di Paolo Maninchedda
Una delle attività più difficili è tentare di mettersi nei panni dei propri interlocutori, cercare di capirne fino in fondo le ragioni. Quando si prova a farlo, e lo si dovrebbe fare sempre, si scopre che spesso vi sono altri fattori che interferiscono con le ragioni di ciascuno, tra questi: i pregiudizi, l’ignoranza (nel senso tecnico del non sapere non nel senso morale del colpevole presumere di sapere), i fattori psicologici (antipatia, stizza, disagio, fastidio ecc. ecc.).
Il problema è sempre, però, in primo luogo avere delle ragioni e delle convinzioni. In secondo luogo avere coscienza che, se si fa politica, queste ragioni devono avere un chiaro radicamento nell’interesse pubblico.
Questa è la teoria. La pratica è che le ragioni sono soffocate da fattori psicologici a volte insuperabili: problemi di ruolo, di prestigio (la Sardegna è ancora molto spagnoleggiante in questo senso); piccole e grandi eruzioni di invidia; superficialità e smemoratezza rispetto al dibattito storico maturato; grande tentazione di sporcare tutto quando non si governa e di pulire tutto quando si governa.
In queste condizioni si può perdere la calma e la lucidità. Bisogna tenere lo sguardo sulle cose importanti.
In Sardegna la geopolitica tradizionale non ha futuro.
Occorre un evento politico storico che produca un nuovo orizzonte. Il dibattito interno al centrosinistra sardo ha delel grandi potenzialità proprio perché è drammatico e non risolvibile con piccoli o grandi accordi di potere. La sensibilità per la nascita del Partito della Nazione Sarda aumenta di giorno in giorno.
Lo Stato italiano è in una crisi mortale, afflitto da debiti, interdizioni, disordine, giustizialismo e qualunquismo: l’occasione per un nuovo slancio istituzionale della Sardegna in Europa è notevole (in tal senso vien da dire che il dibattito pro o contro il referendum si sta sviluppando anche in Sardegna tutto per linee interne al vecchio quadro costituzionale italiano, e non invece anche con riguardo ai temi della nuova sovranità sarda, cioè quella cui riteniamo di aver diritto naturalmente non perché concessa dall’Italia).
La Riforma della Sanità è una grande occasione (al di là del modello dogmatico-unitarista che si è scelto e che non ci convince): liberare il sistema sanitario dalle logiche feudali che lo caratterizzano che stanno seriamente mettendo in crisi il diritto alla salute dei sardi.
L’istituzione dell’Agenzia Sarda delle Entrate finalmente crea le condizioni per invertire il rapporto di raccolta e di riversamento delle imposte. Oggi lo Stato raccoglie e versa a noi le compartecipazioni, domani accadrà il contrario, noi raccoglieremo e riversemo allo Stato italiano la sua piccola quota. Inoltre, il sistema di riscossione diventa nazionale sardo e riguarderà la Regione e i Comuni, creando una infrastruttura di conoscenze e di gestione delle conoscenze di rango tipicamente statale.
Dinanzi a queste opportunità, che maturano sempre in contesti drammatici, occorre non considerare i fattori dettati da debolezze umane, da piccole competizioni, da impuntature di cui la storia è piena ma che poi non vengono ricordate da nessuno (lo dico a chi si impunta).
Dobbiamo perdonarci le debolezze e prometterci la grandezza del futuro. Questo devo essere il nostro impegno in questi giorni.
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Condivido l’analisi socioculturale in premessa ma la invito a non sottovalutare i clamorosi ribaltamenti di fronte e le cocenti debacle dei tentativi di traghettare questa infelice regione verso orizzonti di elementare civiltà. Lei ricorda per caso come soffiava il vento sardista anni orsono?
Ecco, da allora c’e stata una drammatica involuzione culturale nella società sardesca, i primi ad involvere sono state le classi dirigenti e la “borghesia” scolarizata : ” che Iddio ce ne scampi” a ruota è seguito Su populu, Ligio al motto: il pesce puzza sempre dalla testa.
Quando leggo sui quotidiani gli annunci della lobby anacronistica dei cacciatori e il loro argomentare sugli ambiti, ciò mi conferma che il suo sogno al quale auguro un futuro ha davanti una strada irta di tranelli, arte nella quale i Sardi non sono secondi a nessuno. Personalmente la seguo con interesse essendo per naturale inclinazione sensibile alle istanze dei perdenti!