna che unisca, sotto il segno di un nuovo federalismo interno ed esterno, le migliori energie intellettuali del mondo democratico, radicale, socialista, liberale, autonomista e dell’indipendentismo di governo e democratico, che oggi agiscono in Sardegna. (pm)
Esaurita la fase elettorale è forse possibile ragionare con più calma, meno assillo dell’immediato, più senso della prospettiva.
E senso dei problemi.
Io posso affrontate questi ultimi solo ragionando da Sardista: ma con la sicurezza che “il ragionamento sardista” offre più punti di contatto che di divisione.
Argomenti che non possono dividere sono i seguenti:
– ricerca del benessere economico e sociale del nostro popolo;
– tentativo di democratica affermazione politica ed economica dei Sardi sul loro territorio;
– volontà di avere strutture politiche sarde rappresentative e forti, nell’Isola e fuori.
Può darsi che ognuno abbia una sua ricetta per raggiungere questi obiettivi: il fatto negativo è che, per ora, manca una proposta politica complessiva o, il che è lo stesso, non vi è nessuna proposta politica sufficientemente condivisa che segni la strada. Ma la politica non può rassegnarsi a non dare risposte, o a darne solo parziali.
Dalla mia ottica la risposta nasce da una profonda convinzione: bisogna far crescere la forza e la credibilità delle nostre idee; il che, a sua volta, coincide con le ragioni stesse dello sviluppo economico e sociale del nostro popolo e del nostro territorio.
Ma non basta solo la grandezza della propria idea e la sicurezza di avere ragione: occorre anche che tutto ciò diventi condivisa azione politica utile per la società.
Vi è in Sardegna una ormai tradizionale area sardista e nazionalitaria.
Con i partiti, le forze e le persone che si ispirano (sinceramente) al federalismo, tale area acquista una consistenza certo più vasta.
Vi è il generalizzato trasversale “sentimento nazionale sardo” alimentato dal moderno senso dell’identità, che giustamente chiede di esser seriamente e non strumentalmente rappresentato.
Lega tutto ciò un desiderio di nuova etica nella politica.
Ritengo che compito essenziale di chi si considera classe dirigente (non solo politica) della Sardegna sia, oggi, quello di contribuire a sviluppare e rinforzare l’area sardista, nazionalitaria e federalista: senza lo sviluppo di un forte movimento in questo senso non può esservi progresso e benessere per i Sardi.
Lo intuiscono le categorie produttive, il mondo delle professioni e quello dell’innovazione: rimproverano alla politica proprio di non perseverare, a causa delle sue eterne beghe, in questa semplice ed immediata verità.
È inutile aspettarsi da una “politica qualsiasi” per un “federalismo qualsiasi” di sinistra, centro o destra, la soluzione di problemi tutti nostri: non bisogna rischiare, come il soldato giapponese isolato nella giungla, di continuare a combattere battaglie per gli altri anche quando la guerra è finita e prendersi, se va bene, un modello di federalismo qualsiasi, confezionato altrove.
Era radicata nell’opinione pubblica del 1944-45, come oggi per la “Padania”, l’idea che Sicilia, Sardegna e quelle che poi sarebbero divenute regioni a statuto speciale, erano pronte a separarsi. Anche a questo, seppure non solo, si deve l’adozione di un regime di autonomia regionale. Per quanto riguarda la nostra Isola preoccupati rapporti segnalavano che ” … sono autonomisti i migliori uomini di Sardegna…”. Anche per questo, seppur non solo, si conquistò l’autonomia speciale.
Oggi la Sardegna (non l’Italia) vive quelle condizioni: ma è certo che senza mobilitazione culturale e popolare non ci sarà federalismo per la la nostra terra.
C’è oggi bisogno di riunire le migliori donne e i migliori uomini della Sardegna, associati o no nei partiti, in un’iniziativa che senza gli assilli della politica qualsiasi, della ordinaria gestione e della scienza della sopraffazione, pratichi in maniera alta e disinteressata la ricontrattazione totale dei rapporti fra la Sardegna e l’Italia.
Non si chiede a nessuno di rinunciare alla propria identità, al proprio nome o al simbolo: il PSd’Az certamente non lo farà.
Ma si chiede di aderire a qualcosa che sia, insieme, un’”iniziativa”, un “processo” ed un “luogo visibile e comprensibile”: per il resto, pretendere di stabilire tutto e subito sarebbe un errore ed una mancanza di rispetto per chi, magari, vorrebbe aderire. Invece potrebbe, dandosi dei principi ed un regolamento, aderire chi:
1. È convinto almeno dell’esistenza di un popolo sardo individuato da un’identità culturale, territoriale, economica e linguistica ben distinta e vuole sviluppare e difendere questa identità.
2. Intende riformare lo Stato italiano in senso federalista e adottare uno statuto di nuovi poteri della Sardegna e di radicale riforma dell’amministrazione.
3. Crede nella necessità di un sistema fiscale autonomo e nella possibilità di un’economia non solo assistita.
4. Pensa che sia un diritto del popolo sardo raggiungere condizioni di vita civile ed economica di standard europeo.
5. Vuol dare alle nostre istituzioni una soggettività internazionale.
6. Intende utilizzare esclusivamente sistemi di lotta politica democratici e non violenti.
Potrebbe individuarsi il nome (provvisorio) di Assemblea o Congresso Permanente del popolo sardo: vi è in queste parole il senso della ricerca dell’intesa e dell’identità che si costruisce.
In particolare, le forze che sono già rappresentate nel Consiglio o nel Parlamento avrebbero un luogo diverso e meno condizionato; le personalità ed i gruppi non rappresentati darebbero un contributo essenziale. Sarebbe bello, anche, che si individuasse un luogo fisico e visibile: un luogo del nostro territorio e della nostra storia, un luogo che un padre possa indicare al figlio dicendogli: “Li i Sardi lavorano in pace per la loro libertà”.
Sarebbe bello.
Si, ma………….
anche indipendentemente dalle prove che l’amministrazione sardista ha dato e da tutti i giorni nella gestione della pandemia, come si fa a pensare che chi si schiera per Salvini premier possa avere qualcosa a che fare con gli aggettivi democratico e socialista? E, aggiungo, questa Sardegna collocata in un sistema federalista progettato con i salviniani, avrebbe come riferimento la laicità delle istituzioni o il rosario e le preghiere a Maria Vergine? Sarebbe una Sardegna solidale e aperta a chi sta peggio di noi anche, almeno parzialmente, a causa delle armi da guerra prodotte qui sino a poco tempo fà o avrebbe a modello comportamenti apparsi a molti indegni come quello messo in scena ad Olbia lo scorso settembre in occasione dello sbarco di una nave di disperati? Di quale etica della politica stiamo parlando?
Penso che vi siano riferimenti ideali che rendono comunque incompatibile il dialogo tra posizioni eticamente così distanti e, per me, assolutamente inconciliabili.
De accordu pro su puntu primu.
Su segundu una Sardinna indipendente, chin unu poderiu nou, reformada chin un’amministrazione noa intrada in Europa a titulu prinzipale senza mediare chin s’italiadae su duos che sighin in manera naturale sos numeros tres, battoro, chimbe e ses.. chi sos menzus de Sardinna si fattan innantis pro custu prozettu.
L’abbraccio mortale del Psd’Az con la Lega fa male al cuore. È una vergogna ed un’assurdità storica.
1996 … Chissà a chi interessa oggi …. Oggi chi c’è? Io non faccio testo poiché dal mio buco non so nemmeno più quali persone ci siano, chi e dove. Conosco solo qualche mio coetaneo sopravvissuto.
Oggi riscriverei più o meno le stesse cose, modificando il linguaggio, e starei più attento nella denominazione di alcune categorie concettuali; ma soprattutto non avrei più la sensazione di rivolgermi a qualcuno che potrebbe davvero rispondere, e prenderei atto della diversa e più dispersa maniera con la quale qualunque progetto viene accolto, metabolizzato e se ha fortuna realizzato.
L’unico senso che mi sentirei di riproporre oggi: nessun progetto va avanti, fra sardi, se si comincia con un’esclusione altrui oppure (il che è lo stesso) con il condizionamento alla partecipazione altrui.
Ed invece, sin dall’articolo di Paolo che ha lanciato il dibattito … Gli interventi successivi poi …
Un Congresso è proprio questo: ha al massimo un regolamento procedurale, non dei contenuti già definiti, o una teoria dell’esclusione: se poi il Congresso è permanente ha tutto il tempo per adattarsi alla storia che vive la tua nazione.
Chi vi aderisce fa una scelta, sapendo che la strada sarà lunga. Certo almeno pochi punti in comune, ci devono essere: 6? Magari si, magari no.
Oggi riscriverei il Settimo punto: l’impegno a non candidarsi, fare liste elettorali ecc. per almeno 7 anni fra coloro che sposano il progetto. Pensare in tempi lunghi, non farsi corrompere subito, parlare ai sardi e non ai capibastone … Saper leggere la Storia, capire di cosa abbiamo bisogno, di quali mezzi, di quali alleanze, cosa fare, con chi fare …
Vedo questa contraddizione” il Psdaz non lo farà” e “mai più divisi” e la continuazione della divisione del progetto di Bellieni e quello di Lussu. Così non si fa da nessuna parte se non si attua un autentico sforzo, con grande umiltà, di trovare dei punti comuni. Penso che ci siano le persone e le intelligenze . Serve tanta umiltà e non io mi voglio: esperienze già vissute.
«Sarebbe bello»… Intantu, salude, Larentu! Ma goi podimus pessare fintzas de fàghere su paradisu terrestre, chentza fàghere contu de ite semus faghindhe: a pàrrere meu tiaimus innanti comintzare a pinnigare arga e mandhare a su inceneritore e a su postu de fàghere muntonarzos prantare carchi arburedha, e mancari medas, e contivizare chi crescant.
Leo su puntu 2., cussu de «riformare lo Stato italiano in senso federalista». Primu cunsideru. S’Itàlia/Stato italiano, pro su chi est in su chi est e fintzas su chi est in su mundhu (de sos leones), nois semus abberu cumbintos chi tenet bisonzu de fàghere un’istadu federale? Deo creo chi, si cheret, at a chèrrere àteru ca tenet fintzas issa bisonzu de unidade e nessi pro sas bases militares li amus a serbire.
Segundhu consideru. Cust’idea nos ponet a cuntierrare all’infinito cun totu sa giungla de sos partidos italianos chi, si est cosa chi cumprendhimus, sunt medas e meda prus fortes de su chi podet èssere sa unanimidade e unione de sos Sardos fintzas a s’úrtimu pedhitzone pedulianu sardu e sardista o bae e busca ite, o s’úrtimu italianista o “fratello d’Italia” nóbbile signore in iscala sociale-económica al “top”.
Tertzu cunsideru. Custa ipótesi a totu sos partidos italianos lis sighit a muntènnere abberta e manutentzionare s’autostrada in Sardigna e a totu sos sardos aspiranti on. e sen. in pectore lis assigurat sa locomotiva pro lòmpere a su Parlamentu italianu e contare pro sa Sardigna che a s’assu de bastos a istipéndhiu fissu e parassitismu onoradu.
Sos Sardos amus a sighire ispimpirallaos, fatos a firchinidas e pérdidos in su marasma e ca…nu (si mancat síllabba azunghide) de sos partidos italianos de donzi colore e misura. Nois no peleamus solu su divide et impera, ca fintzas sa ‘demogratzia’ de su domíniu est sa dipendhéntzia e divisione e innangarúmene nostru. Sos partidos italianos sunt sa divisione nostra, chentza mancu fàghere contu de ideas, ideales (?!?!), programmas e carraxu e burdellu.
Nois tenimus bisonzu assolutu de unidade, chentza su cancru de sos partidos italianos chi che cancru che cherent postos abbandha, e si bi at sardos chi cundividint s’ideale políticu de unu partidu italianu, si sunt zente responsàbbile e no pedulianos de aprofitamentu de su “passaggio” in locomotiva, lu tenzant inoghe cun sos Sardos in Sardigna cust’ideale si est profetosu.
Ma paret chi nois no amus imparadu abberu nudha de s’istória de una autonomia “ottriata” chi est dipendhéntzia e pistamentu de abba a “campa cavallo che l’erba cresce” pro aspiranti miraculàrgios e fàghere carriera de afariedhos personales in númene de sa Sardigna! Larentu, ma ite semus, nàschidos custu manzanu pro no ischire nudha? O amus pérdidu sa conca pro no ndhe fàghere contu?
Cuartu cussideru. Ponimus de fàghere su miràculu de s’unanimidade a 100% de sos Sardos. Prus puru: su miràculu de andhare a su Parlamentu italianu unidos in d-unu solu partidu de vattelapesca ma sardu e totu a una boghe. A fàghere ite? In su Parlamentu italianu amus a contare sempre, e sempre de prus, una innenneria: e nois pessamus chi at a aprovare su chi bisonzat a nois e a sa Sardigna? Nos amus a dèpere cuntentare de unu ‘federalismu’ ancora una borta dadu a cantu in manu, che cosa de segamigasu, “ottriato”, su chi serbit a s’Itàlia si mai s’Itàlia at a tènnere de pèrdere tempus cun bàtoro sardos irbentiados chi istant menzus ingabbiados.
Mi paret invetze chi sos Sardos no cherimus fàghere sos contos cun nois etotu e andhamus a tènnere seisei suta totu sos arcos de Roma, o a iscudi musca.
Cales e cantos contos depimus fàghere e cambiare nois chi, assumancu, podimus cumandhare a nois etotu, si zughimus conca, cusséntzia, limba e manos? O nos cherimus sighire a cundennare a isperare e ispetare chi sos àteros pessent a nois?
Su puntu 2. a pàrrere meu est meda menzus a che lu frundhire che arga. Ca àteru mi paret chi no podet èssere. Pessamus in àteru.
Articolo del 1996!! Attuale, chiaro, esaltante ancora adesso. “Non è mai troppo tardi” predicava il Maestro Manzi ad una Italia analfabeta ma vitale. Forse ancora non è troppo tardi per una Sardegna sempre più fiaccata da falsi doppiogiochisti. Ma bisogna recuperare le menti migliori, riportare alla causa quegl stessi che ora vorrebbero porsi come rappresentanti di un sardismo a loro uso e consumo (magari tinto di verde Padania) , riavvicinare chi è attualmente svilito e demoralizzato, avere un obbiettivo chiaro, semplice, condiviso. I 6 punti del 1996!!
La prima operazione da fare sarebbe slegarsi dall’abbraccio mortale (per i sardisti) con la Lega…
leggere “Lega per Salvini -Partito Sardo d’Azione “ è ributtante…